Come ti rilancio il museo tra squali, balene e Banksy

Il museo di Sansepolcro e il museo Marino Marini di Firenze sono ripartiti nel segno di mostre acchiappa pubblico, poco coerenti con la loro identità culturale. Ma è la strada giusta per rilanciare la fruizione dell’arte dopo la pandemia?

Se il buongiorno si vede dal mattino, le prospettive del post-Covid non sembrano troppo rassicuranti. Malgrado i buoni propositi espressi durante il lockdown, le prime mosse lasciano piuttosto sconcertati. Le difficoltà economiche conducono verso azioni spericolate che rischiano di nuocere gravemente alla salute delle istituzioni.
Per dimostrarlo, sono sufficienti due casi emblematici che, nella loro diversità, appaiono accomunati da un medesimo intento, che è quello di acchiappare pubblico rinunciando a ogni altro scopo. Si tratta delle mostre: Affreschi Urbani. Piero incontra un artista chiamato Banksy, inaugurata il 20 giugno al Museo Civico di Sansepolcro (prosegue sino al 10 gennaio) e Di squali e di balene al museo Marino Marini di Firenze che ha aperto i battenti il 1° luglio per proseguire sino al 30 settembre.

PIERO DELLA FRANCESCA E BANKSY

Ma conviene andare per ordine partendo da un tempio della cultura, il museo di Sansepolcro che custodisce ben quattro opere di Piero della Francesca tra cui due capolavori assoluti come il Polittico della Misericordia e la Resurrezione nell’ambito di una collezione permanente dove sono presenti, tra l’altro, opere di Andrea della Robbia e Pontormo. Un luogo unico al mondo che con la giusta promozione può attirare ogni anno flussi interrotti di turisti tenendo conto che si trova all’interno dei percorsi di Piero tra Arezzo e un altro centro nevralgico come Monterchi, che custodisce la strepitosa Madonna del parto. Basterebbe poco, anzi pochissimo per rendere questi tre luoghi sinergici creando un itinerario unico con progetti scientifici che valorizzino il contesto. Invece, ecco che per rilanciare il territorio, il comune di Sansepolcro pensa bene di rivolgersi all’associazione culturale MetaMorfosi che, con la collaborazione di Civita, tira fuori il coniglio dal capello, ovvero una mostra di venti serigrafie dell’abusato Banksy che nulla c’entra con la storia del luogo, né tanto meno con quella di Piero. Senza tenere conto che l’artista inglese, iper inflazionato oltreché iper sopravvalutato, è presente, nello stesso periodo, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, con una mostra ben più ampia. Insomma, un’operazione di basso cabotaggio simile a quelle che un tempo si realizzavano nelle chiese sconsacrate dove, negli Anni Novanta, venivano ospitate orribili esposizioni con i multipli di Salvador Dalí o di altri nomi di grido. Oggi, invece, avvengono con l’avallo dei comuni (anzi con un orgoglioso sostegno) in luoghi sacri che non dovrebbero essere profanati in maniera così deplorevole. Sarebbe come organizzare all’interno della Cappella Sistina una mostra di Madonnari di strada o al Louvre una rassegna sulle copie della Gioconda.
La mancanza di lungimiranza da parte delle istituzioni pubbliche, totalmente incapaci di comprendere i beni che dovrebbero tutelare e promuovere, conduce a questi risultati attraverso la delega a società che, dietro a lauti compensi, assicurano un incremento repentino dell’audience promettendo di rimpinguare le casse con l’ultima starlette commerciale. Tutto questo senza minimamente calcolare i danni che si commettono rispetto a un territorio che avrebbe bisogno di ben altri incentivi e stimoli culturali e non di essere svenduto malamente per un piatto di lenticchie.

Di squali e di balene. Exhibition view at Museo Marino Marini, Firenze 2020

Di squali e di balene. Exhibition view at Museo Marino Marini, Firenze 2020

MARINO MARINI E GLI SQUALI A FIRENZE

Per certi versi, appare ancora più grave la situazione del museo Marino Marini di Firenze. Se nel caso di Sansepolcro il livello è così basso da non consentire alibi, nel caso dell’istituzione dedicata al più importante scultore italiano del Novecento, la mostra Di squali e di balene ha, sulla carta, ben altri presupposti. Non solo lo squalo tigre di oltre tre metri e lo scheletro di un capodoglio che di metri ne misura ben dieci arrivano da un glorioso museo di storia naturale, La Specola, attualmente chiuso al pubblico, ma l’iniziativa vede, in prima linea, la presidente del Museo Marino Marini, Patrizia Asproni, una delle personalità più note del mondo culturale, giunta a Firenze dopo essere stata presidente della Fondazione Torino Musei, con un’ampia esperienza nell’ambito del management e dal 2001 presidente di Confcultura. Peccato che squali e balene si abbinerebbero meglio con pinne, fucili e occhiali della celebre canzone di Edoardo Vianello, piuttosto che con Marino, l’artista che alla fine degli Anni Settanta, poco prima di morire (è scomparso nel 1980), insieme alla moglie Mercedes Pedrazzini, ha donato, per la nascita del museo, ben 183 opere tra sculture, dipinti, disegni e grafica, con l’intento di valorizzare il patrimonio della città e di creare un dialogo con gli altri grandi protagonisti dell’arte plastica. Invece, anziché ipotizzare grandi eventi in collaborazione con altre fondazioni italiane o internazionali (chi non vorrebbe esporre accanto a Marino?) o progetti con giovani scultori, il museo riapre l’attività dopo il lockdown ospitando, nello spazio della cripta, (per fortuna il rapporto con Pomone e Cavalli e Cavalieri non è diretto) ossa e teschi di grandi pesci presentando un parallelismo tra “ecosistemi culturali” ed “ecosistemi naturali”. Intendiamoci. Non ci sarebbe nulla di male se questo avvenisse nell’ambito di un’istituzione di scienze naturali o in uno spazio neutro. Ma con Marino che c’azzecca? Poco convincente anche quanto spiega Patrizia Asproni: “Il museo oggi non può essere più solo un luogo di conservazione ma deve svolgere il ruolo di propulsore di conoscenza, instaurando molteplici connessioni per stimolare la riflessione del pubblico e renderlo consapevole delle trasformazioni epocali del nostro tempo”. Ma qual è il significato di quest’affermazione se non quella di rendere il museo un luogo dove tutto è consentito privandolo della sua anima e delle sue motivazioni? Tutto ciò mentre, qualche mese fa, prima che scoppiasse la pandemia, infuriava la battaglia per la chiusura del Museo Marini di Pistoia (si è ancora in attesa della decisione del TAR), accusato di non proporre un programma adeguato alle sue finalità.
Insomma, da Piero della Francesca a Marino Marini, il sostegno all’arte e alla cultura italiana, tanto sbandierato nei mesi scorsi passa, innanzitutto, attraverso la salvaguardia identitaria dei musei più rappresentativi. È attraverso la loro storia che è possibile ipotizzare progetti anche fortemente innovativi e sperimentali. Se non si tiene conto di queste premesse, il rischio è quello di deprezzare il patrimonio mettendolo sul mercato al ribasso con iniziative sempre più scadenti o creando contenitori generici, simili a Disneyland di serie B.

Alberto Fiz

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Alberto Fiz

Alberto Fiz

Alberto Fiz (1963), critico d’arte, curatore di mostre e giornalista specializzato in arte e mercato dell’arte. Ha un'ampia attività pubblicistica e saggistica. Ha svolto ruoli di direzione e di consulenza artistica per amministrazioni ed enti pubblici. Ha realizzato il progetto…

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