Esce il libro che racconta tutte le residenze d’artista in Italia
La mappatura Endless Residency è una ricognizione sul panorama italiano delle residenze per artisti dagli Anni ’90 fino ad oggi. L’intervista agli autori Caterina Angelucci e Giulio Verago
È diventato una pubblicazione Endless Residency il progetto di Viafarini a Milano che promuove e stimola il dibattito culturale attorno alla mobilità artistica e la conoscenza delle migliori pratiche italiane e internazionali. I protagonisti hanno raccolto le prime evidenze emerse dall’osservatorio in un volume edito da Postmedia books. Abbiamo intervistato gli autori Caterina Angelucci e Giulio Verago, per farci raccontare com’è nato il libro e cosa è emerso da questo percorso pluriennale.
Questo libro parte da uno sguardo ampio, parte da una ricognizione storica per arrivare ai giorni nostri. Come si è evoluto nel corso del tempo l’approccio degli artisti con la mobilità, la possibilità di conoscere, confrontarsi con altri luoghi e colleghi?
Nel libro che restituisce la prima fase della ricerca Endless residency abbiamo ricostruito come, nello specifico, a partire dagli anni Novanta grazie all’evoluzione delle tecnologie, alla maggiore accessibilità agli spostamenti anche di media lunga percorrenza, e all’esplosione delle scene artistiche extra-europee si affermano nuove piattaforme per accogliere artisti-ricercatori.
Spiegaci meglio.
La mobilità passa dall’essere vissuta come un’esperienza sporadica a diventare un’occasione sempre più imprescindibile per consolidare il proprio curriculum. Con il volgere del secolo a una prima generazione di residenze ancora centrate nel mondo dell’arte si affiancano opportunità che favoriscono il dialogo dell’artista e del curatore con le comunità ospitanti, alla ricerca di un coinvolgimento più empatico con il contesto. Oggi sempre più spesso le residenze sono ambienti di apprendimento che creano comunità impermanenti di artisti. SI promuove così uno scambio orizzontale di conoscenza che spesso è più importante della semplice produzione di nuovi lavori.
Quali sono invece le specificità italiane in particolare a partire dagli anni Novanta fino ad oggi?
Dalla ricerca condotta a partire dai seminari promossi in Italia negli ultimi anni emerge un ritardo nell’affermazione della mobilità presso le istituzioni, inclusi i Musei e le Fondazioni. Alla sostanziale mancanza di opportunità dedicate la scena artistica ha risposto in modo frammentato ma vivace: Il quadro sembra infatti rispecchiare la complessità di una realtà divisa tra pochi centri urbani di eccellenza, con ambizioni internazionali, e un tessuto di iniziative locali tra borghi e distretti, portatori di percorsi virtuosi di rigenerazione urbana e valorizzazione territoriale. Anche se nel Paese la mobilità artistica ha radici profonde nel tessuto culturale ed è riflesso di mecenatismo e logiche imprenditoriali illuminate, mancano ancora strumenti dedicati che possano garantire continuità a queste forme di supporto.Negli anni Novanta è stato fondamentale il ruolo degli spazi indipendenti per aprire il dibattito sul tema, a partire dagli anni Zero si sono affermati i primi premi e borse di ricerca per arrivare oggi a una gemmazione di opportunità diffuse su tutto il territorio nazionale. Grazie alla nostra ricerca si è registrato come inizialmente queste realtà avevano sede prevalentemente nelle grandi città mentre oggi dopo Brexit e la pandemia si sono ricollocate in centri fuori dalle rotte più frequentate, favorendo anche un ricambio generazionale tra gli operatori.
In un contesto sociale e culturale come quello odierno, dove si è tutti connessi, raggiungibili e vicini ma allo stesso tempo ognuno è intrappolato nella propria bolla che importanza e che valore ha per gli artisti vivere un’esperienza come quella di una residenza artistica?
Come già evidenziato da ricerche sociologiche e antropologiche (ad es. la teoria dei cronotopi del Prof. Pascal Gielen) oggi le residenze possono rappresentare sia acceleratori di progetto centrati sulla produzione di nuovi lavori che piattaforme di ricerca e connessione per coltivare l’otium rigenerante e il dialogo tra arti visive e altri contesti disciplinari.Tra questi due estremi fioriscono modelli ibridi, anche nomadici, che favoriscono la visibilità dell’artista nella società e il riconoscimento della ricerca artistica con pari dignità rispetto a quella scientifica. L’affermazione dell’artista-ricercatore e della responsabilità sociale del suo operato può contribuire a far percepire il mondo dell’arte come una realtà più inclusiva, meno autoreferenziale e più integrata nell’opinione pubblica.
Come proseguirà il progetto Endless Residency e che futuro immaginate per la mobilità artistica degli artisti nel prossimo futuro?
Come suggerisce il titolo che abbiamo scelto con Silvia Conta, il futuro del progetto prevede nuovi contenuti editoriali in forma di focus e il prosieguo dei “dispacci” per continuare a raccontare le esperienze di mobilità dando voce agli artisti stessi.
L’osservatorio vuole inoltre promuovere occasioni per rendere più visibile la scena italiana in dialogo con analoghe iniziative internazionali, anche grazie alla partnership con Res Artis.In un futuro prossimo auspichiamo che nascano nuovi strumenti di sostegno mirati alla scena italiana, così da colmare il gap che ancora ci separa dalle buone pratiche internazionali. L’osservatorio continuerà a raccogliere le ricerche pubblicate sulla mobilità, anche in forma di tesi, per mantenere in continuo aggiornamento l’evoluzione di un processo che non si esaurisce in se stesso.
Dario Moalli
Caterina Angelucci, Giulio Verago – Endless Residency – Osservatorio sulla mobilità artistica
Postmedia books, 2023
pag. 114, € 14,90
ISBN 9788874903702
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