Un nuovo museo a Siena: apre la Casa Museo Palazzo Chigi Zondadari
L’8 maggio apre il palazzo su Piazza del Campo prima inaccessibile al pubblico, con una ampia collezione d’arte moderna e antica e un programma dedicato all’arte contemporanea nella corte interna
Un grande progetto culturale, iniziato prima della pandemia, che finalmente si realizza: l’8 maggio apre a Siena la Casa Museo Palazzo Chigi Zondadari. L’omonimo palazzo in Piazza del Campo – storicamente sede di residenze e uffici chiusi al pubblico – diventa così completamente fruibile per la cittadinanza, che insieme allo straordinario edificio, avrà anche accesso a una ampia collezione permanente di arte moderna e antica custodita al piano nobile. Un’iniziativa che ha previsto degli sforzi considerevoli: “Il palazzo è sempre stato chiuso, aprirlo al pubblico non è stato semplice”, racconta Flavio Misciattelli, presidente della Fondazione Palazzo Chigi Zondadari – come già della Fondazione Pastificio Cerere a Roma – ed erede della antichissima famiglia proprietaria dell’edificio. “Il calore e gli sbalzi potrebbero nuocere al cuoio di Cordova, che ricopre gran parte delle pareti, e lo stesso vale per i pavimenti dipinti. Apriremo prima a piccoli gruppi per un numero limitato di ore al giorno, la mattina, e vedremo come va. Questo primo periodo ci permetterà di capire se fare più gruppi, oppure tornare indietro: nessuno può dircelo prima”. Il programma è quello di tenere il palazzo aperto da maggio al 31 ottobre, in linea con i flussi turistici della città.
PALAZZO CHIGI ZONDADARI A SIENA
Con le sue linee architettoniche in stile tardo barocco romano, Palazzo Chigi Zondadari – il primo edificio che si incontra dallo sbocco del Chiasso Largo nella piazza centrale di Siena – è l’edificio più recente che affaccia sul Campo. Edificato nel Trecento e inizialmente formato da quattro case, il palazzo venne trasformato totalmente nel 1724 per volontà di Giuseppe Flavio Chigi Zondadari, che affidò il progetto di una casa unica all’ultimo allievo del Bernini, Antonio Valeri. Oggi il grande palazzo rettangolare – uno dei più grandi della città, dotato di cinque ordini di finestre, una corte interna, uno scalone d’onore e due maestosi ingressi, uno in Banchi di Sotto e l’altro sul Chiasso Largo – conserva intatte decorazioni, affreschi, pareti in cuoio, mobili originali e capolavori di Placido Costanzi (che ha realizzato affreschi del grande papa Alessandro VII, nato Fabio Chigi), Marco Benefial e Giuseppe Colignon.
LA CASA MUSEO PALAZZO CHIGI ZONDADARI E IL PROGETTO CORTEMPORANEA
Misciattelli, complice la fortunata esperienza con il Pastificio Cerere, ha ideato per il palazzo un progetto parallelo dedicato all’arte contemporanea che animi la corte interna con installazioni site specific: Cortemporanea. Per il primo dialogo con il monumentale edificio e la sua collezione, in apertura proprio l’8 maggio, c’è l’opera Never too Young to make a difference di Pietro Ruffo. “È un progetto autonomo in cui sono coinvolto personalmente”, spiega Misciattelli. “Decideremo di anno in anno che artisti invitare in modo da creare installazioni anche immersive, come nel caso di Pietro, e di riuscire a creare di volta in volta un collegamento tra la collezione permanente e l’arte contemporanea”. Ruffo è anche un trait d’union con la Fondazione Pastificio Cerere e la sua storia: “Nei primi anni del Duemila inaugurai la mostra Interno F.M., e invitai Pietro: arrivarono quattrocento persone, capii l’interesse e nacque il Pastificio. Mi è sembrata la cosa più naturale richiamarlo per inaugurare anche questa Fondazione con lui”.
UNA NUOVA FONDAZIONE PER LA CITTÁ DI SIENA
L’inaugurazione, si spera, restituirà un po’ di aria a una città che ha molto sofferto le difficoltà pandemiche e ancora prima una progressiva desertificazione culturale, tra l’altro lo stesso 8 maggio la galleria d’arte contemporanea di Siena FuoriCampo aprirà la sua nuova sede in città. “L’idea di aprire il palazzo c’era prima della pandemia, già allora Siena era in una posizione sospesa, tra il fallimento di Monte dei Paschi e i problemi dell’Università. Erano venute meno una serie di iniziative culturali ed era un po’ un dispiacere, ma ci siamo chiesti cosa potessimo fare”, racconta Misciattelli. “Ci siamo detti: perché non provare a fare una fondazione e dare una maggiore offerta, di qualità, alla città, mettendo a disposizione un punto di ritrovo che possa attrarre fondi ed entrare in connessione con il lavoro che abbiamo fatto a Roma?”, e così è stato. Quando saranno avviati i progetti e avremo dei collaboratori, prosegue, si porteranno avanti ancora più progetti, magari con la Regione. “Sono nell’età giusta per seminare, e raccogliere più avanti”, conclude Misciattelli, non ancora cinquantenne: “O lo faccio ora o non lo faccio più”.
– Giulia Giaume
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