Apre ad Amsterdam il museo per l’arte sofisticata e innovativa di Studio Drift

Dal 2025 le opere del duo olandese Lonneke Gordijn e Ralph Nauta saranno fruibili in forma permanente ad Amsterdam: una porzione di un dismesso sito industriale nella capitale accoglierà infatti il nascente Drift Museum

Non più solo scenografiche coreografie di droni nei cieli del mondo, fluttuanti danze di luci (come Social Sacrifice, proposta in concomitanza con la 59esima edizione della Biennale di Venezia) ed effimere ricostruzioni luminose di monumenti rimasti variamente incompiuti a tutte le latitudini: dall’inizio del 2025 esisterà un luogo fisico in cui, in forma stabile e in maniera continuativa, sarà possibile misurarsi con la produzione artistica di Studio Drift. Nel centro di Amsterdam, parte di un complesso di capannoni industriali, progettato dall’architetto olandese Adolf Leonard van Gendt nel 1898, diverrà infatti sede del Drift Museum. Un luogo, promettono Lonneke Gordijn e Ralph Nauta (fondatori dell’apprezzato atelier artistico attivo dal 2007), concepito come “il risultato di tutto ciò a cui abbiamo lavorato negli ultimi 17 anni” che, negli intenti dei due autori, dovrà essere in grado di suscitare “meraviglia e risposte emotive nei visitatori” affinché “si sentano più connessi al nostro pianeta e alla natura”. Una categoria quest’ultima non a caso citata dal duo, la cui reputazione e notorietà si basa su interventi spiazzanti, improbabili, sofisticati, poetici, coinvolgenti, ma sempre accomunati dalla volontà di sondare la relazione tra tecnologia, individuo e, appunto, natura.

Nel 2025 aprirà ad Amsterdam il Museo Drift

Direttamente coinvolto nell’operazione è l’imprenditore Eduard Zanen, proprietario dello storico immobile destinato ad accogliere il nascente museo che, già dal 2020, è oggetto di lavori di restauro e adeguamento funzionale. Di base all’Aia, lo studio di architettura Braaksma & Roos è stato scelto per la progettazione dell’intervento: in particolare, due dei cinque capannoni del dismesso polo produttivo verranno destinati al Drift Museum, per un totale di 8mila metri quadrati; il resto degli ambienti, invece, ospiterà uffici, start-up, un hub per attività sportive, ristoranti. I 500mila visitatori annui attesi attraverseranno spazi monumentali, che dovrebbero conservare l’impronta industriale di un tempo: entrambi gli spazi espositivi scelti presentano uno sviluppo in lunghezza pari a 160 metri, con 18 metri di larghezza per 20 metri di altezza. Dimensioni particolarmente adeguate per la produzione artistica di Studio Drift, che include anche opere su larga scala e tecnologicamente avanzate, talvolta a carattere performativo e non sempre adatte alla presentazione in contesti museali convenzionali. “Considero una mia responsabilità preservare per il futuro questo edificio, e trasformarlo con tecniche di restauro innovative in un monumento nazionale a prova di futuro, sostenibile ed energeticamente neutrale”, ha precisato Zanen in relazione al Van Gendt Hallen, memoria architettonica di Amsterdam scampata alla demolizione e proiettata verso un avvenire, almeno sulla carta, molto promettente.

Drift Museum, vGendthallen
Drift Museum, vGendthallen

Natura, persone e tecnologia nelle opere di Studio Drift

Il progetto del museo costituisce un indubbio punto di svolta nella carriera di Studio Drift, realtà cresciuta rapidamente su scala globale, ma legata alla propria città d’origine: Amsterdam. È stato del resto proprio nella cornice dello Stedelijk Museum, tra i punti di riferimento dell’offerta museale nella capitale dei Paesi Bassi, che il duo ha messo a segno uno dei suoi successi espositivi più rilevanti. Visitata da circa 280mila persone, la personale Studio Drift. Coded Nature nel 2018 riunì interventi d’eccezione e opere al loro debutto assoluto, tra cui Drifter, un monolite sospeso in cemento di quattro metri per due per due. Lo Stedelijk, inoltre, segue e sostiene il lavoro del duo sin dalla sua fondazione: nel 2015 ha acquisito Fragile Future Chandelier 3.5 (2012), un’installazione luminosa che incorpora semi di tarassaco; più di recente ha arricchito la propria collezione con Volkswagen Beetle 1980 (2018), lavoro sviluppato ed esposto per la prima volta in occasione della già citata retrospettiva. E chissà che non possa prossimamente siglare una qualche forma di partnership o collaborazione con il Drift Museum.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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