La storia del presunto Caravaggio di Odessa in restauro a Kiev. Seconda parte
La “Cattura di Cristo”, rubata nel 2008 dal Museo di Odessa, ritrovata due anni dopo e ora nelle mani dell’istituto di restauro ucraino di Kiev, è al centro delle riflessioni della storica dell’arte e restauratrice Giulia Silvia Ghia.
Raccontavo in un precedente articolo, uscito a marzo scorso, le vicissitudini storiche artistiche di un mirabile dipinto, la Cattura di Cristo una presunta opera di Caravaggio conservata al museo di Odessa e conosciuta grazie agli studi di Nataliia Chechykova. Ci sono voluti tre mesi per riuscire ad ottenere il permesso da parte del tribunale e dell’Istituto di restauro di Kiev, dato che la tela è ancora sotto sequestro.
LA STORIA DEL DIPINTO
Rubata nel 2008 dal museo di Odessa, ritrovata due anni dopo, è in fase di restauro presso l’Istituto ucraino di Kiev, grazie alle insistenze del Direttore del Museo, Igor Poronyk. A ragion veduta il direttore era fortemente preoccupato dello stato di conservazione del dipinto, bloccato dalle autorità giudiziarie per ben 11 anni ma soprattutto perché la dinamica del furto aveva provocato ingenti danni su tutta la tela. Entrando attraverso un foro prodotto sul vetro di una finestra, che di fatto permise ai ladri di eludere l’allarme perimetrale, la tela venne tagliata, arrotolata, piegata e portata via attraverso la stessa apertura. Attaccato alla parete venne ritrovato solo il telaio con la porzione di tela non asportata dal taglio. L’emozione è stata fortissima quando, con Nataliia, ci siamo trovate davanti all’opera. La conoscevo attraverso le molteplici immagini eseguite in passato e in ultimo in occasione della mostra a cui il dipinto aveva partecipato poco prima del suo furto (Dusseldorf, 2006). Solo recentemente, dietro l’ultima porta, in una piccola stanza si è palesato il dipinto in tutto il suo drammatico splendore, ferito, offeso dal furto subito. Il volto lacerato del Cristo è la sintesi della sua vicenda. La disponibilità del team dell’Istituto mi ha permesso di acquisire alcuni dati sull’anamnesi conservativa come il numero dei rinteli subiti nel corso dei secoli; ben tre e con tecniche esecutive diverse dato che sono state trovate tracce di adesivi come cera e colla pasta. Ho potuto osservare le immagini della tecnica scelta dal team per far ri-aderire alla tela tagliata e asportata le porzioni di tela rimaste attaccate al telaio. Ho potuto analizzare le pochissime e uniche indagini diagnostiche (radiografia e qualche prelievo) prodotte per il processo in corso, necessarie a dimostrare che si trattasse della stessa tela asportata, ma non sufficienti nè per raccogliere dati sulla tecnica esecutiva nè utili ai fini del restauro.
IL RESTAURO
Dopo oltre sei ore di permanenza e di dialogo multilingue con i restauratori mi sono resa conto che il laboratorio di Kiev è un luogo dove si compiono veri miracoli. Con gli scarsi mezzi a disposizione, senza macchinari per la diagnostica, con una formazione estremamente conservatrice e una tradizione di 80 anni, i restauratori lavorano al massimo delle loro possibilità cercando di conservare il patrimonio attraverso una politica fondata sul minimo intervento. La passione e l’orgoglio nei confronti di questa professione sono stati contagiosi e ne è nata una collaborazione mettendo a disposizione la tradizione, le competenze e i mezzi italiani, nello studio di questo dipinto che, burocrazia e diplomazia permettendo, al termine del suo restauro, lo vedrà approdare in Italia in tempi da definire tra il Tribunale di Kiev, il Museo di Odessa e l’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Ora non resta che proseguire nello studio di quest’opera e chissà che non si riuscirà a ri-inserirla nel catalogo degli autografi di Caravaggio magari proprio nel 2021, come regalo per i 450 anni della nascita di questo nostro rivoluzionario artista.
–Giulia Silvia Ghia
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