Storie di draghi e cavalieri alla Galleria di Palazzo Cini a Venezia
La Fondazione Cini festeggia il suo 70esimo anniversario ospitando il “San Giorgio e il drago” di Paolo Uccello. E anche con una versione rinnovata della mostra su Piranesi e Basilico inaugurata lo scorso anno.
Abbiamo visto negli ultimi mesi quanto sia importante per i musei fare rete tra loro. La Fondazione Cini lo sa bene e infatti ha avviato da anni l’iniziativa L’ospite a Palazzo, portando in laguna opere straordinarie come L’evangelista Marco di Mantegna (2016) e la Madonna di Pontassieve di Beato Angelico (2015), frutto di scambi con altre importanti istituzioni internazionali. Questa volta il gradito ospite è San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, prestato dal Musée Jacquemart-André di Parigi in cambio de Il giudizio di Paride di Botticelli e bottega, che verrà esposto in Francia a settembre per la mostra dedicata al maestro fiorentino.
VIAGGIARE CON L’ARTE
“Prima degli incontri virtuali, dei social network, delle iniziative online, l’arte era l’unica e più potente forma di storytelling”, afferma Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione. Più duratura di un post o di una storia su Instagram, ha per secoli raccontato di luoghi e popoli lontani nel tempo e nello spazio, consentendo alle persone di viaggiare senza spostarsi. Questa volta l’opera arrivata fino a noi più che muoversi sembra tornare a casa. Non solo perché Venezia è da sempre il ponte fra Oriente e Occidente, il luogo in cui si raccontano storie di draghi e di battaglie fra bene e male, ma perché proprio San Giorgio è il simbolo della Fondazione.
IL SAN GIORGIO DI PAOLO UCCELLO
Il dipinto di Paolo Uccello (Pratovecchio, 1397 – Firenze, 1475) stupisce non solo per la brillantezza dei colori, per l’accenno di impianto prospettico che sembra sfidare, quasi con timidezza, la bidimensionalità della tavola, facendo capolino soprattutto nei dettagli, dagli artigli del drago alle “borchie” che ne ornano minacciose le ali. Ancor più stupefacente è il paesaggio che, da rigoroso, di gusto senese, sulla sinistra diventa tumultuoso, onirico, quasi collassato su sé stesso a destra. A dividere questi due scenari una grotta, spogliata di ogni naturalità, quasi una tensostruttura, un’architettura contemporanea che curiosamente piomba dal passato nella Venezia della Biennale. Il drago e il santo sono impegnati in una lotta dinamica controbilanciata dalla ieraticità medievale della principessa. L’opera, a cavallo fra tardo gotico e Rinascimento, come una “navicella” che attraversa lo spazio-tempo, allunga le sue braccia fino ai giorni nostri.
PIRANESI E BASILICO
Al piano superiore riapre Piranesi Roma Basilico, inaugurata lo scorso anno e ora arricchita di undici nuove incisioni di Giambattista Piranesi e altrettanti scatti di Gabriele Basilico. Per la mostra del 2010, Le Arti di Piranesi, la Fondazione commissionò infatti al fotografo milanese un lavoro di ripresa della serie piranesiana de Le Vedute di Roma. Non una semplice giustapposizione, un incontro d’occasione, ma un dialogo fitto, da cui emergono profonde affinità, riconosciute dallo stesso Basilico durante l’esecuzione del lavoro. Entrambi architetti, finirono per occuparsene solo indirettamente. La sensibilità comune per la costruzione dell’immagine, quasi fosse essa stessa un progetto architettonico, affiora nella rappresentazione di edifici e rovine, dimenticati per volontà o distrazione, che come frammenti restituiscono una Roma immaginaria e reale, possibile nella sua verosimiglianza. Sicuramente fuori dal tempo, tant’è che le incisioni piranesiane si fanno attualissime vicino a Basilico, e gli scatti, se non fosse per la tecnica impiegata, potrebbero tranquillamente essere rilegati in un volume del Settecento.
‒ Irene Bagnara
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