L’arte sfrangiata e il suo rapporto con la nostalgia
Secondo capitolo dei mini saggi di Christian Caliandro sull’arte sfrangiata e sulle sue peculiarità nel contesto creativo contemporaneo
L’arte sfrangiata non è lineare – è frammentaria.
21 febbraio 2022. Proprio la linearità ‘narrativa’ è uno dei mali principali della nostra epoca. Il fatto che non solo ogni storia (proposta e fruita) debba avere inizio svolgimento e necessariamente fine (un lieto fine), ma che questa struttura sia imposta alle vite e alle opere. Non sembra più concepibile un’opera che sfugga a questa dinamica, che sia pensata e fatta altrimenti.
L’arte sfrangiata è contro la nostalgia.
Che vuol dire? Contro la disposizione attuale a considerare come “contemporanee” le forme artistiche degli Anni Sessanta e Settanta (cioè: di 50 anni fa); anzi, ancora meglio, l’immagine che di quelle forme è stata tramandata – e tradotta – dai decenni successivi, e di cui disponiamo oggi.
Questo fa sì che vengano privilegiate le riproposizioni di vecchie formule, trite e ritrite. Come risultato principale il nuovo – cioè quello che sarebbe davvero contemporaneo – scompare alla vista. Ciò tuttavia illumina almeno in parte una questione parecchio più ampia: la natura profondamente regressiva e conservatrice di questo periodo, che privilegia inevitabilmente – e trova addirittura seducenti – forme regressive e conservatrici. Si riconosce e si rispecchia in esse.
La nostalgia ci permette dunque di rifugiarci in quello che consideriamo sicuro, una forma idealizzata del passato, depurata degli elementi scomodi e incompatibili con l’oggi, una forma quindi apparentemente comoda. Un inganno. (Quali sono invece le caratteristiche che rendono scomodo il presente?)
L’arte sfrangiata è tale perché sceglie di perdere i suoi margini, e di fondersi con i margini scomodi, e tristi, e problematici, del presente. Rifiutando quindi un approccio che consiste nell’entrare in comunicazione con il presente attraverso il passato, servendosi dell’immagine nostalgica del passato, dei suoi codici e delle sue convenzioni.
Compito della critica è dunque distinguere ciò che è nuovo – da ciò che non lo è (ma appare soltanto come tale). Per fare questo – anche solo per proporre questo – ci vuole un accordo di fondo sulla natura del nuovo. (Quindi: che cos’è il nuovo? Che cos’è il contemporaneo? Sono la stessa cosa? È possibile che a un certo punto si siano separati? È possibile che siano diventati addirittura opposti?)
Francis Ford Coppola, l’altro giorno: “Il cinema deve tornare a essere un’arte personale e individuale scevra da formule prestabilite”. Differente cioè da un cinema inteso come serie finita di temi e di situazioni ripetuti all’infinito, con dentro sempre la “stessa roba” (che serve tra l’altro a giustificare gli altissimi budget dei blockbuster): esiste di certo un parallelo tra il sistema cinematografico e il sistema artistico di questi anni, che andrebbe indagato.
LE CARATTERISTICHE DELL’ARTE SFRANGIATA
L’arte sfrangiata fuoriesce.
L’arte sfrangiata è un modo possibile di cercare di uscire dalla gabbia e dalle gabbie, dagli schemi e dagli obblighi, dai programmi e dagli ordini. Dall’ordine.
L’arte sfrangiata è costantemente contraddetta e fraintesa.
L’arte sfrangiata non include l’altro – ma è la fusione tra io e altro.
L’arte sfrangiata è la zona dell’alterità e dell’alienazione. L’arte sfrangiata è uno spazio alieno. (In che senso? Chi / che cosa è l’Altro / l’Alieno, oggi?)
L’arte sfrangiata non si accontenta – ed è proprio contro la pratica esistenziale dell’accontentarsi.
28 febbraio 2022. L’arte sfrangiata interrompe finalmente il giochino a cui siamo abituati, assuefatti ormai, la strizzatina d’occhio tra gli ‘appartenenti’ al ‘mondo’ dell’arte, il non-voler-dire-niente stupidamente compiaciuto dell’opera, e il far finta di capire altrettanto stupido e altrettanto compiaciuto dello spettatore fintamente intelligente – e passa dall’altra parte, con un atto di volontà. Abbatte finalmente il muro – o meglio, lo attraversa, come scriveva van Gogh: “Che cos’è disegnare? Come ci si arriva? È l’azione di aprirsi un varco attraverso un invisibile muro di ferro, che sembra trovarsi fra ciò che si sente, e ciò che si può. In che modo bisogna attraversare questo muro, dato che non serve a niente colpire con forza, bisogna minare questo muro e attraversarlo con la lima, lentamente e con pazienza secondo me” (lettera citata in Antonin Artaud, Van Gogh. Il suicidato della società, Adelphi 2000, p. 40).
‒ Christian Caliandro
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