To the Moon and back. Scienza, arte e missioni spaziali
Dalle avanguardie storiche di inizio XX secolo fino agli Anni Dieci del nostro secolo: vi accom-pagniamo in un breve e affascinante viaggio attraverso i rapporti fra artisti e scienza, in par-ticolare le missioni spaziali dirette sulla Luna.
Fin dal Rinascimento, i concetti di spazio e tempo hanno sempre esercitato una grande fascinazione su artisti e teorici, fino a diventare il motore di quei precetti ineludibili su cui si fondano le idee e le intuizioni che hanno portato all’avanzamento del pensiero umano e all’idea stessa di futuro e progresso.
FISICA E AVANGUARDIE STORICHE
È solamente nel secolo scorso, però, che gli artisti manifestano un autentico credo nelle rivoluzioni scientifiche. Lo spirito del Futurismo è permeato da una fede incondizionata in tecnologia e progresso. L’introduzione della quarta dimensione in pittura, propria delle avanguardie di inizio Novecento, sancisce una rottura con il passato, con l’univoco punto di vista dell’immagine naturalistica. Albert Einstein, con la sua Teoria della relatività, porta al superamento del sistema fisico newtoniano, rivoluzionando di fatto la fisica e il modo in cui interrogare l’universo. Così, la dimensione spazio-tempo diventa una fortissima forma espressiva del linguaggio artistico.
I movimenti artistici di inizio secolo non avrebbero avuto quella potenza viscerale se non avessero trovato nelle contemporanee scoperte scientifiche le fucine scoppiettanti di quella rivoluzione concettuale e di gusto che ha investito il mondo culturale occidentale. Mondrian, Klee, Kandisky e la loro scelta di affidarsi a un linguaggio astratto era anche conseguenza della reinterpretazione della visione delle cose in chiave neoplatonica, in accordo con le nuove conoscenze della fisica quantistica. Asimmetria, rigore, spazi e righe si fanno manifesto del superamento dell’apparenza delle cose concrete al fine di scoprire le forme universali, laddove l’arte può essere grande solo quando suscita un’esperienza interiore delle leggi cosmiche, come sosteneva Kandisky.
Non è di certo un caso che la poetica e il linguaggio artistico di uno degli uomini più geniali del secolo scorso, padre riconosciuto dell’arte concettuale, Marcel Duchamp, siano stati profondamente influenzati dal fisico e matematico Henri Poincaré, i cui studi riguardavano i cambiamenti concettuali legati alla scoperta dei raggi X, della radioattività e dell’elettrone.
ENERGIA ATOMICA E MOVIMENTO NUCLEARE
Così l’arte, vista come manifestazione dello spirito del tempo, lo Zeitgeist, non può prescindere dalla sua relazione con la scienza. Lo sviluppo della fisica nucleare, che ha portato agli eventi catastrofici di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, ha svolto un ruolo decisivo nella nascita di nuovi movimenti, come il Movimento Arte Nucleare di Enrico Baj e Sergio Dangelo. Nel Manifesto della Pittura Nucleare si legge: “Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sono quelle dell’universo atomico. Le forze sono le cariche elettriche. […] La verità non vi appartiene: è dentro l’atomo. La pittura nucleare documenta la ricerca di questa verità”.
Sempre le esplosioni atomiche provocano in Salvador Dalí una vera e propria “scossa sismica” che lo porta ad avere come oggetto delle sue rappresentazioni pittoriche l’atomo. È il periodo del suo Misticismo Nucleare o Atomico, in cui abbandona le visioni erotico-surrealiste per abbracciare tematiche classiche e cristiane permeate però da concetti scientifici, come la scissione dell’atomo.
LUCIO FONTANA E LE MISSIONI APOLLO
Nel 1948 a Milano, Lucio Fontana pubblica il Manifesto dello Spazialismo. Nella serie dei Concetti spaziali, la forza gestuale si unisce alla concezione spaziale, si delineano galassie e nebulose cosparse di polveri scintillanti. È l’era della corsa allo spazio, delle Missioni Apollo e dell’allunaggio. Nel fatidico 1969 Fontana afferma: “La scoperta del Cosmo è una dimensione nuova, è l’Infinito: allora io buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita”. Da quel taglio così netto e tangibile, lo spazio è di fatto entrato nell’opera d’arte, attraversandola e diventandone protagonista. L’arte è fatta della stessa sostanza dell’universo: di spazio e materia.
Da questo momento le scienze spaziali entrano a far parte della vita quotidiana dell’uomo, della società e, per estensione, dell’arte stessa. La frase “un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità” apre la strada a infinite possibilità. Ampliare lo sguardo, toccare altre superfici, immaginare qualcosa di più lontano da noi: questa la missione degli artisti di fine Novecento.
IL FASCINO DELL’ALLUNAGGIO NELL’ARTE ITALIANA
Le Superfici Lunari di Giulio Turcato (serie avviata nel 1965) evocano costellazioni, mappature astronomiche, itinerari galattici. Del resto, la conquista dello spazio rende esperibile la realtà fisica dell’universo e l’artista modenese rimane sempre più affascinato dall’astronomia e dal volo spaziale. Nelle sue tele, materiali come sabbia, gomma piuma e colori a olio danno vita a mondi alieni rivelando tutta la capacità evocativa della forma.
A Roma, nel 1968, pochi mesi prima dello sbarco sulla luna, Fabio Mauri, uno dei maestri dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra, realizza l’installazione estremamente poetica Luna, riproducendo lo scenario dell’allunaggio. “Fabio Mauri, entro uno spazio chiuso cui si accedeva da un boccaporto ovoidale, a mo’ di astronave, cosparse il fondo di perlinato di polistirolo, tra cui i piedi dei visitatori affondavano, a immagine del suolo lunare, dove ci si poteva anche sedere o distendersi, con il polistirolo che si attaccava ai vestiti. Il titolo era Luna, l’allunaggio avvenne poco dopo“. Così Maurizio Calvesi descrive l’installazione nel catalogo della mostra Roma anni ’60. Al di là della pittura (Palazzo delle Esposizioni, Roma 1990). Luna ha fisicamente “proiettato” il pubblico in un mondo artificiale, rompendo i confini tra esperienze reali e virtuali, tra i ruoli dello spettatore e dell’attore.
Eliseo Mattiacci ha basato gran parte della sua carriera cercando di dare forma all’ordine cosmico. Un grande innovatore, con la mente rivolta oltre i limiti del vedere comune (il suo sogno era mandare una delle sue sculture in orbita nello spazio). Nel giugno 1984, al Kunstforum di Monaco di Baviera, realizza l’installazione di grandi dimensioni Alta tensione astronomica, in cui l’artista si concentra sull’uso dei metalli evocando il forte legame tra l’uomo, lo spazio e le energie fisiche. Nelle sue installazioni generalmente utilizza materiali come lastre di acciaio, sfere di ghisa ed elementi in ferro per ricreare le traiettorie celesti e i cerchi concentrici degli ordini cosmici.
LA NASA E L’ARTE NEGLI STATI UNITI: RAUSCHENBERG E WARHOL
Anche negli Stati Uniti gli artisti non smettono mai di trarre ispirazione dalle scienza spaziale e, in particolar modo, dall’allunaggio. Nel 1962, al fine di rendere più accessibili al pubblico lo spazio e le avventure lunari, la NASA ha incaricato alcuni artisti di raccontare il programma spaziale attraverso la loro sensibilità, mettendo a loro disposizione grafici, mappe e fotografie relative alle missioni Apollo.
Robert Rauschenberg non solo è stato uno dei primi artisti a utilizzare quei materiali, ma fu anche invitato a Cape Canaveral nel 1969 per assistere al lancio dell’Apollo 11, il primo volo spaziale con equipaggio sulla superficie lunare. Da qui ha origine la sua serie Stoned Moon, composta da trentaquattro litografie. Il senso di ottimismo per il futuro e il progresso intrinsecamente contenuto nelle litografie era una risposta chiara e forte al senso di perdita che la Guerra del Vietnam aveva ineluttabilmente lasciato nella società americana.
Lo sbarco sulla Luna è entrato così tanto a far parte dell’immaginario collettivo da ispirare anche uno dei soggetti dell’artista pop per eccellenza, Andy Warhol. Il suo famoso Moonwalk mette in relazione la società dei consumi di massa con le scienze spaziali, come due lati indissolubilmente collegati di uno stesso processo, quello capitalistico.
SCIENZA E ARTE CONTEPORANEA: LUKE JERRAM E OLAFUR ELIASSON
Al giorno d’oggi, lo sviluppo tecnologico ha portato a nuove frontiere non solo per quanto riguarda l’esplorazione spaziale ma anche per quel che concerne la ricezione e la conseguente interpretazione di questa da parte degli artisti. È il caso dell’artista britannico Luke Jerram che, con la sua installazione Museum of the Moon (2016), ha portato in giro per il mondo una gigantesca Luna di 7 metri di diametro sulla quale venivano proiettate le immagini della superficie lunare fornite dalla Nasa.
Anche Olafur Eliasson incentra il suo lavoro sul rapporto tra arte e scienza. Attraverso un processo di materializzazione percettiva e visiva, cambia la consueta percezione delle cose, offrendo nuovi strumenti intellettuali per definire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente. In The Weather Project (2003) l’artista ha trasformato l’iconica Turbine Hall della Tate di Londra in un luogo intimo per accogliere i visitatori. Ha utilizzato il potere evocativo del Sole per realizzare un enorme scultura che si lega all’esperienza dello stare insieme ad altri visitatori, creando nuove forme di aggregazione esistenziale.
La fisica, l’antropologia, la filosofia, le scienze spaziali, sono tutte forme di conoscenza, rappresentate e descritte nell’arte contemporanea anche o, meglio, soprattutto in maniera simultanea. L’arte è una disciplina interdisciplinare in senso tautologico, non c’è separazione tra pensiero scientifico e pensiero umanistico. La fusione di saperi diversi trasforma un’opera d’arte in qualcosa che porta avanti il piacere estetico e parla direttamente alle nostre coscienze, per una comprensione istintiva dove si attua l’umanizzazione della complessità.
‒ Giovanna Batolo
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