Arte e tecnologia. Incontri, scontri, intersezioni a Milano
Dall'Antica Grecia al digitale contemporaneo, un percorso di opere che indagano la volontà da parte dell'uomo di capire, modificare e dominare il mondo. Tra progresso e volontà di potenza, un itinerario eclettico, in scena alle Gallerie d’Italia di Milano.
Dall’argilla all’algoritmo, mostra alle Galleria d’Italia che accosta opere della collezione Intesa Sanpaolo e del Castello di Rivoli, si struttura come un viaggio eclettico nel rapporto tra tecnologia e arte. Da manufatti classici si giunge all’arte di oggi, affrontando argomenti tutti incentrati sul concetto di téchne. Il rapporto tra l’uomo e la realtà del mondo e la conseguente volontà di dominio e trasformazione, i cambiamenti sociali che la tecnica e la tecnologia introducono, come effetti desiderati o collaterali. Ci si muove dunque sul labile confine che divide progresso e volontà di potenza. E l’arte stessa viene interpretata come tecnica. Non solo perché strumento di interpretazione del mondo, di modifica simbolica o rituale della realtà, ma anche come concreto agire tecnico.
MANUFATTI E MODELLI DIGITALI
Il tema è spesso non facile da individuare nelle singole opere, va detto, ma è bello perdersi nel percorso anche senza scegliere una modalità metodica di visita. Nel catalogo, la curatrice Carolyn Christov-Bakargiev sottolinea, tra i vari accostamenti, quello tra una delle ceramiche greche esposte (“una riflessione a proposito della collaborazione tra il sapere del vasaio e quello del pittore”) e il video Hisser di Ed Atkins, basato su modelli digitali acquistati online (“esempio di come anche l’artista contemporaneo impieghi manufatti o prodotti eseguiti da altri”). L’altra curatrice, Marcella Beccaria, sottolinea invece, quanto “l’atto del vedere e il desiderio di fissarne l’esperienza riproducendo la realtà” siano aspetti fondamentali del rapporto tra arte e tecnologia. Dal dipinto di Pietro Longhi che raffigura strumenti ottici antesignani del cinema fino ai Quadri specchianti di Pistoletto, che fanno dialogare “concretamente” opera e mondo.
GUERRA, INDUSTRIALIZZAZIONE, UTOPIE
Il cinema è poi protagonista di una delle opere più suggestive della mostra, The paradise institute di Janet Cardiff e George Bures Miller: sala di proiezione in miniatura in cui si entra, ci si siede e si assiste a un video disturbati da rumori registrati ma altamente realistici.
Molti gli altri temi affrontati. Come la guerra, dal Ritratto di condottiero del Tintoretto al disegno per il Popolo d’Italia di Sironi, oppure l’industrializzazione, dal Carrozzone delle Ferrovie Nord di Induno alle Officine a Porta Romana di Boccioni. E poi c’è naturalmente la stagione dell’utopico incontro tra arte e tecnologia del secondo dopoguerra italiano, con un Ambiente spaziale di Fontana e le opere cinetiche di Colombo, Boriani, Varisco… Fino a lavori contemporanei come il demone arcaico e tecnologico di Roberto Cuoghi, le fotografie internettiane di Ruff e i lavori iperdigitali di Hito Steyerl.
Soprattutto dalle opere contemporanee emerge in controluce un altro filo conduttore: l’analisi critica della tecnologia che l’arte non si stanca di compiere, incessantemente e senza indugiare nella celebrazione.
‒ Stefano Castelli
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