Come sarà il 2020 dei Musei italiani? Intervista a Cesare Pietroiusti, Presidente Palaexpo a Roma
Come sarà il 2020 di Palazzo delle Esposizioni, Macro e Mattatoio? Come è stato il 2019? Ne abbiamo parlato con Cesare Pietroiusti, Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo
Continua l’inchiesta di Artribune sul futuro dei Musei italiani alla sfida nel nuovo decennio. Questa volta siamo a Roma e a risponderci e raccontarci il proprio 2020 è l’artista, nonché Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo, Cesare Pietroiusti. Con lui analizziamo il 2020 (e il 2019) di Macro, Mattatoio e Palazzo delle Esposizioni, anche in vista della Quadriennale…
Come sarà la programmazione dell’anno 2020?
Per quanto riguarda Palazzo delle Esposizioni abbiamo in programma una retrospettiva dedicata a Gabriele Basilico che aprirà il 24 gennaio e una grande mostra antologica dedicata a Jim Dine, curata da Daniela Lancioni, che inaugurerà i primi di febbraio. Fra aprile e maggio ospiteremo l’abituale appuntamento di World Press Photo e, dal primo ottobre, la nuova edizione della Quadriennale. Siamo convinti che la contaminazione fra discipline artistiche e performative da una parte, e tra spazi museali e teatrali dall’altra, sia fruttuosa e urgente, In tale ottica intendiamo anche rinnovare ed espandere la collaborazione, già iniziata lo scorso anno, con il Teatro di Roma, ospitando, a metà giugno, il progetto di sperimentazione coreografica “Buffalo” a cura di Michele Di Stefano. Al “Piano Zero” – l’area gratuita di Palazzo delle Esposizioni che comprende libreria, dipartimento educazione e caffetteria con giardino – oltre a un fitto programma di presentazione di libri, tavole rotonde, concerti, dj set e laboratori, a marzo inaugureremo una mostra su arte e scienza con l’intento di coinvolgere pubblici delle diverse età in una esperienza di apprendimento, condivisione, divertimento.
Parliamo di Macro e Mattatoio, che fanno parte del vostro perimetro…
Per quanto riguarda il MACRO, a gennaio parte il ridisegno del museo per potere, ad aprile, inaugurare una prima versione del progetto “Museo per l’immaginazione preventiva” del nuovo direttore Luca Lo Pinto. i dettagli del programma 2020 saranno resi noti alla fine di gennaio. Per quanto riguarda gli spazi del Mattatoio, a gennaio si inaugura, nel Padiglione 9b, la mostra Art&Science, proposta e curata dall’Istituto di Fisica Nucleare. Negli spazi della Pelanda, sempre a gennaio, parte il nuovo Master PACS “Arti performative e spazi comunitari”, in collaborazione con il dipartimento di Architettura dell’Università Roma 3; un Master interdisciplinare per il quale Palaexpo ha messo a disposizione venti borse di studio e che ha l’ambizione di attivare in senso comunitario, attraverso i linguaggi delle arti performative, gli spazi di quel luogo bellissimo che è il complesso dell’ex-Mattatoio di Testaccio. Il Master sarà affiancato, tra fine gennaio e settembre, da un programma di restituzioni pubbliche dei laboratori, seminari aperti e spettacoli degli artisti invitati come docenti (fra cui Stefan Kaegi – Rimini Protokoll, Chiara Guidi, Benjamin Verdonck, Chiara Camoni, Stefano Sciarroni, Francesca Grilli, Luigi Presicce e molti altri) e di esplorazioni del luogo da parte di gruppi di artisti e architetti-urbanisti radicali, come DOM, Stalker o German Valenzuela. Da settembre a dicembre, come di consueto, la Pelanda ospiterà tre fra i più importanti festival della scena nazionale e internazionale, come Short Theatre, Roma Europa e Nuova Consonanza.
Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
L’idea di affidare, come non accadeva da molti anni, l’intero Palazzo delle Esposizioni alla Quadriennale, che sarà curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol e che è una mostra dedicata interamente alla ricerca artistica nazionale, va proprio nella direzione di una valorizzazione dell’arte italiana. Speriamo di poter ospitare, negli stessi giorni, una nuova edizione del Forum dell’Arte Contemporanea Italiana, iniziato nel 2015 dall’allora direttore del Pecci, Fabio Cavallucci e oggi affidato alle cure di un agguerrito team di giovani artisti e curatori.
Su quali risorse contate?
Dalle risorse che ci affiderà, sulla base di un contratto di servizio per il triennio 2020-2022, che è attualmente in fase di perfezionamento, il Comune di Roma.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
Faticoso ma ricchissimo. La macchina dell’azienda speciale PalaExpo è stata coinvolta in una complessa operazione di ridisegno dell’intera struttura, per dare sostanza alla visione, proposta già dal 2018, dall’assessore alla Cultura Luca Bergamo, della creazione, a Roma, di un “Polo del Contemporaneo” che trova le sue fondamenta nell’incontro fra i diversi linguaggi artistici, nel superamento della distanza che separa la ricerca artistica da quella scientifica, nel coinvolgimento dei diversi pubblici e delle diverse culture. L’intero staff di PalaExpo ha risposto con intelligenza, generosità e dedizione.
Vorrei citare solo due esempi:
1) Lo straordinario risultato, in termini di apertura, accoglimento di proposte dal basso, creazione di comunità, rappresentato dal coraggioso esperimento del Macro Asilo proposto da Giorgio De Finis che chiude il 2019 con una media di quasi 30.000 visitatori al mese;
2) La sorprendente versatilità che Palazzo delle Esposizioni ha dimostrato, ospitando prima “Manifesto” di Julian Rosefeldt, che ne ha letteralmente stravolto l’architettura, e poi il “Teatro Anatomico”, nella rotonda al centro della mostra Sublimi Anatomie: qui lezioni di disegno, laboratori di danza, prove di spettacoli, performance, conferenze e dibattiti, hanno evidenziato come, incontrandosi all’interno di una mostra, linguaggi e pratiche, persino quelle più tradizionali, si affermano come occasioni di coinvolgimento del pubblico, ma anche ma anche si trasformano, diventando momenti di riflessione critica. Ovviamente non posso non citare le altre mostre promosse dalla nuova gestione di PalaExpo e presentate nel corso del 2019, di cui sono personalmente molto fiero: Testimoni di Testimoni, un toccante esperimento espositivo su un tema molto difficile, guidato da un’idea di un gruppo di studenti liceali; la mostra Il corpo della voce, curata da Anna Cestelli e Francesca Oppedisano, felice e accurata sintesi fra conoscenze anatomo-fisiologiche e preziosi materiali relativi a tre “giganti” quali Demetrio Stratos, Carmelo Bene e Cathy Berberian; Mostre in mostra, a cura di Daniela Lancioni, ricostruzione di sei mostre fondamentali che si sono svolte a Roma fra gli anni ’50 e gli anni Duemila, fra cui la incredibile prima personale di Giulio Paolini alla Salita nel 1964.
Un decennio si è appena concluso. Quale è la sfida che secondo te i Musei e le istituzioni culturali in Italia devono affrontare nel prossimo decennio? Quali sono le esigenze del visitatore che il Museo/l’Istituzione Culturale deve cercare oggi di soddisfare?
Rispondo insieme alle due domande. Molto semplicemente: musei e istituzioni culturali devono fare di tutto per contribuire alla distribuzione del sensibile, cioè di quella ricchezza, che appunto, distribuendosi, non diminuisce da una parte per aumentare dall’altra, ma che, invece, più circola e più aumenta, a beneficio di tutti. La bellezza, la riflessione critica, la conoscenza che supera i confini disciplinari e culturali, l’attitudine alla condivisione, la passione per la costruzione di identità collettive; questi sono, secondo me, i punti chiavi che definiscono, nella contemporaneità e nel futuro, il sensibile. Credo che questa “distribuzione” sia un fondamentale problema di giustizia sociale, e quindi è un compito che spetta, in primo luogo, all’istituzione pubblica. In questa presenza attiva e dinamica dell’istituzione pubblica Roma – tra Teatro di Roma, Auditorium, Maxxi e, appunto, PalaExpo – va in contro-tendenza rispetto, per esempio, a Milano.
E quali invece le problematiche del sistema dell’arte che oggi impattano sui musei?
Ne vorrei citare soltanto una. La cronica, e spesso grave, inadeguatezza degli istituti di formazione, accademie e scuole d’arte in genere – e anche questo è un compito che non può essere semplicemente demandato ai privati. È vero, non basta una buona scuola per produrre grandi artisti. Però di sicuro un sistema formativo attento e dinamico crea una fascia di pubblico di qualità che potrà rappresentare una forza trainante di mediazione, di passaggio di conoscenze, ovvero, come dicevo prima, un fattore essenziale della distribuzione pubblica, generalizzata, giusta, del sensibile.
– Santa Nastro
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