S+T+ARTS Prize 2023. Ecco i vincitori della competizione che premia arte e tecnologia
Il prestigioso premio della Commissione Europea ha premiato un'artista britannica per un progetto sugli impollinatori e un artista irlandese per un progetto sull'Amazzonia con 20mila euro ciascuno
Sono Alexandra Daisy Ginsberg (UK) e Richard Mosse (Ireland) i vincitori dell’edizione 2023 dello S+T+ARTS Prize, il premio della Commissione Europea dedicato all’innovazione tecnologica, industriale e sociale nelle arti.
Ad Alexandra Daisy Ginsberg è andato il Grand Prize – Artistic Exploration per il suo lavoro del 2021 sugli impollinatori Pollinator Pathmaker, mentre Richard Mosse ha vinto il Grand Prize – Innovative Collaboration per il suo progetto del 2022 dedicato all’Amazzonia, Broken Spectre. I loro lavori sono stati scelti da una giuria di esperti – composta da Mónica Bello, Francesca Bria, Bernd Fesel, Jun Inada e Meinhard Lukas – tra 1637 proposte da 78 Paesi, che hanno risposto all’open call per l’ottava edizione del premio lanciata lo scorso gennaio. Come sempre, a ciascuno dei due premi corrisponde un riconoscimento di 20mila euro.
COS’È IL PREMIO S+T+ARTS
Il premio S+T+ARTS – che sta per Science, Technology and the Arts – è un’iniziativa finanziata dalla Commissione Europea nata nel 2016 che si concentra sulle problematiche sociali ed economiche più urgenti del presente e del prossimo futuro del continente. La creazione del premio – i cui partner sono BOZAR, Waag Futurelab, INOVA+, T6 Ecosystems, La French Tech Grande Provence and la Fiera del Libro di Francoforte – è spinta dalla convinzione che, grazie a una prospettiva artistica, la scienza e la tecnologia possano offrire nuove prospettive di ricerca e business innovative con un approccio dal carattere umanistico. Due i premi: il Grand Prize – Artistic Exploration, destinato a ricerche artistiche e lavori che hanno il potenziale di influenzare l’utilizzo della tecnologia e la sua percezione, e il Grand Prize – Innovative Collaboration, pensato per i progetti che combinano l’industria e la tecnologia con le arti con l’obiettivo di aprire nuove strade per l’innovazione. Oltre ai vincitori, 10 progetti hanno ricevuto una “Honorary Mention” e 18 una “Nomination”. Il premio, che ha portato dal 2016 al 2022 al finanziamento di 151 residenze artistiche con 4,5 milioni di euro e la menzione di 208 progetti su oltre 14mila presentati, è coordinato da Ars Electronica, al cui festival di settembre saranno presentati i progetti vincitori.
I PROGETTI VINCITORI DELL’OTTAVO PREMIO S+T+ARTS
Riconosciuta dalla giuria come “un rivoluzionario mix di arte, tecnologia e scienza”, Pollinator Pathmaker è “un’opera d’arte per impollinatori, piantata e curata dall’uomo”: l’ambizione di Ginsberg è quella creare, con questo progetto, un esperimento unico nel suo genere nel design interspecie che sia “la più grande opera d’arte positiva per il clima del mondo”. L’artista ha lavorato con orticoltori, esperti di impollinatori e un informatico per ideare uno strumento algoritmico che progetta la semina dei fiori seguendo “i gusti” degli impollinatori, e non degli umani. L’algoritmo creato (e messo online a disposizione di chiunque) segue una serie di regole utilizzando gli input delle specie impollinatrici e delle piante da cui si nutrono per calcolare il progetto di semina, quindi seleziona e dispone le piante in un “santuario” che va a soddisfare i nuovi criteri. Il risultato è una serie crescente di opere d’arte viventi generate algoritmicamente, progettate per massimizzare l’empatia nei confronti degli insetti impollinatori e creare dei sistemi-giardino davvero equilibrati. Su questo spunto, sono stati aperti due giardini “Pollinator Pathmaker Edition” nel 2022; è stata creata un’installazione permanente di 55 metri all’Eden Project, in Cornovaglia; e sono stati realizzati undici letti di oltre 250 m a Kensington Gardens, a Londra, su commissione della Serpentine. Il prossimo giardino sarà piantato con Light Art Space, a Berlino, quest’estate.
Broken Spectre invece è un’opera d’arte video-immersiva dai tratti onirici che costituisce una documentazione esaustiva della deforestazione e dell’ecocidio industrializzato in Amazzonia, svelata tramite tecnologie di telerilevamento avanzato. Attraverso bruschi salti di scala e di mezzo, il film rivela processi insostenibili di violenza estrattiva: disboscamento illegale, incendi di massa, estrazione di oro, furto di terre indigene, estinzione di specie, inondazioni e invasioni tramite piantagioni di monocoltura e allevamenti intensivi. Per raccontare queste storie, Mosse ha scelto l’utilizzo di media e sistemi scientifici integrati (spesso utilizzati per estrazione e sfruttamento) creando, per la giuria, “un modello che mostra il potenziale sociale di inedite collaborazioni tra arti e scienza”. Quello che ne scaturisce è un inquietante ritratto in forma di western, che mostra l’invasione di un paradiso naturale e la colonizzazione delle popolazioni indigene con gli strumenti iconografici propri del genere.
Giulia Giaume
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