Apotropaike, l’artista che realizza ritratti delle vulve
Superare gli stereotipi non è facile: Apotropaike ci prova ritraendo vulve delle sue clienti. All’insegna del femminismo e dell’amor proprio
“Ho la camera oscura piena di passere” confessa candida la ravennate Vanessa aka Apotropaike, una disinibita artigiana-artista che si è dedicata con allegro profitto a realizzare ritratti di vulve su ordinazione, lavorando via foto e reinterpretandole in chiave pop, fino a renderle giganti e coloratissime. Così questi “vulva portraits” diventano un sintomo pulsante dell’autocoscienza femminista corrente, dove erotismo e autoerotismo coincidono orgogliosamente. Come dire altri dialoghi di altre vagine? Vanessa ormai se ne intende: “Nonostante i fantasiosi giudizi che riusciamo ad affibbiarci: troppo larga, troppo stretta, troppo serrata, disarmonica, spettinata, sproporzionata, ho pensato e ascoltato di tutto”, dice. “Ritraggo vagine (sì, lo so che si chiamano vulve), perché sono bellissime. Lo faccio in questo periodo in cui la labioplastica è l’operazione di chirurgia estetica più richiesta in Italia e in Europa, per quanto folle (e insano) possa sembrare. Apotropaike è nata con l’intento di restituire bellezza e potenza alla nostra parte più sacra. Ché le nostre figlie non abbiamo timore di guardarsi e si riconoscano stupende e divine così come sono”.
Le opere di Apotropaike
L’idea è dunque reinterpretare in pittura digitale fotografie intime, anzi intimissime, e ravvicinate, anzi ravvicinatissime, trasformandole in bandiere psichedeliche di quella femminilità che più femminile non si può. Le modelle (chiamiamole così) forniscono a Vanessa il materiale visivo di partenza e lei si occupa di manipolarlo estrosamente, con certo gusto spettacolare, e restituirlo infine alla gentile clientela in stampe fine art, di formato adeguatamente grande, su carta ultra glossy da 310g, pronte per essere incorniciate e appese presumibilmente in camera da letto, o dove altro, a piacere. Un incrocio di autoproduzioni, si potrebbe dire, che ha come fine ultimo appunto il piacere, soprattutto di piacersi.
E piace il lavoro dell’estroversa Vanessa, soprattutto alle donne; mentre gli uomini forse un po’ si intimoriscono, dinanzi a cotanta sfrontatezza. Di sicuro, sottolinea lei, è questa esattamente una “rappresentazione della bellezza dei genitali femminili fuori dagli stereotipi della narrazione di massa”. E anche i luoghi deputati a esporre la “vulva art” non possono essere banali: lo scorso 8 marzo una ricca personale di Apotropaike è stata ospitata nei locali del ristorante Casa Spadoni di Ravenna. Una gonna si alzava spudorata sotto la mimosa. Forse anche qui sta il segreto della Romagna, regione anticonformista e forte quant’altre mai, fortissima più che mai.
Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #73
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