Ripartire dalla cura per i musei di domani. Parla Lorenzo Balbi direttore del MAMbo di Bologna
Il tema della “cura” è complesso e riguarda campi molto diversi fra loro. Ma cosa succede quando è affiancato alla cultura e all’idea di museo? Partono da qui le riflessioni di Lorenzo Balbi.
Mi sono recentemente imbattuto in un saggio di The Care Collective, dal titolo Manifesto della Cura – Per una politica dell’interdipendenza, che pone al centro della riflessione sulle politiche sociali contemporanee il concetto e il problema della cura.
Di fronte al modello capitalista neoliberale corrente, il cui sistema di welfare ha dimostrato numerose falle nel corso dei mesi più duri della crisi pandemica, il collettivo propone “uno stato della cura”, la cui democrazia è orientata ai bisogni collettivi, individuando nel diritto alla cura la principale responsabilità politica. L’aspetto più interessante del testo è l’assunto che non basta uno Stato centrale votato a tali scopi, ma che sia necessario sviluppare la consapevolezza comune dell’interdipendenza che ci lega. La cura promiscua, intesa come relazione tra estranei basata su un mutuo soccorso vicino e prossimo ma non necessariamente familiare, è proposta come un primo passo a quello che mi auguro possa essere un radicale cambiamento sociale e politico.
“La cura è il primo passo per un radicale cambiamento sociale e politico”.
Ma come è possibile portare questi intenti all’interno di un museo d’arte contemporanea?
Iniziando a trasformare la nostra idea di museo, da luogo espositivo e di conservazione di patrimoni a centro culturale capace di ingaggiare diversi pubblici, operando in modo attivo alla delineazione di una proposta culturale che mira alla trasformazione sociale. Progetti educativi, programmi di residenza e strutture di formazione di lunga durata possono proporre il museo come un’istituzione orientata alla comunità artistica, che volutamente si rivolge ai suoi bisogni e alla sua crescita. È questo che ha guidato l’idea di istituire uno spazio di produzione permanente all’interno del MAMbo che, sotto il nome di Nuovo Forno del Pane, potesse accogliere e sostenere le artiste e gli artisti della propria città. Inizialmente nato dalla conversione della Sala delle Ciminiere da spazio espositivo ad area di lavoro condiviso, oggi il progetto si sta instaurando in una propria sede diventando il centro di un nuovo dipartimento del museo, votato alla ricerca e alla formazione.
CURA E CURATELA
Così come il modello di uno “stato della cura” non si può sostenere se non grazie a una pratica radicale di cura reciproca dal basso, allo stesso modo il museo diventa una piattaforma in cui lasciare che diverse entità si incontrino per poi creare spontaneamente alleanze.
Il problema della cura può inoltre ispirare nuove metodologie curatoriali per creare relazioni di attenzione con il pubblico e metterlo nella posizione di riflettere su possibili contro-azioni alla sempre più frequente perdita di contatto e socialità. Dear you è un progetto che, di fronte alla diffusione della crisi pandemica, ha deciso di invitare sei artisti, da sempre legati alla ricerca sulla parola e alla delineazione di nuove pratiche di cura, amore e lealtà, a concepire un’opera d’arte che fosse recapitata a casa del pubblico via posta. La mostra ha cercato inoltre di infiltrarsi nella vita di ognuno degli iscritti, nascondendosi tra le bollette e le comunicazioni condominiali per arrivare tra le mani del destinatario come un attimo di sorpresa, innescando dinamiche di attenzione più sottili e individuali.
‒ Lorenzo Balbi
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #24
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