Il Rubin Museum di New York mette online delle lezioni di meditazione
In tempi di ansia maggiorata dal timore della pandemia, dallo stress dell’isolamento e della quarantena, l’antica sapienza orientale può forse venirci in aiuto. Il Rubin Museum (museo newyorkese di filosofia orientale), ha lanciato sul proprio sito e sulla pagina Instagram una serie di video e post per introdurre il pubblico alla meditazione e alla serenità che porta con sé.
Veri e propri “momenti Zen”. Così possono essere definiti i video di dieci minuti che il museo pubblica sui propri canali social dal giovedì al lunedì della settimana successiva; i giorni in cui il museo, in condizioni normali, sarebbe stato aperto. Un modo originale per rimanere vicino al proprio pubblico di appassionati d’arte orientale, portando loro un piccolo segnale attraverso l’arte e la filosofia. Ogni video, infatti, si apre con la panoramica di una delle opere della collezione, sia essa una scultura che riproduce l’olimpica serenità del principe Siddharta (fondatore del Buddhismo) o una pittura sulla medicina ancestrale tibetana. L’osservazione dell’opera è propedeutica alla meditazione, guidata dalla voce di Sharon Salzberg, insegnante di meditazione e autrice di numerosi testi sulla materia. In uno dei video, ad esempio, introduce la figura di Tara, discepola di Buddha che raggiunse l’illuminazione ma scelse di rimanere sulla terra e aiutare i suoi simili a raggiungere la propria libertà mentale.
RUBIN MUSEUM. LO ZEN IN AMERICA
Salzberg propone al suo pubblico la meditazione Zen. Ma quali sono le sue origini? Anzitutto, è propria dell’omonima setta buddista (une delle tante, ma fra le più antiche, in cui si è ramificata la filosofia di Siddharta); nacque in Cina, fra il VII e il IX Secolo a.C., e si chiamava Buddhismo Chán; in Giappone, dove la setta si diffuse più tardi, nacque il termine Zen, ancora oggi in uso; propriamente, il termine indicava i graduali stati di coscienza (ovvero di comprensione di se stessi, degli altri, del divino) cui giungeva colui che praticava appunto la meditazione. Nel corso del tempo, il termine venne a indicare la condizione di serenità data dalla meditazione, appunto. La prima introduzione “ufficiale” dello Zen in America fu probabilmente durante l’Esposizione Mondiale di Chicago del 1893, quando il maestro Zen Shaku Soen parlò al World Parliament of Religions. Negli anni Cinquanta e Sessanta, anche a seguito delle persecuzioni subite nella Cina comunista, emigrarono in Occidente, in larga parte negli Stati Uniti, dove fondarono importanti centri religiosi; Los Angeles e San Francisco furono tra le prime città a ospitarne uno. Negli anni Sessanta, a manifestare ulteriore interesse verso lo Zen furono i poeti e gli scrittori della Beat Generation, fra cui Allen Ginsberg, Gary Snyder e Jack Kerouac, che compirono approfonditi studi in materia, parlandone anche nei loro libri. Ciò contribuì a una diffusione che ebbe fra gli anni Settanta e Ottanta il suo massimo, anche se per molti si trattò di una moda passeggera. Tuttavia sono molti gli americani che ancora oggi praticano il Buddhismo, nelle sue varie forme, e che credono veramente nel suo messaggio di pace.
– Niccolò Lucarelli
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