Palazzo Maffei a Verona: non il solito museo
Inaugurato in piena pandemia, il progetto espositivo di Palazzo Maffei si amplia al piano superiore dell’edificio seicentesco: otto nuove sale, una project room, un teatrino per eventi culturali. E un allestimento firmato Gabriella Belli
Una piccola sala buia. Al centro, una scultura dalle forme tondeggianti che, avvicinandosi, si riconosce come un bocciolo artificiale. Sensibile alla presenza umana, lentamente si schiude e le luci si accendono, dando vita a un’atmosfera di grande suggestione. Si tratta del Lotus Maffei, un fiore intelligente creato da Daan Roosegaarde per la project room di Palazzo Maffei, e rappresenta uno degli incontri più emozionanti del nuovo percorso espositivo inaugurato al secondo piano dell’edificio. Ed è anche uno dei tanti gioielli della collezione straordinariamente ampia di Luigi Carlon – di cui vi avevamo già parlato qui ‒ che non cessa di arricchirsi mediante nuove acquisizioni, nonché di espandersi nelle sale al secondo piano del palazzo, anche queste rese accessibili al pubblico che può così fruire di un museo decisamente originale.
LA COLLEZIONE DI LUIGI CARLON
Tra le sale spicca un altro “tesoretto” che, sotto il titolo Sulla natura dello spazio e della materia, riunisce un gruppo di opere di Lucio Fontana, Fausto Melotti, Alberto Burri, Piero Manzoni e Carla Accardi. È un tesoretto non tanto per il valore economico di quei lavori – ovviamente non trascurabile – ma perché è percepito come tale dallo stesso collezionista che ha raccolto opere di tutte le epoche, realizzate in materiali diversi e afferenti anche all’alto artigianato e alla manifattura: il suo cuore però batte per le correnti minimaliste affermatesi in Italia dalla fine degli Anni Cinquanta del Novecento. Gli autori prediletti peraltro non sono confinati nella sala dedicata, e fanno capolino qua e là, come succede a un taglio rosso di Fontana accostato a una Crocifissione a fondo oro del Secondo Maestro di San Zeno.
LE OPERE IN MOSTRA A PALAZZO MAFFEI
Questa e le altre sette nuove sale sono state allestite da Gabriella Belli con lo scopo di stimolare delle “meditazioni” e invitare i visitatori a riflettere e a lasciarsi trasportare da un sistema di rimandi tra un’opera e l’altra e tra queste e il loro contenitore. Come accade nella sala Antiquarium, che accosta reperti antichi – un omaggio al sito su cui sorge il palazzo, che appoggia le fondamenta su un tempio romano – ai Gladiatori di Giorgio de Chirico e a uno ieratico Testimone di Mimmo Paladino. Oppure nell’ambiente intitolato Sulla metamorfosi del paesaggio e la “bella natura” – anche i titoli delle sale contribuiscono all’originalità del museo –, dove agli affreschi di paesaggio esistenti ab antiquo si sovrappongono gli interventi contemporanei di Chiara Dynis che riprendono due aforismi sulla natura scritti da Wolfgang von Goethe. Tutto sotto lo sguardo innocente di un grazioso Amorino di Canova.
PALAZZO MAFFEI: UN MUSEO NON CONVENZIONALE
La visione classica del museo viene scardinata sala dopo sala, sorprendendo e talvolta scandalizzando anche i visitatori più conservatori, che a un certo punto incontrano un allestimento – magnifico – di cornici vuote: “Tutte le cose del mondo stanno in un perimetro e il mondo stesso è un confine” è la presentazione che si legge e che suggerisce pure di aprire gli occhi e osservare oltre l’opera d’arte, oltre i quadri “belli” appesi alle pareti, oltre i progetti fatti “con lo stampino”. Il progetto di Palazzo Maffei è tutt’altro che pensato “con lo stampino”: è frutto dell’impegno di un collezionista eclettico e lungimirante e di una curatrice che con coraggio e profondo intuito ha saputo tradurre i desiderata del collezionista in un viaggio tra le arti e le epoche.
‒ Marta Santacatterina
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