Nelle Marche la mostra che celebra i “pittori della realtà”
Al Palazzo dei Priori di Fermo si rilegge una particolare stagione dell'arte italiana del dopoguerra: l'avventura dei “Pittori moderni della realtà”. Un progetto in collaborazione col Mart di Rovereto e curato da Sgarbi
“Una mostra importante e rara; non perché sia difficile trovare, come spesso accade, i dipinti nei grandi musei, ma perché questi pittori non sono nei musei, perché sono stati esiliati e maltrattati per aver difeso la pittura e il suo rapporto con la realtà”. Sceglie queste parole Vittorio Sgarbi per presentare al pubblico il suo nuovo progetto espositivo.
Ad accoglierlo sono le Marche, regione che negli ultimi anni ha ospitato e promosso a più riprese le collezioni, i temi e gli artisti prediletti dell’attuale Sottosegretario alla Cultura. Chiuse le porte della rassegna La ricerca della Bellezza al Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli Piceno, a presentare l’ultimo evento dello studioso e politico ferrarese è Fermo, suggestiva città a impianto medievale che si affaccia su un territorio collinare tra i più maliosi dell’Italia centrale.
LA MOSTRA AL PALAZZO DEI PRIORI DI FERMO
È qui che è stata inaugurata lo scorso 9 dicembre I Pittori della realtà. Verità e illusione tra Seicento e Novecento: un progetto mirato, che non punta sulla quantità (per quanto non siano poche le opere in mostra) né tantomeno sulla spettacolarità (l’allestimento è lineare ed elegante, in linea l’anima “discreta” delle opere che racchiude). A rendere apprezzabile la rassegna è semmai, soprattutto, l’idea che l’ha preceduta: ovvero la volontà di riscoprire e portare all’attenzione del grande pubblico un gruppo di artisti altrimenti poco noto, screditato al tempo della sua attività e finalmente pronto a trovare la propria collocazione nella storia dell’arte italiana.
Protagonisti della mostra (in corso fino al 1° maggio negli ambienti del Palazzo dei Priori) sono i cosiddetti “pittori moderni della realtà”: un gruppo di artisti attivo negli Anni Cinquanta, nato in reazione alle avanguardie del secondo Novecento, sulla base di una rinnovata attenzione verso il reale. Tra questi Gregorio Sciltian (artista di origine russa la cui pittura mostra evidenti echi caravaggeschi), Pietro Annigoni (il pittore della regina d’Inghilterra) e i fratelli spagnoli Xavier e Antonio Bueno (che prima insieme e poi separatamente si affermano per le loro composizioni minuziose e votate alla sfera del quotidiano).
LA NASCITA DEL GRUPPO E IL MANIFESTO
Unitisi a Milano nel 1947, gli artisti che aderiscono al gruppo si scagliano contro gli esiti del modernismo e gli “abbagli” dell’École de Paris, rifacendosi piuttosto alla grande tradizione pittorica e in particolar modo all’arte seicentesca, da Caravaggio alla pittura spagnola e fiamminga. Si tratta dunque di autori per due ragioni “anacronisti” rispetto ai loro coetanei, e dagli stessi tacciati di “passatismo”: in primo luogo perché rivendicano la pittura come unico strumento di creazione (in linea con il “ritorno al mestiere” sostenuto da Giorgio de Chirico); in seconda battuta per la loro azione di recupero degli stilemi classici, una scelta che attirò le antipatie di buona parte della critica del tempo, che respinse le istanze del gruppo marginalizzandolo e contribuendo al suo scioglimento nel giro di poco tempo. Inserita nel più ampio progetto regionale Il Seicento nelle Marche, la mostra – curata dallo stesso Sgarbi, in collaborazione con Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari – approfondisce l’indagine di questi artisti prima e dopo il loro breve sodalizio, presentando circa settanta opere che vanno dagli Anni Venti alla fine degli Anni Cinquanta, mettendo in luce le peculiarità del lavoro di ciascuno di loro e le evoluzioni nel corso del tempo.
L’ALLESTIMENTO E LE OPERE IN MOSTRA
Sono cinque le sezioni che scandiscono il percorso di visita, che presenta i dipinti (e alcuni disegni) realizzati dai quattro protagonisti del gruppo e da ulteriori colleghi che a loro si affiancarono nel corso degli anni – tra questi Alfredo Serri, Giovanni Acci e Carlo Guarnieri. Ognuna delle opere è caratterizzata dalla chiara rievocazione di stili appartenuti al passato. L’elemento caravaggesco è evidente nel grande dipinto di Sciltian che dà il via al percorso espositivo: protagonista della tela è Bacco, che compare di fronte a quattro garzoni seduti al tavolo di una locanda (un richiamo esplicito ai bari del Merisi). Antico e moderno, mitologico e contemporaneo, convivono anche nelle donne divine di Pietro Annigoni e Antonio Bueno (il suo Nudo con fiori è un omaggio senza compromessi alla bellezza di stampo rinascimentale).
A dispetto dello spirito serioso evocato da questi dipinti, moltissime delle opere in mostra presentano richiami ai maestri della tradizione messi in scena con una certa dose di gioco, quasi a sfidare l’osservatore invitandolo a scovare le tracce del passato in questo labirinto di rimandi tra le epoche. È il caso dell’autoritratto dello stesso Annigoni (impossibile non associarlo ai volti di Rembrandt) e delle nature morte dei fratelli Bueno (le opere di Leonardo, Édouard Manet, Caravaggio e Sandro Botticelli compaiono come figurine inserite quasi “per caso” all’interno della composizione).
I RICHIAMI ALLA METAFISICA DI DE CHIRICO
Ma se di citazione parliamo, il nome che più di tutti risuona nelle opere di questi autori è quello di Giorgio de Chirico. Il padre della Metafisica rappresenta un riferimento costante nelle carriere dei “pittori moderni della realtà”. Sciltian lo incontra al suo arrivo in Italia e tra i due si instaura un profondo legame durato tutta la vita. “Sciltian è il plastico per eccellenza. È plastico quando dipinge, plastico quando parla, è plastico quando gesticola”, scrive de Chirico, presente in mostra con due capolavori. Anche per Xavien e Antonio Bueno il “pictor optimus” ha parole di sincero apprezzamento, definendoli “due giovani pieni di ingegno che possiedono già un gran mestiere e sono l’antitesi di tanti analfabeti della pittura”. Il suo ascendente sui due fratelli è evidente in opere quali Composizione metafisica e Il manichino. Il tragitto di visita si conclude infine con le opere di artisti antichi, prevalentemente del Seicento e del Settecento, assunti a fonte di ispirazione e modello dai quattro firmatari del manifesto. Tra questi Alessandro Magnasco, il cosiddetto Maestro di Hartford, Giuseppe Recco, Carlo Magini e Pieter Paul Rubens (presente con L’adorazione dei pastori, fiore all’occhiello della Pinacoteca Civica di Fermo).
LA COLLABORAZIONE CON IL MART DI ROVERETO
“La mostra ‘I pittori della realtà. Verità e illusione tra Seicento e Novecento’, a cura di Vittorio Sgarbi, affiancato da Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari, è frutto di una collaborazione con il Mart di Rovereto”, ha commentato Chiara Biondi, assessora alla Cultura della Regione Marche. “Di per sé questo collegamento fra diverse realtà culturali è una buona notizia, poiché le reti, su cui stiamo investendo energie e risorse, rafforzano la qualità dell’offerta culturale. L’altra buona notizia riguarda l’approfondimento di un gruppo di artisti, i pittori moderni della realtà, che sono un episodio controcorrente nella fine della prima metà del ‘900. È un’esperienza la loro che si conclude senza ulteriori esiti ma che rappresenta un interessante punto di vista sul mezzo pittorico, sul rapporto con la realtà, con il passato e con il pubblico. A Palazzo dei Priori gli artisti appartenenti a questa corrente ci sono tutti, divisi in cinque sezioni e ancor più interessante è il fatto che ci sia spazio anche per il confronto con la pittura metafisica di de Chirico e con alcune opere del Seicento e Settecento, in dialogo con la poetica caravaggesca e con il barocco”.
Alex Urso
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