Paraventi alla Fondazione Prada. Una mostra tra Milano, Tokyo e Shanghai
Una storia di migrazione culturale, che a partire dalla Cina degli Zhou raggiunge il Giappone nell’VIII secolo, spostandosi poi in Occidente nel Tardo Medioevo, sulle rotte delle navi portoghesi
È risaputo che Coco Chanel collezionava paraventi, in particolare era affascinata dai Coromandel (dal cinese kuan cai, letteralmente “policromo e intagliato”): arrivò a raccoglierne trentadue, otto dei quali riservarti al proprio appartamento al 31 di Rue Combon a Parigi. Ora Miuccia Prada con la fondazione che porta il suo nome propone Paraventi: Folding Screens from the 17th to 21st Centuries una triplice mostra contemporaneamente a Milano, Shanghai e Tokyo. Sulla locandina che la annuncia è stato scelto proprio un Coromandel del XVIII secolo alto due metri e lungo sei, proveniente dalla Colouste Gulbenkian Foundation di Lisbona. Le tre sedi di questa esposizione non sono frutto del caso: quella del paravento è una storia di migrazione culturale, che a partire dalla Cina degli Zhou (771-256 a.C.) raggiunge il Giappone nell’VIII secolo e si sposta poi a Occidente nel Tardo Medioevo, sulle rotte delle navi portoghesi.
I paraventi in mostra da Prada
Sono settanta i pezzi esposti nel Podium di Piazzale Isarco. Si tratta di manufatti individuati del curatore Nicholas Cullinan, direttore della National Portrait Gallery di Londra: provengono da collezioni private e musei di ogni parte d’Europa, i più antichi del XVII secolo sono affiancati da quelli commissionati per l’occasione a diciotto artisti, tra i quali Wade Guyton, Anthea Hamilton, William Kentridge, Kerry James Marshall, Chris Ofili, Laura Owens, Betye Saar, Tiffany Sia, Wu Tsang, Luc Tuymans e Francesco Vezzoli.
Al piano terreno del Podium il visitatore può circolare tra sette sezioni tematiche disposte senza soluzione di continuità. “Public/Private” enfatizza ad esempio la funzione di paraventi capaci di creare spazi di intimità in una dimensione domestica. “Split Screens” guarda invece al modo in cui i paraventi sono oggi influenzati dalla nostra pervasiva esperienza digitale: qui il paravento assume i connotati di schermo una superfice insieme opaca o trasparente esattamente come accade per i nostri dispositivi in posizioni on/off.
Il paravento queer
Immancabile l’attenzione per l’estetica queer che trasforma questo oggetto quotidiano in elemento “trasgressivo”. Tra gli altri spiccano il paravento realizzato da Duncan Grant del Gruppo Bloomsbury di Charleston (Sussex, Regno Unito) per l’Omega Workshop, quello del 1929 di Francis Bacon risalente al suo primo periodo di decoratore (attività in seguito considerata dall’artista ormai celebre un certo imbarazzo) e World of Cats (1966), opera dell’attore, scrittore e collagista britannico Kenneth Halliwell.
In contrasto con l’approccio non cronologico adottato al piano terra, il piano superiore del Podium rivela un bosco incantato di manufatti sistemati in ordine storico. Posti all’ingresso stanno paraventi cinesi e giapponesi realizzati tra il XVII e il XIX secolo superati i quali ci si imbatte in ibridi dove la tradizione orientale si contamina con quella occidentale fino raggiungere opere di designer e artisti nel XX e XXI secolo.
Avanguardie storiche, architettura e paraventi
Non prive di contraddizioni e di un evidente sforzo a confrontarsi con oggetti progettati in una cultura altra, ci troviamo di fronte a creazioni, di designer e dell’architetti quali Alvar Aalto, Charles e Ray Eames, Le Corbusier, Josef Hoffmann e Jean Prouvé. Alle sperimentazioni di Giacomo Balla, René Magritte e Pablo Picasso (quest’ultimo come sempre un passo avanti rispetto a tutti). E infine a una scomposta quanto attraente sequenza di opere di contemporanei, fra i quali Marlene Dumas, Mona Hatoum, Yves Klein, Sol LeWitt, Keiichi Tanaami, Cy Twombly e Luc Tuymans. Tra i più giovani sono Kamrooz Aram, Atelier E.B (Beca Lipscombe & Lucy McKenzie) e Małgorzata Mirga-Tas.
La mostra prevista a Shanghai include due paraventi cinesi del XVII e XVIII secolo: un piccolo po a piantana destinato a una scrivania e un paravento imperiale a 12 pannelli. Ospita inoltre ocinque nuove opere commissionate a Tony Cokes, John Stezaker, Shuang Li, Wu Tsang e Cao Fei.
Paraventi a Tokyo
La mostra di Tokyo presenta invece opere di Keiichi Tanaami, uno dei principali artisti pop giapponesi dagli anni Sessanta. La mostra include anche il prezioso paravento a sei pannelli, Plum, Bamboo and Mynah Birds, realizzato da Terutada Shikibu, nel XVI secolo utilizzando la tecnica a inchiostro e acqua.
Nota a margine. Il progetto espositivo dello studio di architettura SANAA tiene conto della particolare luce naturale nel Podium e artificiale al primo piano. Una costellazione di ambienti che confluiscono l’uno nell’altro è ottenuta con pareti curvilinee di plexiglas trasparente, alternate a tessuti-tenda dalla linea sinuosa, che schermano la luce proveniente dall’esterno. Al piano superiore i paraventi sono disposti in ordine serrato su piedistalli sagomati che ne enfatizzano le forme, in omaggio agli innovativi allestimenti museali del MASP di San Paolo, realizzato da Lina Bo Bardi, e al lavoro di SANAA per il museo Louvre-Lens.
Aldo Premoli
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