Nuova opera di Ozmo sui muri di Roma ricordando Danilo Dolci
La conoscenza come chiave per essere liberi e strumento per costruire un mondo più giusto. Ozmo regala a una periferia romana un importante murale, dipinto sulla facciata di una scuola
Torna ad attingere dalla trama del passato il fuoriclasse Ozmo, artista emerso in ambito writing nei primi Anni ’90, da sempre poliedrico sperimentatore visivo, tra pittura e muralismo urbano, con incursioni nella grafica e nel fumetto. L’ultima sua opera di grandi dimensioni è stata presentata lunedì 9 ottobre a Roma, a suggello della nona edizione di Restart, Festival delle creatività antimafia e dei diritti, ideato e curato dall’associazione daSud. Sophia vive sui muri di una scuola di Lamaro, borgata popolare nella periferia sud-est, l’IIS Enzo Ferrari, che è anche sede operativa di daSud, con il suo progetto socio-educativo. Personificazione della saggezza e della conoscenza, la figura muliebre ha le fattezze di una dea greca, a cui l’artista consegna, tra micro cortocircuiti simbolici e temporali, un messaggio rivolto alle nuove generazioni, ma non solo: “un invito a lottare per la giustizia, la trasparenza e un futuro migliore”.
Ozmo. Tra mito e storia dell’arte
Ed è per Ozmo un’opera che funziona ancora una volta come dispositivo di rilettura critica dei luoghi, del patrimonio artistico, dei simboli collettivi. Unendo leggerezza, profondità di livelli, finalità comunicativa, impatto percettivo. Come per l’imponente Minerva (2016) in bianco e nero, sospesa sui tetti di un borgo della Val Camonica, ai piedi del castello medievale di Breno, guardiana del paesaggio montano, perfettamente e armonicamente incastonata tra le vette; o come l’ispirata rappresentazione del Ratto delle Sabine (Al suono delle trombe, 2019), con cui reinventò la facciata del tribunale di Rieti, citazione pittorica che arrivava dal Giudizio Universale dei fratelli Torresani, conservato presso il rietino Oratorio di San Pietro Martire. E ancora il San Sebastiano di Rubens (2019), dipinto su un muro di Parigi in occasione della Giornata mondiale contro l’AIDS, la genesi di Michelangelo in una cava di marmo a Carrara, l’imponente Santa Rosalia di Campo Felice di Roccella, in Sicilia (La più grande S. Rosalia del mondo, probabilmente, 2008), Amore e Psiche di Canova dipinto nel 2019 su un palazzo di Genova, a due passi dal Ponte Morandi: un abbraccio ascensionale in sostegno delle vittime del crollo.
E sono molti altri i casi in cui Ozmo ha rinnovato questa vocazione per il recupero di immagini iconiche provenienti dal mito e dalla storia dell’arte, sottoposte a filtri di natura sociale, morale, linguistica, estetica: un processo di rigenerazione visiva, attraverso cui il soggetto, nel dialogo necessario con i contesti in cui viene ricollocato, diventa materia flessibile, plastica, continuamente manipolata, lasciando che il nucleo semantico e concettuale originario si tramandi e insieme si apra a inedite contaminazioni. Un continuo entrare e uscire dai confini dell’immagine codificata, storicizzata, in certi casi massificata, operando slittamenti tra pittura e scultura, antico e contemporaneo, cultura alta ed elementi del pop.
Forme, simboli, allegorie nel nuovo murale di Ozmo a Roma
La Sophia di Ozmo, restituita con la consueta qualità pittorica, è avvolta in una veste dal morbido panneggio, come presa in prestito da una rappresentazione classica di natura allegorica. Il capo è rivolto dolcemente verso il libro sfiorato dalla mano destra: assorta tra i pensieri e la lettura, nutre la sensibilità, l’immaginazione, la conoscenza. Con sapienza compositiva, integrando l’immagine in modo non scontato con l’edificio, Ozmo sviluppa intorno alla figura una serie di elementi satellite, con funzione simbolica e insieme costruttiva: una sfera, sospesa a mezz’aria, si incastra nel perimetro di una finestra, agganciandosi così alla facciata, oltre i contorni del disegno principale, che ne risulta così dinamizzato, espanso. È una forma geometrica perfetta, chiamata a evocare il mondo delle Idee, il senso dell’equilibro, l’armonia dell’esistenza. Ed è affidata a una scia di colore arancione, traccia di una bomboletta spray, questa stessa spinta irregolare: un movimento a spirale da cui si originano tensione creativa ed evolutiva. I pixel in cui inizia a sfaldarsi il volto della dea (nota di stile ricorrente nei lavori dell’artista) disincarnano e attualizzano la figura, contribuendo all’ironico, eloquente mix tra soggetto storico e contemporaneità, sacralità dell’immagine e sua trasfigurazione digitale, unicum analogico e copia digitale. E così, la piccola icona del dito puntatore, corrispondente al cursore del mouse, è ulteriore richiamo all’attualità e al contesto in cui gli stessi studenti vivono il proprio rapporto con le immagini, con la realtà, con l’istruzione.
L’omaggio di Ozmo a Danilo Dolci
Ancora linee sghembe e piani dinamici a contrasto, con l’azzurro grafico che incornicia Sophia, tagliando la facciata in diagonale e funzionando anche come spazio testuale. Qui è inciso infatti l’ultimo verso di una poesia di Danilo Dolci, sociologo, educatore, attivista, pacifista, che tra gli Anni ’50 e ’70, in un luogo difficile come la Sicilia – dove scelse di vivere – lottò contro gli abusi della mafia e del potere politico, sempre in difesa degli ultimi, delle periferie, dei territori, dei quartieri popolari, dei diritti umani e civili.
C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.
C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
Tra le possibili vie da percorrere, nel difficile viaggio dell’educazione e della formazione, Dolci sceglie quella della verità e della consapevolezza: mostrare anche il lato peggiore del mondo, donare libertà di sguardo e di pensiero, offrire la conoscenza come chiave per entrare fra le pieghe delle cose, le più pure come le più dolorose. E così suggerire la portata del potere dei sogni, come riscatto, come differenza, come possibilità. “Ciascuno cresce solo se sognato”. Ciascuno, immaginandosi e lasciandosi immaginare diverso, sperimenti la via del cambiamento, per se stesso e per il mondo intorno: uniche armi al seguito, quelle della giustizia e del sapere. Un omaggio importante quello di Ozmo per Danilo Dolci, personaggio straordinario, qui inserito in un sistema ben calibrato di segni e di suggestioni: un esempio di arte pubblica in forma pittorica, che nella relazione forte con l’edificio e con la sua funzione sociale trova il proprio compimento e la propria vocazione genuinamente educativa, comunicativa.
Helga Marsala
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