Il Surrealismo, la magia e l’occulto. Grande mostra alla Guggenheim di Venezia
Nel solco del rinnovato interesse per il Surrealismo, protagonista anche alla Biennale di Cecilia Alemani, la Collezione Peggy Guggenheim offre uno sguardo inedito sul movimento di Breton e compagni. Analizzandone la fascinazione per la magia e tutto ciò che è “nascosto”
Tra Peggy Guggenheim è il Surrealismo si dipanava un filo mai interrotto, ordito con cura dalla mecenate che trovò nelle opere nate all’ombra del Manifesto di André Breton – suo amico insieme a Max Ernst – uno dei fulcri dell’essere collezionista. La mostra allestita alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia raccoglie idealmente il testimone dalle rassegne ospitate da Peggy sia nella galleria newyorkese Art of This Century sia a Palazzo Venier dei Leoni, la sua dimora sul Canal Grande che oggi ne ospita la raccolta e che fa da cornice alle mostre temporanee di cui Surrealismo e magia. La modernità incantata è un fulgido esempio.
LA MOSTRA SUL SURREALISMO A VENEZIA
Curata da Gražina Subelytė, associate curator della Collezione, e frutto del dialogo con il Museum Barberini di Potsdam, la rassegna trae origine dalla tesi di dottorato della curatrice al Courtauld Institute of Art di Londra, ormai sette anni fa, eppure la sua attualità resta intatta. Complice la “riscoperta” del Surrealismo in un momento storico, come quello in cui viviamo, incredibilmente simile al periodo nel quale si sviluppò la sua poetica. Breton e compagni si trovarono a fronteggiare le conseguenze di una guerra mondiale destinata a ripetersi, scegliendo di opporre alla cruda insensatezza del presente il potere dell’immaginazione, della sfera onirica, della magia e dell’universo alchemico.
Come sottolinea la curatrice fra le pagine del catalogo, “in un’epoca di conflitto globale senza precedenti, i surrealisti si dedicano alla magia e all’occulto anzitutto in quanto metafore di cambiamento, se ne servono come narrazioni simboliche con cui configurare la loro fiducia in un periodo di guarigione dopo la guerra”. Per farlo, i surrealisti si immergono in ciò che sta sotto la superficie – del mondo così come lo conosciamo, della coscienza, del dato sensibile –, spostando in avanti (o in profondità) il confine che separa il “sopra” dal “sotto”.
IL SURREALISMO E L’OCCULTO
Questa dinamica emerge dall’itinerario espositivo della mostra veneziana, che accosta opere – molte delle quali custodite dalla Collezione Peggy Guggenheim e altre concesse in prestito da musei e raccolte internazionali – innestate sul limite sottile ma netto che divide il mondo esperibile da quello “occulto”, nascosto. Se si sceglie questa chiave di lettura, è inevitabile cogliere nei tanti occhi che punteggiano l’esposizione – da quelli penetranti e molteplici della Vestizione della sposa di Max Ernst a quelli vitrei e stilizzati della Ofelia di André Masson, da quelli speculari de La fine del mondo di Leonor Fini alle pupille strette nel Pugno di Enrico Donati e al suo Malocchio – dei punti di contatto tra il “visibile” e il “sotterraneo”, dei mezzi per varcare soglie o aprire la strada a immaginari che mettono in discussione la certezza del conosciuto. Lo specchio – o meglio il rispecchiamento – è il mezzo privilegiato per accedere all’ignoto – basti pensare alla Donna allo specchio di Paul Delvaux o a Lo specchio di Dorothea Tanning –, chiave d’accesso al doppio e a una dimensione “altra”, che può coincidere con le atmosfere notturne suggerite da Remedios Varo, con il Rituale di Leonora Carrington e anche con la nera ineluttabilità dell’Idillio melanconico atomico e uranico di Salvador Dalí.
La mostra veneziana ha il merito di aver intessuto una narrazione precisa, lontana dai sensazionalismi ma potentissima nel riunire opere raramente esposte come quelle di Carrington, Fini e Varos, tre donne che testimoniano il ruolo chiave giocato dalle artiste nel movimento surrealista e difeso dai colleghi. Decisi sostenitori del superamento delle gerarchie di una società a impronta patriarcale, come attesta la celebrazione dell’androginia quale strumento per erodere convinzioni graniticamente binarie.
‒ Arianna Testino
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