Anche l’arte è diventata rozza e scadente?
In un tempo dominato da un linguaggio sempre più approssimativo, anche l’arte visiva sta assumendo caratteristiche altrettanto scadenti. Appiattendosi su una totale mancanza di sfumature e sostituendosi a un’arte vigorosa e piena di spigoli
Uno degli aspetti che salta più all’occhio di questo presente è la sua irreprimibile qualità scadente. Voglio dire, sia gli oggetti che le idee, sia i prodotti che le opere d’ingegno, mediamente sono fatti male. Sono robaccia. Ovviamente, esistono ancora cose fatte bene, e ci mancherebbe, ma non sono queste a esprimere né a catturare lo spirito del tempo: è, invece, la robaccia.
Questo fenomeno è ormai talmente pervasivo da aver invaso e contagiato anche il territorio del linguaggio (: o, forse, più verosimilmente, è proprio da lì che è partito e si è poi esteso al mondo materiale). Comunque, ieri sera ho visto e soprattutto ascoltato al tg una politica – avrà avuto la mia età, o poco più – usare con una sicumera devo dire invidiabile l’espressione “una nostra parola-chiave-credo”. Cioè, magari secondo lei davvero si possono usare entrambe nella stessa frase, e non bisogna affatto scegliere tra le due. Oppure nel suo cervello si dice proprio così, tutto attaccato: “una nostra parolachiavecredo”.
Il fatto che secondo lei sia corretto, che non faccia una piega e non ci sia nulla di neanche vagamente sospetto, che non la sfiori neanche il dubbio che possa essere un errore marchiano e ridicolo, è parte integrante del problema “robaccia scadente”, che ha a sua volta (molto) a che fare con questo tipo di approssimazione, con una rozzezza nuova – e la novità sta proprio nel fatto che questa rozzezza non si vergogna, non si va a nascondere da qualche parte, ma anzi si esibisce e si impone (veramente, si è già imposta) come il nuovo standard. E così facendo, nel frattempo, ha cominciato con grande efficacia a scalzare e frantumare i vecchi, malandati standard.
Visualizza questo post su Instagram
ARTE E ROBACCIA SCADENTE
Naturalmente, questo fenomeno riguarda da vicino anche l’arte visiva. Un’arte senza sfumature, senza dubbi, inutilmente e insopportabilmente assertiva sta sostituendo, ha già sostituito un’arte volutamente ambigua, voluttuosamente controversa, rabbiosa, ruvida, aperta a mille interpretazioni… E la cosa peggiore – o quantomeno quella più triste – è che l’arte assertiva tende a imporre le sue asserzioni, la sua misura e visione del mondo, allo spettatore – come se quest’ultimo manifestasse ormai una forma presuntuosa di maleducazione nel desiderio di formarsi la propria visione, la propria interpretazione a partire dall’opera – o, peggio ancora, nel pensare che magari l’opera stessa possieda un suo senso misterioso, segreto (o, addirittura, molteplici sensi segreti e misteriosi…) del tutto indipendente sia dal proprio autore/autrice che dagli spettatori.
Che cosa c’entra questo discorso con la “robaccia scadente”? Beh, nulla – a parte il fatto che questo tipo di atteggiamento, condito da dosi abbondanti di efficientismo, opportunismo, cinismo, egocentrismo e semplice, volgare ostentazione – rappresenta l’equivalente spirituale e culturale della suddetta “robaccia scadente”. E – ça va sans dire, in un tempo “normale”: ma il fatto stesso che invece vada specificato è un’ulteriore prova della rozzezza intrinseca di questo presente, dell’incredibile allergia che esso ha saputo sviluppare rispetto a ogni deviazione e imprevisto – l’esatto opposto di un’arte vigorosa, spigolosa e interessante.
‒ Christian Caliandro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati