Quadri come luoghi. Quando le opere diventano spazi, ambienti e paesaggi
Le opere di 23 artisti, in cinque spazi inusuali delle province di Brescia e Bergamo, fanno emergere il potenziale tra superficie e cornice, tra opera d’arte e la dimensione che la circonda
Sono cinque gli ambienti di altrettanti borghi tra campagne e fiumi del bergamasco e del bresciano a ospitare le opere di ventitré artisti contemporanei per la mostra Quadri come luoghi, in corso fino al 29 ottobre. Spazi nati per scopi differenti dalle esposizioni d’arte e, anche per questo, scelti a definire un percorso curato da Davide Ferri con la collaborazione di Barbara Meneghel, in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura. Gli affreschi rinascimentali stratificati nelle sale della dimora estiva degli Sforza, Palazzo Oldofredi Tadini Botti, e annessa chiesa sconsacrata di San Rocco, a Torre Pallavicina, ospitano opere di Franco Guerzoni, Maria Morganti e Michele Tocca, accomunate da una medesima ricerca sulla superficie e sulle sedimentazioni che dialogano con le pareti della sede.
Quadri come luoghi: le opere in mostra
Insieme a loro, due opere di Matteo Fato e, nella cappella, i quadri di Simone Berti, colloquiano con l’installazione di Alfredo Pirri. A Ospitaletto, all’interno di Villa Presti, chiaro esempio di architettura novecentista, attuale sede del Museo dedicato allo scultore bresciano Domenico Ghidoni, sono state poste le opere di sei artisti. Si annodano agli affreschi parzialmente riconoscibili delle pareti due dipinti di Nicolà Samorì, che emergono dal fuoco che li consuma all’interno, insieme alle indefinite superfici mutanti di Linda Carrara e la grande aquila di Davide Rivalta, nata da macchie di colore. I minimali paesaggi urbani di Marco Neri e gli eterei acrilici timbrati su tela di Federico Pietrella intessono un dialogo con le poetiche opere di Nazzarena Poli Maramotti. È la Cascina Castello di Mornico al Serio, dove Ermanno Olmi ha girato il film L’albero degli zoccoli, a contenere i lavori di Mirko Baricchi, Antonio Marchetti Lamera, Alessandro Sarra e Serj, in un susseguirsi di dipinti astratti, ombre che emergono dalle tele, paesaggi indefiniti e neri profondi, che cercano una relazione con la memoria storica del luogo.
Così anche a Calcio, è un ambiente sacro – l’oratorio di San Fermo con il suo cimitero – ad accogliere nel silenzio le sculture di Gregorio Botta e i lisergici dipinti di Alessandro Fogo. E la pittura è anche protagonista a Capriolo dove Palazzo Adorni, edificio privato quattrocentesco, apre le sue stanze ai minimali e infantilisti olii su tavola di Beatrice Meoni e alle tele di Gabriele Picco, la cui qualità onirica e illustrativa ben si sposa con le carte dipinte in acrilico da Marta Pierobon, in un contrasto cromatico tra il buio illuminato del primo e i colori squillanti dell’altra. L’attenzione al colore appare anche nelle Empty Walls di Farid Rahimi che gioca con l’assenza sottolineandone le tinte. Al centro dello spazio coesistono le morbide superfici in poliestere di Corinna Gosmaro, che escono dalla bidimensionalità per abbracciare il volume.
Quadri come luoghi: il concept della mostra
È un filo rosso che attraversa tutta la mostra nelle sue diverse tappe il potenziale evocativo che emerge da ambienti insoliti e il confronto con la pittura. Come sottolinea il curatore nella sua intervista in catalogo, a partire dall’intenzione di realizzare una mostra che parlasse innanzitutto di “diversi possibili tipi di relazione che un dipinto può intrattenere con un luogo, un luogo inteso come spazio nel quale è collocato”, è subito parso evidente che “alla suggestione dei luoghi (e al dialogo con i dipinti che ne amplificasse e rilanciasse certe caratteristiche) se ne sovrapponeva un’altra: che il dipinto, da molti punti di vista, è esso stesso un luogo. Non solo nel senso che questo luogo può rappresentarlo e descriverlo come fa un dipinto di paesaggio o d’interno, ma nel senso che un quadro definisce dentro di sé e attorno a sé una specie di campo energetico che lo determinano come luogo separato dal mondo circostante”.
Silvia Scaravaggi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati