Il critico d’arte, quel rompipalle. Un chiarimento su questo mestiere
Non fa stroncature, non informa, non fa il curatore, non sminuisce il lavoro degli altri critici. Ma soprattutto prova un grande fastidio nei confronti del mondo della cultura. Ecco chi è il critico d’arte
Il critico, in fondo, è un rompipalle.
Non c’è davvero altro modo di dirlo. E, se non lo è, allora vuol dire che non è un critico.
È un rompipalle nei confronti principalmente del potere – ed è questo a ben vedere il motivo per cui il critico non può essere istituzionale, e la critica non può venire fuori dall’istituzione. È un rompipalle nei confronti dell’intera società in cui gli capita di vivere: anche se questo fosse il migliore dei mondi possibili, anche e soprattutto in termini di produzione artistica e culturale (e non mi sembra proprio che sia questo il caso…), il critico ne trova e ne troverebbe i difetti insopportabili, evidenziandoli.
Il critico è sempre insoddisfatto. Sempre.
Chi è il critico d’arte
Di più: il critico prova fastidio per la cultura in cui vive immerso. Non è che semplicemente non gli piace: prova un sincero, profondo, ineliminabile fastidio per l’intera struttura che produce questa cultura, per il sistema di valori che la sottende e che ne orienta le scelte, i gusti.
Si può facilmente immaginare che fine fa il critico in un mondo, come quello di oggi, che sembra (quasi) interamente dominato dal consenso, dalla gratificazione immediata, dal desiderio spasmodico di riconoscimento. Il critico è una creatura tenera, miserabile, indifesa in un contesto del genere: nessuno, o quasi, sembra apprezzare ciò che ha da offrire. Cioè, ancora una volta, quel fastidio. Perché quel fastidio, se scaviamo solo un poco al di sotto delle apparenze, della superficie, altro non è – da sempre, peraltro – che la consapevolezza (magari allucinatoria, visionaria, autoillusa…) di ciò che potrebbe essere e non è, e di quanto sia facile accontentarsi dei prodotti, degli oggetti artistici. Dei famosi contenuti.
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Cosa fa un critico d’arte
Che significa, in altre parole? Che il critico non è affatto uno che sta lì a dare le pagelle, o a dire “tu sì, tu no”, tu entri e tu stai fuori. Il critico è uno che affina continuamente la sua visione, il suo pensiero, il suo sistema di idee scombinate e imperfette, senza seguire alcun manuale, insieme al processo dell’artista, insieme alle sue opere scombinate e imperfette – ma vive.
Quindi, come si può intuire, il mestiere del critico oggi è quanto di più inutile si possa immaginare, e praticare. In un’epoca soffocata e al tempo stesso costantemente stimolata dall’efficienza, dal culto del risultato e della performatività, in un presente di roba scadente in modo tragico e irrecuperabile che viene osannata e spacciata per finissima, di prima scelta, a che serve infatti uno o una che accompagna il farsi dell’opera senza sapere quello che ne verrà fuori, che valuta le sue incertezze e i suoi fallimenti ancora più delle riuscite, che si disperde in mille rivoli e non si sa mai dove diavolo andrà a parare, e nemmeno se andrà fino alla fine a parare veramente da qualche parte…
Informazione e pagelle: quello che non fa un critico
E no, meglio, molto meglio uno o una che sta lì a compitare e a sentenziare, a dare i suoi giudizi in nome di una presunta obiettività, che dice al pubblico quello che può essere ammesso come arte alta e valida e quello che invece va rifiutato categoricamente. Perché egli o ella sa. Peccato che questa cosa qui non è critica; non so come la possiamo definire, ma critica proprio no.
Il critico non lavora nella dimensione dell’informazione, né lavora come uno che deve ad ogni costo far sentire stupidi gli altri. Non calpesta e non prevarica (e non disconosce, se è per questo, il lavoro degli altri critici: semmai lo studia, per poi eventualmente criticarlo). In questo senso il “curatore” (spesso confuso a torto con il critico) è stato finora – magari la situazione sta cambiando o è già cambiata – una figura molto più pratica, molto più adatta all’esecuzione, all’efficienza, molto più performante, e quindi più accettabile. Il curatore, in generale, non rompe. Se è un rompipalle lo è caratterialmente, individualmente, e a suo discapito per così dire – ma non in maniera strutturale. Nessun curatore degno di questo modo si sognerebbe mai di voler essere un rompipalle: andrebbe infatti totalmente contro la sua mission.
Critica Vs Curatela
Giacinto Di Pietrantonio l’altro giorno, ha detto una cosa molto giusta: “il potere che la critica ha avuto fino agli anni Ottanta oramai non l’ha più, non per sua mancanza, ma perché sono gli artisti per primi a filarsela poco.”
Direi che questa frase meriterebbe una riflessione approfondita. Nella mia esperienza, parziale e limitata quanto volete, in effetti se ci penso non sono stati e non sono tantissimi gli artisti che abbiano avuto e che abbiano voglia di imbarcarsi in questo percorso faticoso e a tratti anche un po’ sgradevole che è la critica. Ce ne sono, per carità, è una fortuna immensa e spero che altri ce ne saranno, ma ripeto: non sono tantissimi.
E questo a patto, di nuovo, di intendersi su che cosa realmente sia la critica: perché mi pare che su questo ci sia parecchia confusione, anche alla luce del “dibattito” di questi giorni e di queste settimane.
Recensioni, critica e stroncature
Quando sento e leggo infatti che ‘critica=stroncatura’, questa equazione mi risulta francamente del tutto incomprensibile. Certo, la recensione negativa fa parte della critica, ma l’intera funzione non si esaurisce lì, nel parlare male di una mostra o di un libro: è divertente, è vero, ed è un peccato che sia praticamente scomparsa, ma non mi sembra il tema centrale di tutta la faccenda.
Se gli artisti tornassero ad appassionarsi al gioco, come mi sembra che stia in fondo accadendo (e come emerge da questo contributo di Santa Nastro), se gli artisti cioè ricominciassero come hanno sempre fatto a fare critica insieme ai critici, e se i critici ritornassero a fare arte insieme agli artisti, ecco, questo processo creativo autenticamente collaborativo e comunitario si configurerebbe finalmente come qualcosa di nuovo, di fresco, e ci aiuterebbe ad uscire dalle secche di un mondo compartimentato, verticalizzato e mortalmente barboso. Non è detto, appunto, che non stia già accadendo.
Christian Caliandro
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Christian Caliandro
Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…