Sull’isola coreana di Jeju aprirà il museo dedicato a Park Seo-bo
Ancora architettura contemporanea in Corea del Sud: nell’estate 2024 aprirà il museo sull’artista Park Seo-bo. Il complesso, opera di architetti spagnoli, va ad aggiungersi ad altri interventi di rilievo, come la Tea House di Álvaro Siza
Il primo museo dedicato al principale artista contemporaneo coreano, Park Seo-bo, sarà costruito sull’isola di Jeju, in Corea del Sud; aprirà nell’estate del 2024 in un sito vicino al JW Marriot Jeju Resort and Spa. Provvisoriamente chiamato Park Seo-bo Museum, sarà gestito dalla GIZI Foundation, organismo senza scopo di lucro nato nel 2019 per amministrare le opere d’arte e gli archivi dell’artista. L’isola, la più grande e popolata del Paese, è una sorta di laboratorio dell’architettura contemporanea. Vi sorgono infatti diversi edifici iconici, a partire dalla Jeju Island Tea House di Álvaro Siza Vieira e Carlos Castanheira: la struttura, un connubio fra la tradizione portoghese e quella coreana, è realizzata in legno, pietra e rame; dispone di grandi vetrate ed è ispirata alla sacralità della cerimonia del tè. Progettata dallo studio Planning Korea, con sede a Seoul, la Jeju Cocoon House si ispira invece alla topografia vulcanica dell’isola e al bozzolo di un insetto: un richiamo alla fisica del terreno e alla sua biodiversità. Il Wind Hill Village di Doojin Hwang Architects, infine, è un complesso residenziale di villette contraddistinte da un rivestimento in Lunawood, un particolare legno trattato termicamente e resistente alle intemperie.
APRE IN COREA DEL SUD IL PARK SEO-BO MUSEUM
Il nuovo museo, evocativo tanto del lavoro introspettivo di Park quanto della natura vulcanica dell’isola, è opera dall’architetto spagnolo (originario delle Canarie) Fernando Menis. Sarà realizzato con materiali di provenienza locale, oltre al Picado, una miscela di cemento e basalto (un tipo di roccia vulcanica molto diffuso sull’isola) messa a punto proprio da Menis. Su queste basi, l’edificio si armonizzerà con l’ambiente circostante, senza stravolgere troppo il panorama; infatti, dei tre piani, due sono interrati. Le due grandi sale espositive, dalle pareti bianche, al primo piano interrato ospiteranno le opere di Seo-bo e la sua collezione; il secondo livello interrato accoglierà invece un ampio spazio polivalente, completato dagli ambienti di servizio. Lì si percepiscono i due grandi pozzi che danno luce e verticalità al progetto; Menis, infatti, sfrutta il più possibile la luce naturale e i suoi effetti, in modo da poter variare, con le ore del giorno le stagioni, anche l’atmosfera del museo. Fuori terra sarà collocato l’ingresso con la grande hall per l’accoglienza del pubblico. L’edificio, che sorge su un parco di 12.137 metri quadrati a nord-ovest dell’hotel JW Marriott Jeju Resort and Spa, vorrebbe essere in grado di minimizzare il proprio impatto: il territorio dell’isola è infatti fortemente antropizzato in seguito all’espansione dell’industria turistica.
L’ARTE DI PARK SEO-BO
Dopo aver sperimentato l’astrazione occidentale, in particolare lo stile informale, con cui divenne familiare durante il suo soggiorno a Parigi nel 1961, Park iniziò a indagare una metodologia più introspettiva che aveva le sue origini nella filosofia taoista e buddista e anche nella tradizione coreana di calligrafia. Su questa scia, alla metà degli anni Settanta, fu tra i fondatori del movimento Dansaekhwa (“pittura monocromatica”) che concepisce l’arte come un metodo di autodisciplina meditativa. Proprio Park ne ha tracciate tre caratteristiche fondamentali: la pittura come azione senza scopo; la pittura come esercizio di meditazione; la “traduzione” della meditazione attraverso la pittura. La sua serie più famosa, Ecriture, ha visto nei decenni succedersi più versioni, dalle linee tracciate a matita su una tela bianca ai colori aggiunti nei primi anni Duemila. Classe 1931, nonostante l’età avanzata Park e la diagnosi di un tumore ai polmoni, lo scorso febbraio, ha ancora molto da dire nel campo dell’arte. Ma poi, come ha dichiarato con una certa filosofia alla stampa locale, ha deciso di “considerare il cancro come un amico e conviverci. È stato davvero difficile accettare il fatto per un paio di giorni, ma ora ho persino dimenticato di essere un malato di cancro. Ho deciso di mettermi l’animo in pace, perché non sarei in grado di dipingere se mi sottoponessi a un trattamento per curare la malattia”.
Niccolò Lucarelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati