Come sarà l’autunno-inverno 2020 dei musei? Intervista alla direttrice del Centro Pecci di Prato
Artribune ripropone come di consueto la sua inchiesta d’inizio stagione sui musei italiani. Come è andata la scorsa stagione? Come sarà la prossima? Stavolta però la nostra analisi arriva in un momento difficile per il mondo della cultura e non solo…
Come sarà l’autunno dei musei italiani? È una domanda che in tempi di post Covid, se così si può dire, e arrivati ormai ad una Fase numericamente indefinita, si pone tutto il settore e gli addetti ai lavori. Con coloro che guidano questo mondo, direttori e presidenti, analizziamo il prossimo futuro e la scorsa stagione. L’inchiesta parte con le parole di Cristiana Perrella, direttrice del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato…
Cristiana, come sarà l’autunno 2020 per la tua istituzione?
Intenso. La nostra proposta è più vivace e sfaccettata di prima dell’emergenza, con tre nuove mostre che inaugurano nei prossimi tre mesi, numerosi workshop d’artista, il cantiere delle sale didattiche e dei nuovi depositi in corso di completamento, e molta progettazione in corso per il futuro.
Cosa ti aspetti da questa stagione che inizia?
Di consolidare il rapporto con il territorio, incrementando la comunità che è intorno al museo e coinvolgendola sempre più attivamente nei nostri programmi. Durante il lockdown e con la riapertura abbiamo cercato di impegnarci a fondo in questo senso. Mi aspetto poi di lavorare molto in rete, collaborando con altre istituzioni del contemporaneo, in Toscana, in Italia e all’estero. Sono convinta che avremo una buona partecipazione di pubblico, soprattutto di prossimità ma non solo.
Cosa invece ti preoccupa di più?
La sostenibilità economica del programma. L’ho sempre ritenuta un elemento fondamentale, non un limite ma uno stimolo con cui misurarsi per gestire al meglio le risorse che mi sono affidate. Ora i margini molto stretti con cui siamo abituati a lavorare rischiano di restringersi ulteriormente e questo sarebbe difficile da affrontare, soprattutto in un momento in cui stiamo cercando di sviluppare nuove funzioni per il museo e nuovi progetti che garantiscano un sempre maggior accesso al nostro patrimonio e alle nostre attività.
Che attività hai in programma?
Tre nuove mostre entro la fine dell’anno: una personale del fotografo e performer Jacopo Benassi, una collettiva Protext! sull’uso del tessuto in opere di artisti che hanno un’agenda politica o sociale, come Pia Camil, Otobong Nkanga, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Güneş Terkol e Senza Fretta, una mostra di Simone Forti curata da Luca Lopinto focalizzata sulle sue News Animations, una serie di opere che partono dalle immagini e dal linguaggio di articoli di giornali e notiziari per tradurli in coreografie improvvisate. Poi un progetto per una nuova produzione artistica con una rete di strutture per l’assistenza sanitaria, sociale e psichiatrica sul territorio, e una collaborazione con le scuole, attraverso strumenti digitali e non solo. Usciranno inoltre nei prossimi tre mesi molte pubblicazioni, nostre e realizzate in collaborazione con altri.
Farai delle modifiche ai tuoi progetti iniziali per adattarli alla situazione in corso?
Per ora sono riuscita ad attuare quasi tutti i progetti in programma, l’unica mostra ad essere stata rimandata a data da destinarsi è quella sulla scena artistica cinese under 35, originariamente in calendario per dicembre 2020. Richiedendo una ricerca approfondita sul campo, che è stata interrotta, deve attendere che tornino tempi più idonei per viaggiare. Abbiamo poi dovuto cancellare Lo stato dell’arte, un festival degli spazi indipendenti della Toscana, organizzato in collaborazione con la Regione.
Quali pensi che saranno le sfide che i musei dovranno affrontare nel prossimo futuro?
Essere parte della società, con un ruolo riconosciuto, e non avulsi da essa. La decolonizzazione culturale. L’accesso ai propri contenuti da parte di fasce di pubblico sempre più varie.
Diamo i numeri: come è andata dalla riapertura in termini di pubblico?
È andata bene, al di là delle nostre aspettative. Il numero di ingressi giornalieri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è più che raddoppiato. E non è stato solo a causa dell’accesso gratuito al museo, introdotto con la riapertura e in corso fino al 27 settembre: chi è venuto ha scelto spesso di visitare anche la mostra a pagamento, quella di Ren Hang. Abbiamo infatti realizzato un incremento percentuale degli incassi del +58% rispetto all’estate 2019, nonostante il biglietto per la mostra fosse ridotto. Anche il programma di musica, cinema e talk all’aperto, il Pecci Summer, è andato bene, soprattutto considerando che la capienza del nostro teatro è stata ridotta da 930 posti a 200, sold out per tutti i 10 concerti che abbiamo fatto. In tutto, nei 3 mesi estivi abbiamo avuto circa 10.000 visitatori.
Quale è stata la cosa più bella da quando hai riaperto?
La risposta del pubblico, tornato numeroso sin dal primo giorno di riapertura.
Cosa chiedi alla politica in questo momento comunque difficile?
Maggiore ascolto e maggiore considerazione e valorizzazione per il ruolo sociale della cultura. E poi una cosa molto specifica: mezzi economici per incrementare le collezioni dei musei, non solo di quelli statali. Acquisizioni di opere ma anche di archivi, lasciando la libertà ai direttori di sviluppare o rafforzare le identità specifiche delle raccolte della propria istituzione. Sarebbe un modo per dare un impulso a tutto il sistema, coinvolgendo artisti, gallerie, pubblico.
Consigliaci un libro per inaugurare la stagione.
L’orso allo specchio, di Simone Forti, appena pubblicato in italiano da Kunstverein Publishing e Vleeshal. Raccoglie i ricordi dell’infanzia dell’artista, trascorsa prevalentemente a Prato, dove la sua famiglia aveva una fabbrica tessile, La Briglia. È un’ottima introduzione alla sua mostra personale che inauguriamo a novembre e per la quale pubblicheremo, con Nero Editions, un libro sulle “News Animations”.
– Santa Nastro
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