La donna nell’arte in una grande mostra a Brescia
Al Palazzo Martinengo di Brescia vanno in mostra le figure femminili ritratte dai grandi pittori del passato. Da Tiziano a Boldini, una panoramica sulla condizione della donna attraverso le epoche. Senza dimenticare l’apporto delle artiste
Quasi un centinaio di opere esposte, appartenenti a un arco di cinque secoli e divise in otto sezioni, un omaggio alla varietà e alla versatilità femminile, ma anche un mosaico di emozioni, un florilegio di incanti visivi, un variegato scrigno di rarità: Donne nell’Arte. Da Tiziano a Boldini, a cura di Davide Dotti, è un’occasione per ammirare capolavori inediti, curiosità stravaganti, appetitose confetture di piccoli maestri di provincia.
Si parte dunque alla grande con la Maddalena penitente di Tiziano: lacrimosa e struggente, uscita per la prima volta dai penetrali di una collezione privata tedesca, è una variazione su un tema caro al maestro veneto, all’altezza delle sue opere più celebrate e famose. Le stanno accanto altre sante ed eroine, tra cui l’ispirata Sant’Agnese del Guercino. Da qui ci addentriamo nei territori della mitologia e dell’antichità, e passiamo in rassegna divinità statuarie e compiacenti, come la Venere di Luca Longhi, amanti risolute e devote, come l’Artemisia di Francesco Cairo, e regine orgogliose e disperate, come la Cleopatra di Giovanni Andrea De Ferrari.
GLI ARTISTI IN MOSTRA A BRESCIA
Nella sezione dei ritratti il termometro emozionale varia dalla composta severità neoclassica della Francesca Lechi dell’Appiani all’ariosa spensieratezza della fanciulla effigiata in Un colpo di vento, dipinto da Gaetano Bellei all’inizio del Novecento e immagine-simbolo della mostra, tutto un palpitar di veli e di moine attivato da un tratteggio soffuso di filamenti luminosi.
A metà del percorso assistiamo a un cambiamento di soggetto: frutta, fiori, vasellame, la donna se ne sta fuori dal quadro e si impone alla nostra attenzione come autrice di nature morte. Spiccano le tempere di Giovanna Garzoni, che coniugano grazia eterea e botanica precisione, e un trittico di frutta di Fede Galizia, caravaggescamente aggiornato. Oltre alle due “mirabili pittoresse” seicentesche, da notare l’inaspettata presenza di Amanzia Guérrillot Inganni, una delle tante sorprese dell’esposizione, con due tele a pendant di soggetto ornitologico e floreale, eseguite nel 1860.
I TEMI. DALLA MATERNITÀ AL LAVORO
Chiusa questa parentesi si prosegue con scene di maternità e quotidianità, ora cupe e intristite nella miseria, come nella Madre del Ceruti, ora allietate da una spensieratezza bambinesca, come nell’iperrealismo in versione Belle Époque delle Gioie infantili di Gaetano Chierici. Da qui accediamo alla sezione sociologicamente più rilevante, riguardante la sfera del lavoro: nelle campagne, nelle manifatture, negli interni domestici.
Ed ecco infine, a concludere il capitolo più ammiccante e sensuale, Giovanni Boldini, che avevamo già incontrato nella sua veste più ufficiale, con uno di quei ritratti in cui il volto della gentildonna di turno non riesce a dissimulare un sentore di ricalco fotografico in contrasto col forsennato svariare di pennellate nelle vesti e nello sfondo: lo ritroviamo alla fine del percorso nella sua versione più moderna, scapigliata ed espressionista, con due splendidi studi di femme fatale, le quali protervamente sembrano voler smentire la famigerata asserzione di Roberto Longhi, che la bellezza femminile sia sempre stata la rovina della pittura.
‒ Alberto Mugnaini
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