A Venezia viaggio nella realtà virtuale. Reportage dal Venice Immersive Island
A Venezia c’è un’isola dove puoi imparare a pilotare un aereo, uscire fuori dal tuo corpo e persino diventare un fungo. Tutto in un solo giorno. Non è un sogno: è la Venice Immersive Island, “rassegna nella rassegna” high-tech della Mostra del Cinema
Una piccola barca, con una dozzina di posti a sedere, diretta verso un’isola di soli due ettari a pochi passi dal Lido di Venezia. È la Venice Immersive Island, la rassegna in VR della 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, ospitata all’interno del primo lazzaretto della storia: un luogo magico e hi-tech dove sperimentare i più recenti risultati nel campo delle tecnologie immersive. Quest’anno raccoglie ben 44 progetti da 25 paesi – 28 in concorso, 10 fuori concorso e 6 progetti sviluppati nel corso di Biennale College Cinema – e infine 24 mondi sintetici da esplorare nella Worlds Gallery. C’è tempo fino al 9 settembre per scoprirli tutti.
Venice Immersive. Un’esperienza fuori dal corpo
In Songs for a Passerby di Celine Daemen osserviamo la vita che scorre nelle strade di una città senza mai farne completamente parte. Guidati nella simulazione della luce che passo dopo passo ci indica il percorso tra i vicoli, veniamo sorpresi da un estraneo: avvicinandoci con cautela scopriamo di aver incontrato noi stessi, o il nostro corpo. L’obiettivo è quello di “creare un’esperienza che indaghi la connessione tra il mondo fisico e quello metafisico: siamo sia un corpo che si muove nello spazio sia una mente che lo guarda”, spiega l’autrice. Ed è proprio per la sua capacità di rendere letterale la divisione tra corpo e mente che il VR è spesso affiancato a tematiche buddiste. È il caso di Tulpamancer di Marc Da Costa e Matthew Niederhauser: dopo aver risposto dettagliatamente alle domande sul nostro passato e presente rivolteci da un vecchio computer anni ’90, indossiamo il visore. L’intelligenza artificiale utilizza le informazioni fornite per condurci in una meditazione personalizzata per immagini virtuali generate automaticamente, una sorta di “manifestazione fisica del pensiero per mezzo della pratica spirituale e di un’intensa concentrazione” (nel buddismo tibetano, il “tulpa”).
Venice Immersive. Nuovi modi per connettersi alla natura
Spazio alla riflessione post-antropocentrica sulla natura con Peupler di Maya Mouawad e Cyril Laurier, che non propongono un’installazione VR, bensì un’esperienza condivisa in un ambiente immersivo fruibile in piccoli gruppi, in cui l’osservatore dialoga con la fitta rete di connessioni linfatiche di un albero, osservando l’inteconnettività dell’ecosistema e posizionandosi al suo interno con una nuova consapevolezza. Lo stesso tema torna in Forager, opera che permette di assumere il punto di vista di un fungo – organismo responsabile del mantenimento dell’intero ecosistema – viaggiando attraverso il micelio nel terreno, disperdendo le proprie spore nel vento e infine decomponendosi lentamente.
A Venezia è possibile pilotare un aereo (in realtà virtuale)
Con Aufwind – cortometraggio VR che narra storia di Charlotte Möhring e Melli Beese, le prime donne tedesche a entrare nell’ambiente allora esclusivamente maschile dell’aviazione – lo spettatore può cimentarsi in una simulazione di volo, mentre Body of Mine di Cameron Kostopoulos è un intenso viaggio in un corpo del genere opposto al proprio, che punta a far comprendere più profondamente la disforia di genere attraverso un’esperienza “full body” in prima persona e le testimonianze di diverse persone transgender. Infine impossibile non citare l’attesissimo Wallace & Gromit in “The Grand Getaway”, esperienza VR con gli iconici protagonisti in plastilina creati da Nick Park. Ben 23 anni dopo l’uscita dal film d’animazione ormai cult Galline in Fuga, la celebre Aardman Animations si mette alla prova con un’esperienza VR interattiva di ben 60 minuti.
Laura Cocciolillo
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