Quali sfide per il mondo della cultura? Risponde il terzo Salone Culturale del British Council
Climate Change, il ruolo del digitale nel presente, le istanze e le sfide per il mondo della cultura in un momento di forte crisi. Essere presenti è il tema guida che attraversa tutto il programma 2020 del British Council. Il 4 novembre alle 15 un parterre internazionale si confronta nel terzo Salone Culturale virtuale: New Business Approach.
Hard Times, tempi difficili, per dirla con il fortunato titolo del decimo romanzo dello scrittore anglosassone Charles Dickens. E il British Council, l’ente ufficiale britannico per la promozione delle relazioni culturali e delle opportunità educative in Italia e nel mondo, che fa? Risponde con un ricco programma per il 2020 dall’evocativo titolo UK/Italy 2020 Season: Being Present, che comprende una stagione di opere digitali Scene for Survivals, in collaborazione con Triennale di Milano e BBC e la mostra di Willie Doherty con Fondazione Modena Arti Visive e l’Ulster Museum di Belfast. Ma proposte e riflessioni per l’avvenire arrivano anche da un ciclo di tre Saloni Culturali virtuali che affrontano le tematiche più urgenti del nostro settore. Prima tra tutte: come affrontare le sfide del presente? Il prossimo appuntamento, previsto per il 4 novembre alle 15 si intitola New Business Approaches to Culturee affronta quattro importanti questioni, spaziando dalla trasformazione digitale all’architettura finanziaria, dalle partnership internazionali ai nuovi modelli di business. Il dibattito vedrà confrontarsi Caroline Meaby, direttore, Global Arts Network British Council, Federica Olivares, presidente di Edizioni Olivares, alla guida dell’International Program in Cultural Diplomacy dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Fran Sanderson, direttore dell’Arts Programme and Investments di Nesta, Simon Mordant AO, Executive Co-Chairman e Fondatore di Luminis Partners, membro del Tate International Council, Leonie Bell, direttore, V&A Dundee, Marco Morganti, CEO, ‘Direzione Impact’, Gruppo Intesa Sanpaolo, Christian Greco, direttore del Museo Egizio Torino, James Bradburn, direttore, Pinacoteca di Brera, Milano. Ne abbiamo parlato con Jane Costello, Director of Programmes del British Council in questa intervista.
Il 15 settembre è avvenuto il lancio della stagione. Con quale stato d’animo e quali aspettative?
Il programma è stato immaginato nel 2018 con l’obiettivo di celebrare la diversità culturale nel Regno Unito e la nostra apertura nei confronti dell’Europa. Naturalmente abbiamo poi dovuto lo scorso maggio re-immaginare il tutto alla luce degli effetti della pandemia che sta sconvolgendo il mondo. Gli obiettivi del programma, intitolato Being Present, sono stati fin dall’inizio tre: l’impatto del presente sull’ambiente, la questione del climate change, la duplicità della nostra presenza online e fisica, soprattutto per ciò che concerne i giovani, e in ultimo il ruolo delle istituzioni culturali, la loro presenza e assenza nei dibattiti fondamentali.
La questione del digitale è oggi estremamente attuale…
Sì, è diventata centrale. Abbiamo condotto una ricerca che ha compreso ad esempio la creazione di un gruppo di lavoro interno con giovanissimi anche italiani. Abbiamo cominciato nel settembre 2019… come potete immaginare a febbraio 2020 era tutto cambiato moltissimo, soprattutto per ciò che concerne la percezione delle nuove generazioni circa la propria presenza online e offline. E poi c’è stata la campagna Black Lives Matter, che ancora una volta ha posto in primo piano la questione: Chi è presente? Chi invece non lo è?
Come avete risposto alle problematiche organizzative create dal virus?
Ad esempio con l’organizzazione di quelli che noi chiamiamo Culture Salon. Non erano nei nostri piani all’inizio, ma con il board che presiede la programmazione di questa stagione la scorsa primavera ci siamo chiesti: che cosa possiamo fare? Per molti è stato fondamentale e quasi d’obbligo continuare ad esporre online, noi abbiamo provato a creare delle occasioni di conversazione e momenti di riflessione sulle domande cruciali che stanno attraversando il settore culturale.
Ad esempio?
Il primo Culture Salon si è svolto il 25 settembre scorso. Si intitolava “Creative Independents: Securing Our Future”e dava voce a coloro che in Italia vengono spesso definiti “gli invisibili”, ovvero gli “indipendenti”, una categoria che contribuisce, pur essendo in una situazione precaria, in maniera sostanziale alla scena culturale. Abbiamo per esempio intercettato il movimento AWI, Art Workers Italia e li abbiamo messi a confronto con il loro corrispettivo britannico, Freelance Task Force. Entrambi si stanno organizzando con l’obiettivo di dare voce alle istanze della categoria e risposte alle proprie necessità. Ne è seguito poi un secondo intitolato ‘Culture for Resilience: Cities & Festivals Looking Ahead’ volto a esplorare il ruolo della cultura nel cuore delle città resilienti di oggi, in Italia come in UK.
Il 4 novembre è previsto l’ultimo Culture Salon di questa stagione, “New Business Approaches for Culture”…
Il tema della sopravvivenza del settore culturale, già affrontato nel primo Culture Salon, è di primaria importanza per noi. Una risposta può essere agire parallelamente e in tandem con settori come quello della sanità o della formazione, oppure chiedere di sedersi al tavolo delle decisioni, che la cultura venga finalmente presa più seriamente. È su queste basi che ho immaginato la conversazione del 4 novembre: cosa possiamo fare affinché il nostro settore sopravviva? Credo che sia fondamentale anche costruire una nuova narrativa, che attraversi le generazioni, sull’importanza e il riconoscimento del ruolo della cultura nella nostra vita. Non solo a livello locale, ma anche per ciò che concerne le relazioni internazionali.
Certo sia la pandemia che la Brexit hanno messo un po’ in discussione il nostro stile di vita. È più difficile viaggiare, far circolare cose e persone. Qual è lo scenario dal tuo punto di vista?
All’inizio della pandemia eravamo tutti preoccupati dalla questione della mobilità e da tutte le conseguenze pratiche che la nuova situazione implicava. Ad esempio, nel nostro caso, come e se realizzare i nostri programmi culturali. In pochi mesi anche questo è cambiato: la cosa interessante è che ora la questione fondamentale è quella della sopravvivenza. Inoltre movimenti come Extinction Rebellion e Black Lives Matter ci hanno spinto a preoccuparci di sfide che si riducono proprio alla questione della nostra sopravvivenza e della nostra legittimità, spostando la dimensione del dibattito e portandoci a chiederci se stiamo davvero facendo ciò che dovremmo fare, proprio in un’ottica di “Being Present” in senso universale.Detto questo, penso che sia in Italia che in UK l’appetito per la cultura e per le opportunità che questa offre sia enorme, così come l’interesse per occasioni che diano spazio ad uno scambio tra realtà internazionali.
–Santa Nastro
Per maggiori informazioni sulla UK/Italy 2020 Season ‘Being Present’ del British Council e per registrarsi agli eventi, visitare il sito: https://www.britishcouncil.it/progetti/uk-italy/culture-salons
Per ulteriori informazioni scrivere a: [email protected]
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