Una ricerca rivela: la Gioconda di Leonardo da Vinci fu realizzata con la tecnica dello spolvero
Gli studiosi Pascal Cotte e Lionel Simonot pubblicheranno sul Journal of Cultural Heritage i risultati della loro ricerca ultra decennale. Da quanto è emerso, la Gioconda non fu dipinta a mano libera, bensì ricalcando un bozzetto preparato a parte.
Bersaglio per rivisitazioni dada e pop, protagonista di un best seller, oggetto di studi psicoanalitici: la Monna Lisa, l’iconica opera realizzata da Leonardo da Vinci tra il 1503 e il 1504, non smette di ammaliare appassionati e studiosi con la sua aura enigmatica. L’ultima notizia che la riguarda proviene dall’esito di una ricerca ultra decennale condotta da Pascal Cotte, ingegnere dei laboratori Lumière Technology, e da Lionel Simonot, specialista in proprietà ottiche dei materiali dell’Università di Poitiers. Lo studio rivela che il celebre dipinto non è stato realizzato a mano libera, bensì con la tecnica dello spolvero, che richiede il supporto di un bozzetto preparatorio. L’analisi, che verrà presto pubblicata sulla rivista specializzata Journal of Cultural Heritage, aggiunge un importante tassello alla conoscenza della genesi di quest’opera, in buona parte ancora avvolta nel mistero.
LA GIOCONDA E LA TECNICA DELLO SPOLVERO
La tecnica dello spolvero – molto utilizzata in Toscana ai tempi di Leonardo – consiste nell’elaborazione di un disegno preparatorio su cartone, che viene poi trasposto sul supporto finale e bucato nei suoi contorni, finché non si ottengono dei fori che vengono tamponati con del carboncino affinché si imprimano sulla superficie sottostante. Quello che si ha alla fine è una traccia del bozzetto, disegno da cui partire per realizzare il dipinto. Le tracce di disegno sotto la pittura sono state rilevate grazie alle immagini della fotocamera multispettrale ad alta risoluzione di Lumiere Technology: la ricerca, partita nel 2004 e concessa dallo stesso Louvre, che custodisce l’opera, ha portato all’analisi di oltre 1.650 fotografie scattate sul dipinto. “Il Louvre mi ha invitato perché sono l’inventore di una nuova fotocamera multispettrale ad altissima risoluzione e altamente sensibile“, ha dichiarato Cotte ad Artnet News. “Il sistema ottico ci consente di vedere dettagli molto piccoli e l’alta sensibilità consente un’amplificazione elevata anche del segnale più basso“. Il pionieristico “metodo di amplificazione degli strati”, infatti, si basa su un sistema a infrarossi, ed è in grado di rilevare la luce riflessa su 13 differenti lunghezze d’onda.
I DETTAGLI DELLO SPOLVERO SULLA GIOCONDA
In particolare, le tracce di spolvero sono state evidenziate in due punti dell’opera: sulla fronte della protagonista, in particolare nell’attaccatura dei capelli, e sul bordo della mano destra, che rivela chiaramente i puntini ravvicinati tipici della tecnica. Un altro dettaglio curioso, è la rilevazione di un segno vicino alla testa, che potrebbe essere una forcina: un oggetto peraltro non di moda nella Firenze dell’epoca, ma che testimonia un progetto iniziale di Leonardo poi modificato in corso d’opera. Se precedenti studi avevano lasciato intendere ipotetici segni di pentimento da parte dell’autore, non era ancora mai stato dimostrato l’impiego di un cartone preparatorio. E c’è da chiedersi, azzardano gli studiosi, se quest’ultimo sia ancora esistente, oppure sia stato utilizzato come bozza per altre opere simili. L’enigma che circonda la Gioconda da secoli non accenna a semplificarsi.
– Giulia Ronchi
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