Muore a 68 anni l’artista e docente Pippo Patruno
Ricordiamo Pippo Patruno ripercorrendo le tappe della sua formazione e della sua ricerca e pratica artistica
È morto a 68 anni l’artista Pippo Patruno, nato a Monopoli nel 1955 e diplomato in Pittura all’Accademia Di Belle Arti di Bari, dove, per lunghi anni, aveva insegnato anatomia artistica. Esordì con una mostra nel 1975, in seguito partecipò a numerose esposizioni e suggellò sul territorio collaborazioni con le principali gallerie pugliesi, Centro Sei, Museo Nuova Era, galleria Lidia Carrieri. Duraturo fu il sodalizio con la Galleria Bonomo dove aveva avviato, anche nella sua ultima mostra del 2005, una ricerca sul linguaggio affidata, con la pittura, a minimali sviluppi grafici. Sigle, frasi, lemmi, reiterati in slittamenti cromatici come ombre autonome e modulari, al servizio di una pittura circoscritta alla parola, sottratta al suo referente per essere inchiodata a una mera forma.
L’ARTE DI PIPPO PATRUNO
Utilizzando un lascito della Bonomo, vecchi numeri della rivista Artforum, fotografie, inviti personali di amici, artisti o di quanti furono coinvolti nella storica galleria, il lavoro di Patruno si è orientato, nell’ultimo periodo, verso una rappresentazione della contemporaneità, questa volta senza la pittura. Preferiva collages concettuali nei quali ricomponeva, con serrata eleganza, passato e presente, impacchettandolo in personali capsule del tempo. Per la sua ultima mostra del 2019, al Museo Nuova Era di Bari, gli originali imballi erano costruiti come mappe concettuali e presentati in una formula installativa di forte impatto. Accumuli di documenti ma anche riviste, dischi, libri, dépliant, il vinile di Woodstock, la prima edizione italiana del libretto rosso di Mao Tse-tung, il manifesto SCUM di Valerie Solanas, la foto di Jan Palach o dei militari italiani durante le campagne d’Africa, di sposi anonimi in viaggio di nozze a Venezia o a Roma: compendi di memorie private e collettive, tenuti insieme da contrasti ironici e sagaci. In alcuni casi, fotografati e, nel passaggio a un altro medium, resi meno leggibili e “disturbati” da una parola centrale, traforata che bucava lo sguardo. Rigore e riservatezza lo distinguevano nel lavoro e nella vita, come pure un sorriso schietto, aperto e gentile, biglietto da visita di una bella persona.
Marilena Di Tursi
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