Buonanotte, signor Fattori. L’attualità della pittura secondo Eugenia Vanni
Parte da una riproduzione in bianco e nero di un quadro di Carrà e da un ricordo di famiglia l’analisi sulle immagini della pittura e sulla loro sovrapproduzione dell’artista
La prima volta che lo vidi era in bianco e nero, nella copertina di una vecchia edizione di mio padre e per anni l’ho sempre pensato così. Per me era come se quel quadro fosse nato in scala di grigi dentro a quel libro, o che fosse nato con il libro stesso e penso a tutto lo spazio che il quadro ha trascorso nella mia mente in una forma trasformata dalla stampa; penso quindi a cosa sia la metafisica veramente. (Eugenia Vanni “Carlo Carrà, Il pino sul mare”. Testo per “Un periodo per un’opera d’arte” a curadi Luca Pancrazzi e Luca Scarabelli. La centrale edizioni, 2018)
La pittura e i ricordi di Eugenia Vanni
Sulle ginocchia di mio padre, ho in mente le tavole dei suoi libri di pittura.
Nei volumi più vecchi e anche quelli più economici, le fotografie delle opere erano in bianco e nero, come nel piccolo libro del 1945 su Carlo Carrà con un testo di Roberto Longhi. In copertina la fotografia in bianco e nero de “Il pino sul mare”. È un piccolo volume della Hoepli appartenente alla collana intitolata “Arte moderna Italiana”. Quello su Carrà è il volume numero 11. Il pino sul mare di Carrà è rimasto per tanti anni, nella mia memoria, in bianco e nero come l’avevo visto per la prima volta.
Quella del piccolo libro della Hoepli era l’unica immagine che avessi a disposizione in casa de “Il pino sul mare”.
Quando poi negli anni a venire incontrai l’immagine a colori di quell’opera ebbi come un senso di straniamento, molto simile a quando rivediamo, dopo tanti anni, un’abitazione in cui siamo cresciuti e in cui non viviamo più da tempo. Alcuni dettagli sembrano sorprenderete più grandi, altri più piccoli.
Roberto Longhi su Fattori
Il testo di Longhi che precedeva una manciata di opere, anch’esse in bianco e nero esordiva così:
Mentre la buona pittura Francese dell’Ottocento quasi s’inaugura con quel dipinto calcinoso ed ingrato, ma inconsapevolmente tanto simbolico, che s’intitola: “Bonjour, M.Courbet”, è un peccato che ancora manchi alla moderna pittura italiana, oggi poi che molto si parla di composizioni a soggetto, un gran quadro che finalmente si chiami: “Buonanotte, Signor Fattori”.
Quella parola utilizzata da Longhi “Calcinoso” ci riporta intanto ad una modalità critica e ad un dibattito che riguarda la pittura direttamente rivolto al suo interno più vivo. Con questa affermazione, all’inizio di un volume monografico, tra l’altro, lascia intendere che la faccenda non si limiterà a descrivere soggetti, perché La pittura “lavora in profondità”.
Una pittrice o un pittore è un artista, innanzitutto, il cui occhio è un occhio pittorico.
Credo molto infatti nella pittura come disciplina pura e un pittore è un artista che dipinge e non un artista che riflette sulla pittura.
La forza e l’attualità della pittura, infatti, è rimanere tale nelle sue dimensioni di spazio pittorico a cui l’occhio si dedica in modo esclusivo.
La profondità della pittura
Come dicevo, la pittura ha una sua profondità che è un patrimonio dell’artista
La sua attualità e la sua evoluzione si basano su una serie di strategie e metodi che talvolta sono invisibili nella loro specificità perché si prestano esclusivamente per un risultato.
Colleziono da diversi anni, manuali e ricettari di tecnica pittorica ed è interessante vedere come ogni teoria sul colore, la preparazione, l’imprimitura, etc, cambino anche sensibilmente da autore ad autore. In passato, come oggi, le invenzioni tecniche sono state sperimentate ed inventate dagli artisti stessi, in risposta a delle necessità espressive e rappresentative anche facendo i conti con materiali reperibili in un certo momento storico o in certe zone geografiche.
Questo mondo sommerso, in pittura, non è quasi mai visibile. Siamo quindi spettatori solamente dell’ultima pelle di un processo che avviene per livelli, per stratificazioni.
Una buona preparazione o l’imprimitura colorata adatta a restituire una determinata luce nel quadro, non sarà visibile a nessuno come immagine in sé ad esempio. Tuttavia, queste scelte influiscono in maniera radicale sul risultato finale e vengono modificate di volta in volta a seconda delle necessità dell’artista.
La pittura si evolve continuamente dall’interno.
Credo infatti che un artista inizi fisicamente a dipingere quando inizia a preparare la tela e considero questa fase, parte della ricerca pittorica.
In questa evoluzione centripeta che parte già con la storia dell’uomo, accadono delle cose che fanno sì che la pittura cambi continuamente la sua pelle.
In questo momento storico, ad esempio, assistiamo non tanto ad una rinascita della pittura quanto invece ad una sovrapproduzione della pittura.
Questo aspetto è molto interessante perché collegato a stretto filo con il concetto di riproducibilità dell’immagine pittorica.
Considerazioni sulla riproducibilità della pittura
Guardando alla storia delle tecniche artistiche, la pittura è andata avanti anche per necessità pratiche e commerciali. Dalla parete dipinta si è passati alla tavola e dalla tavola alla tela che si trasportava meglio in risposta anche all’aumento della domanda di mercato.
Adesso, la pittura è realizzata su tantissimi supporti, indiscriminatamente dal suo potenziale diciamo pure funzionale, perché ho il dubbio che quel potenziale si sia spostato da un’altra parte: forse sta nelle immagini della pittura, nella sua documentazione immediata, nello sharing.
Ritengo infatti che da sempre, la pittura è stata un’importante metro per studiare l’evoluzione dell’immagine.
In questo momento storico ad esempio, la fa da protagonista sui social network, in modo specifico su Instagram.
Un quadro, inteso come oggetto che porta con sé un’immagine, si presta particolarmente ad essere “postato” rispetto ad altri mezzi espressivi perché già si presenta in due dimensioni e con un solo scatto lo si può già capire e magari apprezzare, almeno in parte. Ovvero possiamo capire e apprezzare la sua immagine, il suo look, ma non è detto che possiamo apprezzarne la sua pittura.
La sovrapproduzione pittorica
Nell’ immediata fotografabilità la pittura si espande in una iperproduzione di quadri che declina poi in una eccessiva documentazione per cui vediamo pittura ovunque.
Niente di male certo; tuttavia, credo che sia necessario distinguere la pittura come immagine dalla pittura come opera.
Certamente non possiamo fermare questo processo evolutivo dell’immagine e forse non è giusto neanche solo pensarlo; tuttavia, occorre far brillare di più la realtà. Occorre essere più precisi.
Nella sovrapproduzione pittorica che stiamo attraversando in questa fase storica (in totale controtendenza ai primi anni duemila, periodo della mia formazione e momento in cui di pittura se ne vedeva poca nonostante vi fossero personalità molto importanti), sta avvenendo forse un grande fraintendimento: quando nei comunicati stampa delle mostre, pensiamo di leggere sulla pittura, in realtà stiamo ancora parlando delle immagini della pittura.
Parlare di Pittura e farne un dibattito o scriverci a proposito è un’altra cosa. Per parlare di Pittura bisogna avere a che fare con dei dettagli che la sua immagine non è in grado di restituire, nemmeno con i particolari. Bisogna arrivarci da dentro.
Proprio in virtù del fatto che la pittura ha una sua profondità, è necessario accorciare le distanze con il quadro.
La nuova evoluzione che sta a attraversando la pittura in questo momento è quello di produrre quadri per la loro immagine immediata. Mi permetto di dire dunque che l’immagine e la documentazione del quadro sta via via sostituendo la pittura.
Credo, tuttavia, che ci sia ancora molto da dire rispetto alla metafisica per esempio.
Fosse solo per quel gran quadro che finalmente si chiami: “Buonanotte, Signor Fattori”.
Eugenia Vanni
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