Sexy e pop: le serigrafie erotiche di Thomas Bayrle
Erano gli Anni Sessanta quando Thomas Bayrle iniziò a dare forma alle sue serigrafie a tema erotico, che oggi meritano di essere rivalutate.
A ormai mezzo secolo dai tempi della cosiddetta rivoluzione sessuale, può essere interessante riandare su su fin lì per divertirsi con l’archeologia (o almeno con il Rinascimento) dell’arte erotica. Nel 1967 il berlinese Thomas Bayrle aveva trent’anni. Dopo un’iniziale esperienza lavorativa in una fabbrica tessile, che gli lasciò in eredità una certa ossessiva visionarietà per i pattern ripetitivi, era passato a occuparsi di grafica, pubblicitaria (anche per Pierre Cardin e la nostra Ferrero) ed editoriale (segnatamente per la sua piccola casa editrice Gulliver Press, specializzata nella produzione di libri d’arte, litografie, poster). Dopo aver disegnato motivi decorativi per vestiti e tappezzerie, il passo per produrre arte in proprio gli era stato quasi inevitabile.
Esplose in quell’anno, lasciandosi influenzare dalla Pop Art americana e cominciando a produrre serigrafie che presentavano la figura umana tramite griglie ritmiche di forme e colori. La figura umana, sì – e però, profittando dell’effetto di spaesamento ottico dato dall’accostamento e dalla moltiplicazione seriale di motivi grafici (da intendersi quale critica politico-estetica al consumismo di massa), Bayrle si dilettò a rappresentare soprattutto incontri eterosessuali decisamente espliciti, per i tempi.
BAYRLE E LA POP ART
Il principio della serialità si imponeva allora come scelta comunicativa in polemica opposizione con la pittura informale e l’Espressionismo astratto. Bayrle si trovò così a rappresentare, nel pieno del boom economico della Germania Occidentale, una figura chiave della Pop Art non solo tedesca ma europea. Anche l’Italia lo riconobbe subito come tale e, tra 1968 e 1971, lo accolse a esporre alla Galleria Apollinaire di Milano e allo Studio S di Roma, dove gli fu assegnato anche il Premio Stipendium a Villa Massimo.
In seguito, anticipando le tecnologie digitali con l’utilizzo esplorativo di quei pittogrammi da lui chiamati “super forms”, Bayrle ha continuato a sperimentare tramite pittura, collage, disegni, stampe, carte da parati, scultura, film 16mm, video, computer art, in un’attività espressiva a tutto tondo. In Italia è tornato dopo un’eclisse pluridecennale solo a partire dal 2013, al Museo Madre di Napoli, poi nel 2016 a Torino per Artissima (presentato da Sarah Cosulich) e ancora nella primavera 2019 a Roma con la personale Caravaggio our times / Caravaggio billion times per la Gavin Brown’s Enterprise nella chiesa di Sant’Andrea de Scaphis.
ENERGIA E UMORISMO
Oggi, ritrovare ad esempio la sua scandalosa serie del 1970 Feuer im Weizen (Sexmappe), “incendiarie” serigrafie composite di vivaci cellule martellanti, ci interessa storicamente, sì, ma anche ci diverte con una certa tenerezza: per quegli entusiasmi del tempo andato, per quella libertà sessuale intravista (è il caso di dirlo), per l’energia vitale che trasmette, per la qualità pop(olare) che incarna, per quella specie di obliquo umorismo che sottende, infine per quella specifica ossessiva qualità visionaria che rimane, sempre, tipica dell’erotismo.
‒ Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #53
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