Affaire Caravaggio-Sgarbi e il riuso del patrimonio digitale
Luana Aliano, presidente provinciale dell’associazione culturale SiciliAntica Siracusa, riflette sugli usi e il valore delle due copie esatte del Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio volute da Sgarbi in occasione della tanto discussa mostra al MART di Rovereto. Copie digitali, che pongono dubbi sul loro statuto di opera in base alla normativa di legge.
Provate a immaginare che un museo organizzi una mostra di Picasso e che proponga alla Fondazione Picasso di fare una o più copie 3D di una delle opere, da tenere per sé o da regalare o prestare a un altro museo. La Fondazione Picasso avrebbe potere decisionale su una questione del genere, ma non è difficile immaginare che la risposta sarebbe negativa. Proviamo a immaginare invece che la Fondazione Picasso accetti. Come reagirebbe la comunità scientifica? Nella recente mostra di Gerhard Richter a Palazzo Te di Mantova (2018) molti hanno provato delusione nel trovare esposte, oltre ad alcune opere originali, delle copie fotografiche di dipinti dell’artista. La didascalia che accompagnava le opere metteva in evidenza che si trattava di copie fotografiche autorizzate dallo stesso artista. Che un artista vivente possa fare una scelta del genere è legittimo, ma nel caso in questione è stato a tutti evidente che ci si trovava dinanzi a una riproduzione fotografica. Di altissima qualità, ma pur sempre riproduzione fotografica.
LE VICENDE DELL’OPERA DI CARAVAGGIO
La mostra Caravaggio, il Contemporaneo. In dialogo con Burri e Pasolini al MART di Rovereto ha suscitato numerose polemiche nate in seno alla gestione dell’iter progettuale. Quel che qui mi interessa affrontare è un approfondimento critico sul rapporto sempre più attuale fra Arte e Tecnologia. Il tema non è solo quello della digitalizzazione del patrimonio culturale e del suo particolare riuso. Nonostante in questo ultimo periodo si stia assistendo a una sempre più cospicua apertura del mondo della cultura tout court verso la digitalizzazione del patrimonio culturale, si potrebbe affermare che l’operazione compiuta dal MART, che ha creato una copia 3D dell’opera siracusana di Caravaggio, apra una pagina particolare, con possibili ricadute nell’ambito dell’etica dell’Arte.
In accordo con il FEC, ente proprietario del dipinto siracusano, e con l’ISCR, il progetto espositivo immaginato da Sgarbi prevede l’esecuzione di due copie esatte a opera della specializzata ditta madrilena Factum Foundation. I due facsimili sono destinati uno alla città di Siracusa, per supplire l’assenza dell’originale in mostra, e un secondo all’esposizione, in dialogo con il maestro del Seicento. Ciò almeno sino al 9 dicembre, data a partire dalla quale, in base alla programmazione antecedente all’ultimo DPCM, la stessa copia del MART sostituirà il Caravaggio, in viaggio di ritorno verso la sede definitiva della Basilica di Santa Lucia extra moenia di Siracusa, come ripetutamente promesso da Sgarbi.
Le riflessioni a riguardo sembrano imboccare almeno due distinti percorsi, un primo relativo all’aspetto tecnico delle copie esatte e all’ambiente giuridico da esse occupato, e un secondo propriamente riferito all’ambito della fruizione e della valorizzazione del tesoro artistico.
“Una copia esatta è legittimata quando il suo impiego è sempre al servizio dell’originale. Quando però vengono generati multipli che si possono confondere con l’originale possono questi essere utilizzati da un museo che non è proprietario dell’originale per le proprie mostre?”
Il racconto del lavoro svolto dalla Factum Foundation con Il Seppellimento di Santa Lucia, visibile sul sito della ditta e inserito anche all’interno del catalogo del MART, restituisce tutta la complessità delle operazioni svolte, utili non solo alla realizzazione di perfette copie, ma anche agli interventi di monitoraggio di salute del dipinto. Ma una copia esatta, come quella del Seppellimento di Santa Lucia, può essere considerata una fotografia?
Le polemiche che si sono accese a Siracusa in merito riguardano anche l’ambiguità nella lettura dei due prodotti tecnologici previsti dal progetto: sebbene essi siano subordinati all’attività manutentiva eseguita dall’ISCR sul dipinto, testimoniando il prima e il dopo del restauro, di fatto non si avvertirà nessuna differenza tra originale e “copia esatta”. All’ISCR sono sempre interessate le copie digitali, ed è impensabile che per ogni restauro venga richiesta una (costosissima) copia esatta da conservare nei propri archivi storici, che sono archivi informatici e non fisici. Perché dunque si è parlato della necessità di realizzare due “copie esatte” del dipinto di Caravaggio? A cosa servono realmente? L’ISCR ha mai richiesto la realizzazione di “copie esatte” per documentare il prima e il dopo di un restauro? Diventerà questa la prassi in futuro o l’esperimento riguarda solo l’opera di Caravaggio necessaria a Sgarbi per il proprio progetto?
Seguendo le dichiarazioni dello stesso Sgarbi apparse sulla stampa di Siracusa, delle due “copie” solo quella destinata a Siracusa sarà una “copia esatta”, mentre quella oggi esposta al MART è una semplice riproduzione fotografica: “Allo stato attuale non ci sono copie esatte del dipinto ma soltanto fedeli fotografie prima dell’intervento di restauro”. Questa affermazione è smentita dal Corriere della Sera che il 18 ottobre, in una recensione a firma Carlo Vulpio, coautore tra l’altro del programma televisivo “Ci tocca anche Vittorio Sgarbi”, evidenzia come “Nella grande sala del MART […] è pressoché impossibile distinguere la copia del Seppellimento dall’originale, disposti su due pareti opposte come se fossero l’una la immagine riflessa dell’altro, ed entrambi sprovvisti di didascalia”. Come si può comprendere la questione va ben al di là della semplice documentazione tecnica di un restauro.
Nella speranza che tutti gli attori coinvolti diano maggiori chiarimenti sullo specifico caso, resta l’esigenza di una riflessione più ampia sul quadro normativo di riferimento per le copie esatte, che all’interno del codice dei Beni Culturali sono allo stato attuale inquadrate come “semplici fotografie” e normate attraverso l’articolo 108.
Appare utile allora ricordare i lavori appena conclusi dalla quindicesima edizione di RavelloLab 2020. International forum, in cui si è parlato dello stato attuale del rapporto fra cultura e tecnologia in Italia, evidenziando, fra le altre cose, come spesso la nostra normativa non sia sempre al passo con l’evoluzione tecnologica. È auspicabile, quindi, che una riflessione sul valore delle copie esatte possa inaugurare un adeguamento delle norme vigenti, in cui lo specifico facsimile dell’opera siracusana di Caravaggio non sia più inteso come una semplice fotografia, ma come un complesso processo in grado di “clonare” un’opera.
LE DOPPIE RI-PRODUZIONI DEL SEPPELLIMENTO DI SANTA LUCIA
Lo scetticismo sollevatosi nel mondo dell’arte sul valore delle copie tecnologiche, viste come monstrum culturale o conseguenze di “iconofobia”, potrebbe in realtà essere superato proprio in virtù dell’importante ruolo da esse svolto nel campo della tutela e della valorizzazione. Se quanto annunciato, seppur contraddittoriamente, dovesse essere confermato, apparirebbe a dir poco enigmatica la doppia ri-produzione del Seppellimento di Santa Lucia. Dice Sgarbi: “Quelle scansioni e quelle ‘foto’ ad altissima definizione danno vita a una seconda copia ancora. Quest’ultima verrà esposta al MART, in dialogo con l’originale. Si tratta tecnicamente di una copia ‘intermedia’, realizzata prima di questo ultimo intervento dell’ICR. Proprietario di entrambe le copie è il FEC, il Fondo Edifici di Culto”.
Una copia esatta è legittimata quando il suo impiego è sempre al servizio dell’originale. Quando però vengono generati multipli che si possono confondere con l’originale possono questi essere utilizzati da un museo che non è proprietario dell’originale per le proprie mostre? Siamo ancora di fronte a un documento della memoria storica, peraltro già custodita dalle necessarie scansioni digitali? Se rapportato all’opera di un artista contemporaneo vivente la questione è presto risolta: l’autore è proprietario del proprio lavoro e ne fa e ne autorizza l’uso che vuole. Ma, se un museo è proprietario dell’opera di un artista contemporaneo vivente, tutti sappiamo che non potrebbe fare una copia senza l’autorizzazione dell’autore. Spostare il discorso su opere d’arte del passato ha implicazioni totalmente diverse e dunque è la normativa vigente a fare testo. Intanto, non rimane che prendere atto di quanto scrive Luca Fiore sulle pagine del supplemento arte del quotidiano Il Foglio del 30 ottobre: “La mostra [al MART] chiude il 14 febbraio e, già priva di un vero equilibrio, potrebbe essere ancora più compromessa il 12 dicembre, quando l’originale di Caravaggio dovrà tornare a Siracusa. Ma, a quel punto, potrebbe essere sostituito da un’ulteriore copia. E nessuno se ne accorgerebbe”. L’osservazione critica di Luca Fiore è di per se sufficiente per comprendere quale sconvolgimento culturale potrebbe comportare accettare il precedente che un curatore usi la copia per realizzare un confronto che ha il sapore di una propria opera. Nella conferenza stampa di presentazione alla mostra al MART, Sgarbi ha infatti spiegato il confronto tra l’originale e la copia facendo riferimento al Giovane che guarda Lorenzo Lotto di Giulio Paolini.
‒ Luana Aliano
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