Dall’Ottocento al contemporaneo: le mostre da vedere al Masi di Lugano

In tre sedi, cinque mostre propongono un panorama vario, diversificato e stimolante. Si passa dagli albori della fotografia all’arte moderna italiana, fino a opere delle star di oggi

Pittura italiana del Novecento e arte contemporanea, fotografia storica e di oggi, monografiche e rassegne a tema: nelle tre sedi del Masi, a Lugano, le cinque mostre in corso (ma c’è anche una selezione di opere della collezione) compongono un panorama vario e diversificato. Del concettuale ironico di Marcel Broodthaers e della fotografia di James Barnor vi abbiamo già parlato nel dettaglio. Qui le altre tre esposizioni in corso.

Stefano Castelli

IL ROSSO NELLA COLLEZIONE OLGIATI

Alla Collezione Olgiati è ancora aperta, fino al 12 giugno, Vedo rosso. L’argomento non è stavolta di stampo storico o concettuale ma un felice “pretesto”, il colore rosso nei suoi significati espressivi e simbolici; l’interesse della proposta rimane comunque alto come ormai d’abitudine.
Quasi tutte le opere presentate sono novità rispetto a quelle fin qui viste in questo spazio. Si incontrano un Clemente e un Paladino al loro meglio, un Kounellis recente di qualità, un sorprendente Calzolari dei primi anni, due Raysse piccoli ma significativi, un bellissimo Depero e un “car crash” di Sacha Sosno, francese da riscoprire.
Al centro della prima sala conquista la scena Jimmie Durham con un suo assemblaggio organico/meccanico, mentre nelle altre stanze si incrociano ricerche storiche come quelle di Dorazio e Marca-Relli, star del contemporaneo come Wade Guyton e Kelley Walker, artisti dal percorso autonomo come Gastini e pezzi storici come un rosso di Yves Klein.

LA SVIZZERA E GLI ALBORI DELLA FOTOGRAFIA

Spostandosi al Lac, oltre alle Poesie industriali di Broodthaers e a un estratto della collezione, si incontra Dal vero, ampia mostra di ricerca sulla fotografia svizzera dell’Ottocento. Al di là del focus sul territorio, l’interesse deriva dal fatto di trovarsi immersi in una “storia pratica” della fotografia ai suoi albori. I numerosissimi scatti d’epoca riuniti nel fitto allestimento tracciano infatti un percorso tra storia culturale e tecnica, scopi pratici e slanci artistici dei primi decenni della fotografia.
I dagherrotipi sono raccolti in teche da illuminare tramite un pulsante (per scopi di conservazione, certo, ma dalla motivazione pratica consegue il fascino di scoprire qualcosa di segreto e raro); a molti scatti vengono poi affiancate le incisioni che ne furono tratte, in alcuni casi anche i dipinti. Ritratti di famiglia, paesaggi, testimonianze dei cambiamenti del territorio, foto post mortem, documentazione delle tradizioni locali: tutti i “generi” degli albori della fotografia (e le tecniche, dall’albumina al ritocco pittorico) sono riuniti nelle varie sezioni della mostra.

UNA SUMMA DELL’ARTE MODERNA ITALIANA

A Palazzo Reali, infine, oltre alla retrospettiva di James Barnor, c’è un piano dedicato all’arte italiana del Novecento. La mostra di lunga durata Una raccolta d’arte moderna italiana (fino al 29 gennaio 2023) propone trenta opere di sei autori, provenienti da Ca’ Pesaro a Venezia che le ha ricevute come deposito a lungo termine.
Il periodo che viene considerato in particolare è quello tra le due guerre; di ogni artista si colgono variazioni stilistiche significative anche se ravvicinate cronologicamente. È il caso di Massimo Campigli, con il quale si apre il percorso, che in quel periodo elabora la sua pittura “diagrammatica”; si incontra poi Mario Sironi, dalla solidità dei ritratti e dei panorami urbani fino ai primi semi della sua ultima, straordinaria e trascurata fase, nella quale sceglie tinte di sublime disillusione.
Il surreale metafisico di Scipione si dispiega in una serie di piccole ed evocative epifanie, mentre di Giacomo Manzù emoziona in particolare la Ragazza sulla sedia del 1949. Più “statici”, ovviamente per scelta, Carlo Carrà e Ottone Rosai: le loro vedute e scene metafisiche danno vita al paradosso logico di un “anacronismo precoce”.

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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