L’arte delle perle di vetro è patrimonio Unesco

Un riconoscimento prezioso, che permetterà di salvaguardare un saper fare antico, fondamentale per l'auspicabile mantenimento della diversità culturale. Ed è proprio il “mestiere”, che a Venezia produce e utilizza le perle di vetro, il patrimonio immateriale adottato dall'Unesco. Una pratica basata sulla ricchezza di conoscenza e competenze trasmesse da una generazione all'altra.

Piccole, preziose, colorate. Sono le perle di vetro veneziane, manufatti dall’origine antica e che nella Serenissima hanno dato vita a un’arte dalle caratteristiche uniche, ancora oggi praticata da “perlere”, “perleri”, “molatori” che fondono, soffiano, modellano il vetro colorato fino a ottenere, una alla volta, quelle sfere o quei cilindri forati. Abili “impiraresse” li infilano poi creando collane, orecchini, accessori grazie ai quali vengono sprigionati bagliori e tradizioni, memoria e abilità. Un popolo silenzioso che solo a Venezia si stima che conti più di 300 artigiani, autentici detentori dei saperi legati a questa particolare arte, come ci testimonia Cristina Bedin, presidente del Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle perle di Vetro Veneziane.

Realizzazione con conterie, infilatore Attombri, novembre 2018. Photo Claudia Cottica

Realizzazione con conterie, infilatore Attombri, novembre 2018. Photo Claudia Cottica

LA STORIA DELLE PERLE DI VETRO

Dal 17 dicembre 2020 l’“Arte delle Perle di Vetro” è stata iscritta nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’Unesco grazie al lavoro di promozione e divulgazione di un gruppetto di donne tenaci – a Cristina Bedin si affiancano, tra le altre, la vicepresidente e impiraressa Marisa Convento e la consigliera e antropologa Claudia Cottica – decise a far sì che questo “living heritage” non vada perduto. La candidatura è stata condivisa con la comunità dei perlai francesi, altra produzione di eccellenza accomunata da scambi e trasmissione di saperi con la città marciana.
Ma perché le perle di vetro sono così importanti? La produzione veneziana risale al Trecento e i piccoli oggetti divennero presto una preziosa merce di scambio ed esportazione verso l’Africa, le Americhe, l’India. Ma ci sono altri aspetti da tenere in conto: la loro lavorazione, sottolineano dal Comitato, è strettamente legata alla ricchezza delle conoscenze e alla padronanza di una materia – il vetro di Murano – e di un elemento, il fuoco: forse per questo, e per la luce che sprigionano, le perle sembrano racchiudere un potere quasi magico. L’Arte delle Perle di Vetro non sarebbe possibile senza saperi e tecniche condivisi, senza strumenti e procedimenti che consentono di creare varie tipologie di manufatti, come le minuscole “conterie” ottenute da sottili canne vitree forate e usate spesso per ricami sfarzosi; ormai sono una rarità, poiché non si producono più. E poi quelle “a lume”, documentate fin dal Seicento, ottenute avvolgendo del vetro fuso a un bastoncino di metallo, creando infinite varianti di effetti e colore. Infine le perle da “canna”, ricavate tramite taglio e molatura di canne di vetro forate; a questa categoria appartengono anche le murrine.

L’ARTE DELLE PERLE DI VETRO COME PATRIMONIO CULTURALE

Tuttavia i fattori che hanno favorito l’iscrizione tra i “beni immateriali” dell’Unesco sono le implicazioni sociali e culturali: “L’Arte delle Perle di Vetro è un patrimonio culturale trasmesso di generazione in generazione, è un patrimonio vivente che le comunità, in risposta all’ambiente e all’interazione con la natura e la storia, ricreano continuamente”, dichiara la presidente Bedin, aggiungendo che l’antica pratica è “un esempio di come l’ingegno porti a trovare soluzioni innovative, promuova il rispetto per la diversità culturale, la creatività umana e favorisca uno sviluppo durevole mediante il riutilizzo di molti materiali tra i quali perle fallate, antiche conterie, frammenti di canne vitree”.
Il riconoscimento è quindi prezioso per la salvaguardia dell’arte, e l’obiettivo futuro di entrambi i comitati, veneziano e francese, è “la moltiplicazione delle iniziative di trasmissione già condotte a livello locale, nazionale e internazionale. In questo periodo, durante il quale la vicinanza, elemento indispensabile per la trasmissione e l’apprendimento, non è possibile se non all’interno dei nuclei famigliari, stiamo organizzando altre iniziative, fruibili a distanza”, conclude Cristina Bedin.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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