Il trofeo del Gran Premio di Monza è stato disegnato da un’artista italiana
L'artista ci racconta la genesi dell'opera, ispirata dai collettori delle monoposto. Individuando il dualismo del motorsport, tra anima e tecnologia, e descrivendo la natura umana e i suoi conflitti
Una creatura imprevedibile e potente, fluida e dura allo stesso tempo, che nasconde un memento imprevedibile: è complessa la natura di Tifone, il trofeo realizzato dall’artista Ruth Beraha (Milano, 1986) per la tappa monzese del Gran Premio di Formula 1 2023. Prodotto in soli quattro esemplari – tre per i piloti sul podio e uno per il rappresentante del team vincitore – su spinta del title sponsor Pirelli e con la mediazione e l’expertise dell’Hangar Bicocca, il trofeo rappresenta un fascio di serpenti argentati con le fauci dorate spalancate ed è una rielaborazione dei tubi dei collettori delle monoposto. “Quando ho visto per la prima volta il motore da vicino l’ho guardato più con l’occhio estetico che meccanico, e ho notato che ha un aspetto molto tech, tranne per una cosa: lo scarico e i collettori, inaspettatamente fluidi e organici. Mi ha subito affascinato, è stato come trovare un solido spigoloso guardando dentro un corpo umano. E da lì ho trovato l’idea”, racconta Beraha ad Artribune durante le prove ufficiali del GP all’Autodromo.
Il nuovo trofeo del Gran Premio, un’analisi della natura delle relazioni e del potere
“Quando sono stata avvicinata da Pirelli, lo scorso dicembre, mi sono subito messa a studiare perché non conoscevo bene il mondo della Formula 1. Presto mi sono resa conto che si trattava di un lavoro particolare, perché un trofeo è a tutti gli effetti arte applicata”, racconta Beraha. “Osservando e parlando con le persone ho capito che gli elementi chiave dello sport sono due: il fattore umano del pilota, tra talento e follia, e la tecnologia. Quindi sono passata ad analizzare questa tecnologia, guardando alle componenti fisiche delle macchine”.
L’artista, che vive e lavora a Bologna, è la terza invitata dalla multinazionale a portare l’arte contemporanea italiana in pista: nel 2021 era stata la volta della scultura “a saetta” realizzata da Alice Ronchi (Ponte dell’Olio, 1989) per il GP di Imola, mentre nel 2022 era stato Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974) a pensare quello di Monza.
‘Tifone’, l’opera di Ruth Beraha che narra il dualismo umano e dello sport
“Una volta studiate le auto, ho incrociato ciò che mi raccontavano gli ingegneri di Pirelli con la mia formazione da storica dell’arte, pensando soprattutto alla mitologia”. Il groviglio mostruoso degli scarichi è diventato quindi una metafora dal sapore mitico, e dopo le prime ipotesi di Idre e Meduse l’artista è approdata a Tifone, personaggio con cento serpenti in testa noto per la sua forza straordinaria. Personificazione della natura nelle sue manifestazioni più violente, Tifone si fa qui metafora della complessa (e potenzialmente letale) relazione tra il pilota e la sua automobile, ma anche della vittoria in sé, splendente ma effimera. Beraha, che ha esposto in Italia ed Europa e ha vinto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Conai (2023), si è così riavvicinata ai temi propri della sua produzione artistica: le relazioni umane e i mutevoli rapporti di potere nella società, anche in una prospettiva femminista.
Proprio in quest’ottica, la lucente opera contiene anche un secondo dualismo, che è anche una delle anime del motorsport: la coesistenza tra tecnologia e artigianalità. Tifone è infatti figlio di un processo produttivo che unisce alta tecnologia e lavorazioni robotizzate – in primis il taglio e la realizzazione in 3D dell’opera – a lavorazioni di artigiani specializzati nella saldatura, lucidatura, assemblaggio e doratura, con una vera e propria operazione di oreficeria. Che ci racconta, in un colpo d’occhio, anche tanta storia della Formula 1.
Giulia Giaume
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