Intervista a Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae. Bilanci e progetti futuri
Un anno importante quello che si apre per il circuito Genus Bononiae. Tra le iniziative di punta la riscoperta del Polittico Griffoni, un capolavoro d’arte rinascimentale. Abbiamo parlato di questa storia eccezionale con Fabio Roversi Monaco.
Cos’è Genus Bononiae. Musei nella città? È un percorso diffuso nello spazio urbano, un itinerario bolognese che interessa e riunisce luoghi iconici per i cittadini quali Palazzo Fava, Casa Saraceni, Palazzo Pepoli, la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, San Colombano, Santa Maria della Vita, restaurati e riaperti al pubblico. Nato grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, tra i portici (candidati a Patrimonio Unesco) nel centro storico, Genus Bononiae si appresta ad inaugurare un anno ricco di importanti sfide. Ne abbiamo parlato con il presidente Fabio Roversi Monaco…
Un decennio si è da un paio di mesi concluso e se ne è aperto uno nuovo. Quali bilanci? E quali nuove sfide?
Il bilancio è senza dubbio positivo: l’attività di Genus Bononiae è stata ed è parte fondamentale della grande crescita del turismo nella Città di Bologna, in particolare dopo la Mostra di Vermeer sulla Ragazza con l’Orecchino di perla, per la significativa presenza di turisti desiderosi di meglio comprendere la cultura e l’arte del nostro Paese e di una città che, come Bologna, non è tradizionalmente compresa nelle rituali rotte turistiche alla scoperta dell’Italia, pur non avendo nulla da invidiare alla altre città.
Le iniziative di Genus Bononiae hanno contribuito a accrescere una situazione economica positiva. Nei primi anni abbiamo dovuto sostenere il grave impatto dei ratei passivi dei mutui immobiliari, ciò che è ora del tutto superato. Oggi l’onere complessivo dell’intero circuito di Genus Bononiae pesa sui fondi per la cultura e l’arte della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna per una cifra inferiore ai 4 milioni di euro. L’intento è quello di proseguire un’opera di razionalizzazione ma anche di rinvenire nella storia della Città e dell’Italia Beni d’arte che abbiano grande importanza qualitativa e storica.
Tra le iniziative di punta di questo 2020 c’è la manifestazione legata alla riscoperta del Polittico Griffoni. Una storia particolare questa…
Una storia eccezionale, senza dubbio, che restituisce alla città di Bologna un posto di primo piano nel panorama dell’Arte Rinascimentale: il Polittico Griffoni segna infatti l’inizio di uno dei più formidabili sodalizi artistici del secondo Quattrocento, quello tra Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti, autori del Polittico pala d’altare commissionata da Floriano Griffoni per la Basilica di San Petronio. Smembrata poi nel corso del Settecento, con i principali pannelli che sono 16 del tutto intatti e entrati nel giro del mercato dell’arte nel corso dell’Ottocento ci troviamo nella situazione che oggi 9 Musei Internazionali, dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra, dalla National Gallery di Washington ai Musei Vaticani e ai musei italiani i cui straordinari prestiti ci consentono di far rivivere l’opera nella sua forma primigenia, nella città per la quale fu concepita, a 5 secoli dalla sua realizzazione e a 3 secoli dalla sua dispersione. Si tratta di un risultato straordinario, che non può che riempirci di soddisfazione e di orgoglio.
Come celebrerete la ricostruzione di questo capolavoro?
La mostra “La riscoperta di un capolavoro” in programma dal 12 marzo al 28 aprile prossimi a Palazzo Fava sarà un vero e proprio evento, non solo per gli storici dell’arte per i quali la possibilità di rivedere il Polittico nella sua interezza è un’occasione irripetibile, ma pure per il più ampio pubblico di appassionati d’arte. Il Piano Nobile di Palazzo Fava, nelle sale affrescate ospiterà i 16 pannelli originali; accanto ad esse il pubblico potrà ammirare la ricostruzione di quello che dovette essere l’aspetto originario del Polittico, secondo l’ipotesi avanzata per primo da Roberto Longhi nella sua Officina Ferrarese. La perfetta riproduzione è curata dalla Factum Foundation di Adam Lowe, che da 20 anni si dedica al restauro digitale e alla riproduzione di opere d’arte antica e non grazie a sofisticate tecnologie di scansione 3D. Il secondo piano ospiterà la sezione dal titolo “La Materialità dell’Aura: Nuove Tecnologie per la Tutela” con una ricognizione sul lavoro di Factum Foundation e su come le nuove tecnologie possono dare nuova vita al patrimonio culturale.
Parlando di altri progetti, l’arte contemporanea rientrerà nella vostra programmazione futura? Se sì, come?
Nella mia visione l’importanza dell’arte contemporanea è entrata fin dall’inizio nelle scelte di acquisizione di opere e di valorizzazione anche di giovani artisti. In particolare abbiamo valorizzato fortemente con mostre importanti, come quelle su Arturo Martini e sul Futurismo, la straordinaria arte italiana della prima metà del XX secolo. A mio parere questo dobbiamo seguitare a fare anche con riferimento alla contemporaneità, operando per valorizzare i nostri artisti a mio parere sottovalutati dal mercato internazionale, governato con criteri che non sempre puntano alla valorizzazione dei migliori artisti.
La città di Bologna sta affrontando una grande trasformazione e sta investendo particolarmente in cultura. Quale è la sfida che secondo lei i Musei devono affrontare per il prossimo decennio?
Contesto l’affermazione che nella città di Bologna gli investimenti in cultura siano sempre ben indirizzati: non basta fornire “cibo pittoresco” in luoghi pittoreschi. Una larga parte di turisti e cittadini preferisce dedicarsi alle iniziative e alle esperienze più banali, rinunciando di affrontare il più difficile, ma alla fine più proficuo, indirizzo volto a premiare operazioni culturali complesse, ma più importanti da comprendere. Ci sono iniziative di mostre ed eventi che nella migliore delle ipotesi sfociano nel ridicolo, più ancora che nell’inutilità e nella totale inconsistenza culturale. Credo che il profilo più negativo comunque sia lo scarso rispetto odierno per la Città, per le sue grandi tradizioni, per la sua grande bellezza, per i suoi portici, per la presenza di attività che la rendono – temo ancora per poco tempo – viva.
Entriamo più nel merito…
Artigiani, piccole botteghe, negozi che faticano a sopravvivere schiacciati dalla presenza invasiva delle grandi catene commerciali e dei supermercati che, se da un lato agevolano certamente gli acquisti, dall’altro tolgono alla città di Bologna il particolare sapore che ha sempre posseduto. Lo stesso vale per i ristoranti, cresciuti come funghi velenosi, non per lo stomaco, naturalmente, ma per lo spirito. La sfida che i Musei devono affrontare risiede nella serietà dei loro intenti, nell’organizzazione interna e in quella esterna, con il principale scopo di attrarre in misura molto maggiore un pubblico giovane, in grado a mio parere di comprendere l’importanza dell’esperienza museale solo se adeguatamente indirizzato e coinvolto fin dall’infanzia a comprendere la bellezza della città, la gloria del suo passato, sul quale occorre soffermarsi per acquisire nuovamente un orgoglioso senso di appartenenza.
Come si connette un museo al territorio e cosa chiede oggi il visitatore al Museo?
Credo che la creazione di un Museo a tutti i costi sia un grande errore, anche perché le risorse oggi a disposizione non consentono di moltiplicarne all’infinito il numero. Occorre valorizzare le reti, assieme a poche ma significative specializzazioni. Occorre infine studiare e rispettare la Storia: Bologna è stata una grande capitale europea, e questo non è stato frutto del caso bensì di una storia ricca di contenuti e di valori. La rinascita deve partire dalle famiglie, dalla scuola e dall’Università e alle quali è affidato un grande compito, grande quanto lo è stata la storia di questa città.
-Santa Nastro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati