Il programma 2020 di Villa d’Este e Villa Adriana a Tivoli. Intervista a Andrea Bruciati
Continua l’inchiesta di Artribune sui musei italiani. Come è andata la scorsa stagione? Come sarà la prossima? Oggi andiamo a Tivoli e incontriamo Andrea Bruciati, direttore di Villa d’Este e Villa Adriana
Come sta andando l’autunno dei musei italiani? Mentre saltano le fiere, nascono nuovi progetti di mercato e culturali, il mondo dell’arte tira le somme di questo inizio autunno e si prepara alla prossima stagione. Con coloro che guidano questo mondo, direttori e presidenti, stiamo analizzando il prossimo futuro e l’estate 2020. L’inchiesta continua con le parole di Andrea Bruciati, direttore di Villa d’Este e Villa Adriana a Tivoli, che inaugura il 16 ottobre con un nuovo progetto. Ecco di cosa si tratta.
Come sarà l’autunno 2020 per il tuo museo?
Questa stagione si prospetta estremamente ricca di proposte espositive, e non solo. Abbiamo aperto con il Villae Film Festival,una rassegna cinematografica organizzata a settembre fra Villa Adriana e Villa d’Este. Dal 16 ottobre al 10 gennaio, si terrà a Villa d’Este la preview della mostra Ecce Homo: un progetto particolarmente pregnante e attuale, dedicato al rapporto doloroso ma necessario fra l’umano e il divino. Si tratta di un evento che pur essendo anticipazione al nucleo espositivo vero e proprio, posticipato al febbraio 2021, trova espressione in 10 opere particolarmente rappresentative dello spirito e del messaggio di speranza dell’intera iniziativa. Come sempre si tratta di iniziative diacroniche che pongono in dialogo le radici classiche con la nostra stretta contemporaneità, evidenziandone i punti salienti durante i secoli.
Che attività hai in programma?
L’attività delle VILLAE in questi mesi, e ancor più nel 2021, riguarda il necessario rinnovarsi degli impianti espositivi (Mouseia in primis), la presenza culturale sul territorio (dall’investimento sul museo verde, alla sensibilizzazione verso il contesto naturalistico), la ricerca scientifica in campo artistico (la mostra Codice Raffello, sul rapporto inter pares con la famosa Scuola, la realizzazione di cinque pubblicazioni, nonché un convegno sulle affascinanti figure di Adriano e Nerone), la didattica (la sospirata apertura dei depositi e della preziosa Mensa ponderaria) e la promozione (finalmente un sito web agile e al passo coi tempi, anche in cinese, e il rilancio culturale del distretto dell’Aniene).
Ci sono anche dei progetti di ricerca…
Sì, costituiscono, ciascuno nel proprio merito, altrettanti momenti di eccellenza e di visibilità e che non possono ragionevolmente interrompersi fino al loro completamento (vedasi l’investimento massivo sull’uliveto, il vigneto, l’apiario e la difesa dell’agro romano antico). La nostra attenzione è particolarmente centrata sul tema dell’accessibilità, per mettere in campo una comunicazione inclusiva e fare dei nostri siti un museo allargato e alla portata di tutti. Da questo punto di vista è stato programmato anche un preciso piano sull’accoglienza di prossimità che ha creato una forte consapevolezza identitaria e valoriale con il territorio.
Cosa ti preoccupa di più della stagione che stiamo vivendo?
La crisi economica terribile che la pandemia sta provocando nel nostro Paese e a livello globale, una tragedia che ci impedisce di ipotizzare un futuro. Ripartire, anche psicologicamente, non sarà facile soprattutto per i complessi risvolti che ciò comporta nel variegato mondo della cultura, di per sé così fragile. Le ricadute sul nostro modo di concepire la realtà, sul nostro porci in contatto / non contatto con il mondo, nonché sui viaggi e sul turismo per cui i tempi di vulnerabilità si allungheranno per molti mesi ancora. La crisi purtroppo interviene in una situazione strutturalmente complessa e frammentata anche se intellettualmente può rappresentare anche un’opportunità e sviluppare potenzialità sinora inattese.
Cosa chiedi alla politica in questo momento comunque difficile?
Conciliare in modo nuovo e più sostenibile economia e patrimonio culturale, valorizzando il contributo dell’impresa culturale e investendo su quei modelli integrati, garanti del ruolo soprattutto sociale del nostro operato. Includere nuovi pubblici, arricchire il visitatore, articolando le esperienze di fruizione: proporci come laboratori e cantieri di eccellenza per domani. Riflettere sulle nostre radici per proiettarci in avanti; collegare i miti di ieri con i sogni di ogni per una visione aperta al futuro. Da questo punto di vista non siamo solo un Istituto che tutela beni culturali unici al mondo ma siamo portavoce di istanze etiche volte al miglioramento della collettività cui facciamo riferimento: ecco per noi risulta primaria l’educazione e la partecipazione della comunità locale, perché veniamo percepiti anche come laboratori di innovazione e nuove competenze. Dobbiamo ribadire attraverso la nostra bellezza e natura, il nostro rappresentare anche una sorta di piattaforma per l’impresa, la formazione e un approccio sostenibile al lavoro che sappia guardare al futuro.
Diamo i numeri: come è andata dalla riapertura in termini di pubblico?
I nostri numeri continuano, stante la complessa situazione, ad essere comunque importanti e in continua progressione. Per il primo semestre 2020 ci siamo attestati sui 75.000 visitatori, dato che abbiamo confermato poi nei due soli mesi estivi appena conclusi.
Qual è stata la cosa più bella da quando hai riaperto?
A fine luglio, dopo la pausa obbligata dalla pandemia, Villa d’Este è tornata finalmente nel pieno dell’attività. La lavorazione delle scene per la serie “Leonardo”, coproduzione internazionale targata Rai, France Televisiòn e RTVE ha utilizzato il piano nobile di Villa d’Este e all’esterno il chiostro e le peschiere. Ricostruiti gli ambienti in cui avrebbe vissuto il grande artista: lo studiolo con tutti i dettagli, candele, pergamene, penne e calamai, letto a baldacchino, cavalli bardati, carri, spadaccini e dame. La villa rimasta aperta al pubblico ha destato la curiosità dei visitatori, che hanno rubato scatti sia degli attori in azione che in momenti a cinepresa spenta. Una sorta di divertente e affascinante convivenza tra realtà e finzione: è stata psicologicamente rigenerante perché il visitatore si è immedesimato in un set cinematografico.
Consigliaci un libro per inaugurare la stagione.
“Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar. Gioco in casa, mi viene naturale, ma è un libro talmente profondo e ricco di stimoli da richiedere alcune accortezze: si deve assaporare a piccole dosi, quasi ogni frase richiede un complemento di riflessione personale prima di essere acquisita. Va letto avendo a disposizione una matita, per sottolineare i passi più importanti, per avere poi il piacere di riaprirlo casualmente e rileggerli. L’opera della Yourcenar, può cambiare il nostro modo di pensare, aprendoci prospettive sconosciute, accompagnandoci su strade mai percorse. Credo alla costituzione di nuovi palinsesti e l’eccezionalità che mi circonda mi permette ogni giorno di immaginarmeli come realizzabili.
–Santa Nastro
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