Il mondo reale vota pittura. L’opinione della gallerista Paola Capata
Come è cambiato il fare e la percezione della pittura dopo il Covid? Qual è il futuro del mezzo? Risponde Paola Capata, titolare della galleria Monitor
Quando Artribune mi ha contattato, alcune settimane fa, chiedendomi un contributo “sull’attualità della Pittura post Covid dopo anni di emarginazione”, queste le parole precise, ho subito avvertito uno strano stridore, un brivido dietro il collo. In un qualche modo l’assonanza non mi quadrava, non mi quadra tutt’ora.
La storia della pittura nella galleria Monitor
La galleria che dirigo dal 2003 ha iniziato ad interessarsi alla pittura nel 2013, con l’ingresso di Claudio Verna nella scuderia degli artisti. Prima di lui, Ian Tweedy, americano e Peter Linde Busk, danese, avevano iniziato il cammino con Monitor.
In quegli anni, ed oramai si parla di una decade, la pittura in effetti non aveva ancora raggiunto la popolarità conquistata negli ultimi anni.
La decisione di occuparsi, in maniera continuativa e programmatica di questo medium trova origine in diverse motivazioni e riflessioni personali.
Dopo i primi dieci anni di attività si rendeva necessario un giro di boa, un voler sperimentare nuove strade, iniziare un nuovo tipo di ricerca. La pittura, da sempre parte del percorso di formazione di chi scrive, è apparsa come la giusta direzione, quella che avrebbe permesso una ricognizione libera, ad ali spiegate -indisturbata?
Il dialogo con Nicola Samorì
Così è stato. La squadra si è formata, la parola d’ordine era importanza di senso. Avere qualcosa da dire, dirlo bene, dirlo con una tecnica, con un contenuto, con un valore aggiunto.
Sono passati altri dieci anni, che pochi non sono. La pittura in effetti ora, è ovunque.
Ho avuto una bella discussione con Nicola Samorì l’altro giorno, proprio in merito a questa tematica. Mi è sembrato giusto confrontarmi con lui su alcuni punti e, trovo giusto condividere le riflessioni che ne sono scaturite. Ne restituisco qui alcune, in ordine sparso.
Tornando alla questione dell’attualità della pittura post Covid, nel 2020 mesi passati in isolamento hanno prodotto delle reazioni di causa effetto. Non tanto a livello tecnico poiché non si è registrata alcuna estensione della pratica pittorica quanto più che altro, una certa insistenza su una scelta contenutistica e di soggetto.
Gli artisti, semplicemente, hanno dipinto ciò che avevano intorno: volti familiari, interni domestici, nature morte.
La pittura durante il Covid-19
Sicuramente ciò che è scaturito però, forte e chiaro, è il seguente fatto: siamo tornati a guardare le figure. Magari non sui libri, o su pieghevoli stampati, ma attraverso i cristalli liquidi di uno schermo, che sia stato uno smartphone, un computer o un IPad poco importa.
In quel periodo di figure, in realtà, ne abbiamo guardate proprio tante.
E il mercato, già solleticato da qualche tempo, ha iniziato a fare la differenza sostanziale. La pittura si è rivelata nuovamente il mezzo arcaico più seducente di tutti, l’oggetto più desiderato e feticizzabile, come è sempre stato, nei secoli.
Forse cinicamente, ma neppure troppo, si potrebbe che la finanza detta le regole. Comprare a dieci e rivendere a un milione, con la pittura si può fare, da sempre.
E questo crea chiaramente tutte le bolle speculative che, ai puristi vicino alla sottoscritta -compresa- piacciono poco.Ma è la realtà dei fatti, e non vi sono smentite. Ciò che sarebbe auspicabile, e non credo purtroppo di poter avvalermi di tutte le dita di entrambe le mani, è avere interlocutori preparati ed attenti ad accompagnare questa attenzione sempre più simile ad una convulsa bulimia d’acquisto che non guarda alla preparazione tecnica, o alla ricchezza di contenuto quanto alle semplici figure, quelle di cui parlavamo prima.
Il futuro della pittura
Eppure, la pittura negli ultimi anni ha aperto strade importanti creando nuove mappature: prima di tutte, quella del gender e di etnia immettendo massivamente un immaginario fino a poco tempo fa appena accennato o sussurrato dai canali dell’arte contemporanea. Quanto questo sia stato veramente compreso, non so dirlo. Quello che so, è che ne rimarrà traccia reale e, quando avremo la giusta distanza storica da cui si riescono a guardare le cose, ce ne renderemo conto.
Come la pittura evolverà -ed evolverà perché è quello il suo destino, da sempre- non è possibile dirlo. Certamente però, altra riflessione scaturita dalla mia telefonata dell’altro giorno, non è dalle guerre o dalle pandemie che nasceranno i cambiamenti. Questi scaturiranno da dati tecnici. La pittura è una meccanica. Non sarà una narrativa a cambiare, quanto il suo aspetto fisico. Succederà, sta già succedendo. Anche di questo, ce ne accorgeremo, ma tra un po’.
Il mondo reale vota pittura.
Paola Capata
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