L’identikit di Maria di Maddalena in mostra a Forlì

Quante sono le identità della Maddalena? Quali gli episodi che la videro coinvolta, secondo le narrazioni dei Vangeli? E come cambiarono le sue rappresentazioni con il passare dei secoli e sulla base delle preferenze degli artisti e della Chiesa? La mostra ai Musei San Domenico di Forlì, ricchissima di opere, mette a fuoco una donna e santa ancora avvolta nel mistero

Una donna dai lunghi capelli sciolti e vestita di rosso abbraccia la base della croce che regge Cristo morto. Non è la madre, ma Maria di Magdala, e a lei i Musei San Domenico di Forlì dedicano una mostra coraggiosa e delicata. L’intento è compiere un’indagine approfondita su questa figura femminile enigmatica e “travisata”, tanto da diventare, a seconda delle epoche e delle letture dei testi sacri, emblema di peccato, di pentimento, di fedeltà e di sofferenza, ancora di ossessione e amore, di carnalità e santità. “Eppure”, scrive Gianfranco Brunelli nel catalogo, “questa figura avvolta nel mistero è collegata a eventi fondamentali riguardanti il racconto sulla vita e sulla morte di Gesù di Nazareth: la sua morte in croce, la sua sepoltura, la scomparsa del corpo, la sua annunciata resurrezione”. Insomma, fu la “prima testimone di un fatto inaudito”, e pur non rivestendo un ruolo da protagonista e confondendosi talvolta con altre “Marie”, ha affascinato e conquistato i fedeli e gli artisti che fin dal Medioevo si sono confrontati con lei. “L’arte”, scrive ancora Brunelli, “ne ha fatto l’‘oscuro oggetto del desiderio’ della nostra storia”. E di opere d’arte, a Forlì, ce ne sono tante, compresi alcuni capolavori assoluti.

Maddalena. Il mistero e l'immagine. Exhibition view at Musei San Domenico, Forlì 2022. Photo credits Emanuele Rambaldi

Maddalena. Il mistero e l’immagine. Exhibition view at Musei San Domenico, Forlì 2022. Photo credits Emanuele Rambaldi

LA MADDALENA SECONDO GLI ARTISTI

Nel vasto ambiente che fu una chiesa, si svolge il primo episodio della narrazione sulla Maddalena: si tratta naturalmente della sua presenza durante la Crocefissione di Cristo e dei fatti che seguono la morte di Gesù. Le epoche delle opere si mescolano per fornire un racconto di quel dramma su cui poggiano le fondamenta del Cristianesimo: ecco allora che dal Crocefisso di Mello da Gubbio, dipinto attorno al 1340, lo sguardo può correre verso la scultura di Luca della Robbia e raggiungere un sorprendente – forse perché non abbastanza conosciuto – dipinto di Mosè Bianchi del 1879. Deposizione, compianto e sepoltura sono illustrati con lo stesso metodo e lei, Maddalena, c’è sempre: con abiti e acconciature raffinatissime oppure con un grido di dolore sul volto, non la si può mai confondere con altre donne che le stanno accanto. Benozzo Gozzoli, i grandi gruppi in terracotta che segnano la “via emiliana”, le tele di Federico Barocci e Luca Giordano sono solo un’anticipazione della mostra che, con un balzo indietro, torna alle radici dell’“estetica del dolore” da cui sono nati i modelli figurativi utilizzati per la traduzione in immagini della morte di Cristo e degli episodi correlati.

LA MOSTRA SULLA MADDALENA A FORLÌ

Capolavori come il cratere apulo con la morte di Meleagro oppure i rilievi con le menadi danzanti si accostano alle opere più familiari di Mantegna o dei copisti di Raffaello, stabilendo un filo rosso che attraversa il tempo. La ricchezza figurativa del Medioevo predilige la Maddalena nel gruppo delle Pie donne al sepolcro – i pezzi, che qui non elenchiamo, sono straordinari – oppure come protagonista della sua stessa vita: è l’epoca di Jacopo da Varagine, e le vite dei santi diventano degli autentici best seller. Alla Maddalena penitente coperta solo dai lunghi capelli si accosta, soprattutto con i seguaci di Giotto, una figura umanissima che man mano diventa autonoma e si trasforma in una nobildonna elegante, con il vaso degli unguenti (mirofora). Desiderio da Settignano, Antonio del Pollaiolo, Donatello, Masaccio, Carlo Crivelli, Giovanni Bellini, Perugino, Luca Signorelli, Cima da Conegliano: non sono i capitoli di un manuale di storia dell’arte, ma gli autori di autentici capolavori che, uno dopo l’altro, mostrano le tante “maddalene” del Quattrocento, in un percorso rigoroso e da brividi.
L’ingresso nelle sale del primo piano potrebbe far girare un po’ la testa: una “quadreria” affollatissima di dipinti mostra ancora altri volti della protagonista, e con il passare dei decenni si alza sempre più l’asticella dell’erotismo di una santa che si fa amante, ritratta in un’estasi che pare tanto carnale, fino a che la fisicità incontra il patinato neoclassicismo di Canova, il romanticismo di Hayez, le interpretazioni novecentesche. E nell’ubriacatura di volti, di corpi, di gesti di questa galleria di rappresentazioni, si staglia una santa non ancora del tutto compresa e che forse per questo ci attrae e ci affascina.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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