L’arte di raccontare i processi penali con il disegno: il caso Donald Trump
Il processo a Donald Trump ha riportato sotto i riflettori una tradizione artistica antica, quella dei disegnatori che raccontano i processi. Un tempo unica maniera per avere documentazione dei procedimenti legali, questo genere artistico è ancora vivo
Abbiamo visto tutti le illustrazioni che descrivono il processo all’ex presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump, incriminato – tra le altre cose – per le sue responsabilità negli eventi che portarono all’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021. Per un’antica tradizione, nelle aule di giustizia del Paese americano non sono ammesse macchine fotografiche, ed è pertanto consuetudine arruolare illustratori di professione per rendere graficamente visibile l’atmosfera all’interno delle aule. Ma come nasce questa curiosa usanza?
Uno dei primi esempi di questa tipologia artistica ci porta nell’atmosfera delle colonie del Nuovo Mondo, con i processi per stregoneria di Salem, nel New England. Questo episodio agghiacciante della fine del Seicento americano è protagonista di un dipinto dello statunitense Tompkins Harrison Matteson, Examination of a Witch del 1853. Nel volume Pioneers in the settlements of America del 1876 di William August Craft, troviamo un’eloquente incisione che raffigura un’aula di tribunale in cui veniva celebrato un processo per stregoneria.
Il ritratto nelle aule giudiziarie
Già a inizio Novecento il “Courtroom Sketching” era un genere particolarmente apprezzato dal pubblico. Eppure la svolta arrivò nel 1932, in un mondo ormai dominato dal giornalismo fotografico. Il casus belli fu il processo al sequestratore e assassino del figlio dell’aviatore Charles Lindbergh. In seguito al frastuono mediatico che circondò il processo a Bruno Hauptmann, ritenuto colpevole in quello che venne definito il “processo del secolo”, vennero bandite le registrazioni dall’interno dell’aula di giustizia (Rule 53); una norma in seguito implementata dal Judicial Conduct Canon 35 dell’American Bar Association, che proibiva l’utilizzo di macchine fotografiche o da presa all’interno dei tribunali.
“Courtroom Sketching”. Il successo delle artiste
Particolarmente solida è la tradizione delle artisteche trovarono fama e successo nell’ambito di questo genere di illustrazione. Una delle prime fu Marguerite Martyn, che collaborò come giornalista-vignettista politica con il St. Louis Post-Dispatch. Tra le sue più celebri incisioni giudiziarie, spicca il racconto nel 1910 del processo a Dora e Loren Doxley, uno dei più seguiti di tutta la storia di St. Louis. In seguito numerose altre artiste percorreranno la strada coraggiosamente tracciata da Marguerite Martyn: all’inizio degli Anni Settanta un gruppo di attivisti contrari all’intervento nella guerra del Vietnam irruppe nella convention nazionale del Partito Repubblicano a Miami. I responsabili vennero accusati di sedizione; i disegni dell’artista Aggie Whelan Kenny ne raccontarono il processo. Il suo diritto a rappresentare quel che accadeva in tribunale fu questionato, e questo portò a una svolta epocale con il caso United States v. Columbia Broadcasting System del 1974, la cui sentenza sancì il diritto degli artisti di sedere in aula per coprire e raccontare al pubblico quello che accadeva. Aggie per il suo lavoro in televisione vinse addirittura il premio Emmy nel 1974.
“Courtroom Sketching”. Altri casi oltre l’America
L’artista britannico William Hartley, attivo all’inizio del secolo, è la prova che il genere artistico del “Courtroom Sketching” non è un fenomeno esclusivo del continente americano. I disegni di Hartley sono oggi giustamente conservati nel Crime Museum di New Scotland Yard, a Londra.
Numerosi altri artisti sono oggi ricordati per il loro contributo a questa disciplina, come nel caso di Howard Brodie, che narrò con il suo sofisticato e intenso carboncino le cronache della Seconda Guerra Mondiale, della guerra in Corea e dell’intervento statunitense in Vietnam. Ma i suoi disegni più famosi sono quelli che riportano al grande pubblico le udienze dei casi più popolari che sconvolsero l’opinione pubblica americana nel corso degli Anni Sessanta e Settanta, come il processo a Jack Leon Ruby/Rubenstein o al pluriomicida Charles Manson. Joseph Wood Papin appartiene alla generazione successiva di artisti di corte, a cui spetterà il compito di narrare lo scandalo del Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon. Nel 1986, Joe Papin tornò a narrare i processi alla mafia italoamericana legata al clan Gambino, in particolare quello relativo al boss John Gotti. Le opere di Papin sono ora conservate nella Biblioteca del Congresso statunitense.
I processi a Unabomber e Michael Jackson
L’arte del disegno in tempo reale vanta attualmente araldi di grande qualità come Bill Robles, che narrò i processi a personalità pubbliche controverse come l’ex giocatore di football O.J. Simpson, Ted Kaczynski (meglio noto come “Unabomber”) e la popstar Michael Jackson. Anche Arthur Lien, oggi ancora in attività, ritrae sin dagli Anni Settanta le intense scene tratte dalle aule di tribunale, giovandosi di un forte senso per la recitazione e una freschezza tutta moderna nella composizione dei suoi disegni. Dana Verkouteren è un’artista con uno stile molto ordinato e preciso, che pare evidenziare la coreografia quasi teatrale dei principi del foro, ponendo l’accento sui riti che accompagnano la vita nelle aule di giustizia, come i giuramenti a mano alzata, le arringhe e i comportamenti meditabondi degli imputati. A lei toccò raccontare il processo a uno degli imputati accusati di aver partecipato all’attentato dell’11 settembre 2001, Zacarias Moussaoui.
Il caso di Donald J. Trump
Giungendo alla scena odierna, il processo a Donald J. Trump ha portato alcuni osservatori a criticare il modo in cui è stato ritratto l’ex presidente: è il caso del veterano William J. Hennessy Jr., accusato di aver disegnato in maniera troppo accondiscendente l’imputato, ringiovanendolo di svariati decenni. Di segno opposto è stata invece l’illustrazione realizzata dalla talentuosa Jane Rosenberg, autrice di un’opera divenuta immediatamente virale. Qui Trump appare decisamente indispettito, imbolsito nel suo livore, che lancia un’astiosa occhiata al procuratore Alvin Bragg. Il disegno ha avuto addirittura l’onore di diventare la copertina di un numero del leggendario New Yorker (numero del 17 aprile 2023). In un’epoca come quella in cui viviamo, nella quale il disegno tradizionale è messo in crisi da reinterpretazioni dozzinali e di basso valore creativo prodotte frettolosamente dall’intelligenza artificiale di turno, il bozzetto rapido, istintivo, di pancia, è in grado di illustrare nel migliore dei modi tutto quello che anche la migliore telecamera o la più precisa macchina fotografica non riusciranno mai a rappresentare: la natura contraddittoria del genere umano.
Thomas Villa
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