Inaugura a Lecce la Fondazione Biscozzi-Rimbaud
Settanta opere delle oltre duecento della collezione di Luigi Biscozzi e Dominique Rimbaud sono esposte per la prima volta al pubblico in quello che è stato progettato come un vero e proprio museo. Una raccolta di affezioni con ambizioni filantropiche apre a Lecce il 2 marzo.
“Quasi tutte le opere erano esposte nella nostra casa di Milano, era un gran caos, che amavamo molto”, racconta Dominique Rimbaud, compagna di vita e di passioni legate all’arte moderna di Luigi Biscozzi, suo marito scomparso di recente, con cui ha deciso di destinare la collezione concepita in oltre quarant’anni di ricerche al Salento, terra d’origine di “Gigi”.
Il 2 marzo apre i battenti – su prenotazione – la loro Fondazione, diretta da Paolo Bolpagni, in un palazzotto del centro storico della città, acquistato appositamente dalla coppia e restaurato con grande cura e competenza – e uno sguardo “scarpiano” – dallo studio d’architettura Fabrizio e Marco Arrigoni. Nulla di simile esiste in Puglia, per la tipologia della collezione, e quindi si tratta di un vero e proprio unicum nel panorama museale regionale: la raccolta si articola infatti su una panoramica, naturalmente non esaustiva ma dettata da stimolanti predilezioni personali e sguardi d’affezione, su artisti e singoli periodi del loro percorso (molte opere infatti, seppur di dimensioni ridotte, sono degli anni germinali e giusti).
“Ho un debito di riconoscenza nei confronti della mia città, Lecce: mi ha dato la sua bellezza e una base scolastica che mi ha consentito di proseguire gli studi a Milano”, precisò Biscozzi.
LA STORIA DI BISCOZZI E RIMBAUD
Nome prestigioso nell’ambito della consulenza fiscale e tributaria in Italia, Biscozzi avvia la sua passione per il collezionismo sul finire degli Anni Sessanta, poco più che trentenne. Nel 1970 conosce a Parigi Dominique Rimbaud, poi al suo fianco per quarant’anni. Insieme frequentano gallerie, musei e fiere d’arte contemporanea, anche fino agli ultimissimi anni. Oltre 200 saranno le opere raccolte in appassionate ricerche, viaggi e percorsi attorno alla radice germinale di certa astrazione e di un certo informale, senza dimenticare il discorso sulla pittura analitica. Cosa emerge dal percorso rigoroso e sistematico concepito dall’ottimo studioso Paolo Bolpagni al piano superiore del palazzo, dove è allestita la collezione permanente, mentre una sintetica appendice è collocata in un disimpegno dislocato tra le sale delle mostre temporanee, che ospitano una bella mostra di Savelli, e i bagni al piano terra? Certamente amori a prima vista – “sono particolarmente legata al piccolo Licini, regalo di Gigi, tanto che è anche nella copertina del catalogo, un’immagine simbolo, è stato il primo dipinto a essere appeso”, racconta Dominique Rimbaud – e anche scelte specifiche, che hanno riguardato altresì percorsi meno battuti dal sistema dell’arte ma al contempo pregnanti e fondamentali per una ricostruzione delle vicende creative italiane di certi decenni: da Rodolfo Aricò a Kengiro Azuma, da Aldo Calò a Vittorio Matino, Umberto Milani, Bepi Romagnoni e Ettore Sordini; insieme a big quali Pierre Alechinsky, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Giorgio Griffa, Jean Fautrier, Hans Hartung, Francesco Lo Savio, Fausto Melotti, Mario Nigro, Achille Perilli, Paolo Scheggi e altri nomi, tra cui i salentini Salvatore Sava e Michele Guido.
LE OPERE IN MOSTRA ALLA FONDAZIONE BISCOZZI-RIMBAUD
Quindi una panoramica a maglie larghe, assolutamente sfaccettata, capace però di farci intravedere specifiche predilezioni legate a certa sperimentazione e comunque sostanzialmente a un’idea di “quadro” declinata su versanti anche opposti lungo oltre quarant’anni di percorsi, individuali e non solo, nei meandri del Novecento tra Italia ed Europa, soprattutto. Ma il percorso parte con alcuni capisaldi made in Italy del secolo scorso, nella prima saletta che è tra le più preziose, con una piccola scultura di Arturo Martini – allestita magnificamente ‒, un dipinto di De Pisis e, tra le altre opere, due carte germinali di Luigi Veronesi, acquisite tutte in tempi recentissimi. Un allestimento assolutamente sobrio, capace di tenere insieme opere legate da parentele e connessioni, e al contempo di non offuscare l’architettura senza per questo farsi sovrastare dai suoi materiali peculiari – la pietra leccese –, è uno dei punti di forza di questa raccolta così pregevole.
LA COLLEZIONE BISCOZZI-RIMBAUD
“Era una collezione che già parlava, andava semplicemente messa in fila, analizzata e interpretata, è una collezione che già comunicava come dovesse essere disposta”, precisa Bolpagni, che aggiunge: “Già nell’agosto 2018 redassi la prima selezione delle opere da esporre, avevo visualizzato il percorso, l’organizzazione delle sale, questo primo documento fu discusso sia con Dominique che con Gigi, che fece suggerimenti, osservazioni. Arrivammo così a una prima, concreta, ipotesi di selezione condivisa con entrambi. L’allestimento è frutto in maniera importante di ciò che Gigi fece in tempo a indicarci”. Secondo il direttore della Fondazione, “il percorso prevede per l’apertura un itinerario cronologico e per tipologie stilistico-formali di circa settanta opere: dalle origini del contemporaneo alla sezione sull’informale in Italia e in Europa, per passare poi al filone astratto-geometrico e cinetico-programmato, alla pittura analitica e, infine, alle ricerche che oltrepassano gli statuti tradizionali del quadro e della scultura”. “Ci siamo rivolti alle istituzioni e sfortunatamente le istituzioni non avevano e non hanno spazi disponibili adatti” ‒ racconta Dominique Rimbaud ‒ “Gigi parlava del caso, credo che in tutta questa nostra utopia che è diventata solo sogno e poi è passata alla realtà, ci sia il caso”.
In questa utopia c’è una ambizione evidentemente filantropica, non a caso al piano terra dell’edificio c’è una piccola biblioteca di storia dell’arte e un laboratorio didattico. Quindi la Fondazione nasce con “carattere educativo, nel senso più alto del termine, per mettere a disposizione del pubblico una collezione d’arte come strumento per aiutare le persone ad avvicinarsi all’arte moderna e contemporanea” ‒ come puntualizza Rimbaud – e per ottenere tale scopo non si potrà prescindere da un confronto serrato con le realtà pubbliche e private che operano in Puglia, quindi scuole e associazionismo, soprattutto, e – ovviamente – da un reale dialogo con le realtà giornalistiche attive lì. E su questo c’è ancora un impegno sistematico da praticare.
‒ Lorenzo Madaro
www.fondazionebiscozzirimbaud.it
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