I progetti artistici sperimentali e storici possono essere istituzionalizzati?
Cosa avviene quando un progetto sperimentale fa la storia? E quale deve essere il ruolo delle istituzioni in questo contesto? Può una storia anticonformista essere istituzionalizzata? L’opinione del curatore Marco Scotini
A Bologna, l’esperienza della galleria Neon si è protratta per trent’anni, dal 1981 al 2011. “Una storia anomala”, la definisce il suo fondatore, Gino Gianuizzi, nell’introdurre il volume NO, NEON, NO CRY (edito dal MAMbo) che quella vicenda originale e anticonformista cerca di raccontarla raccogliendo le voci di amici, artisti, curatori, appassionati, galleristi, assistenti di gallerie, studiosi, professori. Negli scorsi giorni, come ricorda Livia Montagnoli in questo articolo, il ruolo esercitato da Neon ha favorito un dibattito dagli esiti non scontati a partire dalla relazione, nato sul profilo Facebook dell’Assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna Mauro Felicori. Ora questo dibattito prosegue sulle pagine di Artribune, ricordando che nella storia dell’arte italiana esistono molte vicende, come Neon, che hanno fatto sperimentazione, lanciato artisti oggi fondamentali, costruito idee e movimenti. Come fare per salvaguardare questo tipo di esperienze? Come garantirne la storia e la sopravvivenza? É giusto o sbagliato chiedere alle istituzioni di occuparsene? E cosa succede quando una dimensione sperimentale entra nelle maglie di un sistema istituzionale? Lo abbiamo chiesto al curatore Marco Scotini.
L’opinione di Marco Scotini
Per chi ha familiarità con le teorie del post-operaismo italiano, si tratta di un tema molto frequentato e centrale al pensiero contemporaneo. Quello, cioè, del rapporto tra potere costituente e istituzione. Il potere costituente fonda nuove istituzioni sociali che non si fissano mai in potere costituito. All’interno di tale concezione l’istituzione costituente è sciolta dal suo vincolo tradizionale con la sovranità statale, così come dalle funzioni di conservazione dell’ordine costituito e riformulata come quella struttura organizzativa che prolunga nel tempo la sperimentazione e la mutazione storico-sociale. Il potere costituente per rimanere tale dovrà sempre essere rigenerato dai movimenti sociali senza riprodurre una gestione monopolistica di tipo sovranista. Tale configurazione riguarda ogni istituzione sociale e non solo le istituzioni artistiche. Ad un altro livello di discorso è quanto io ho cercato di fare con la distinzione tra Archivio e Storia nel mio ultimo libro “L’inarchiviabile” pubblicato da Meltemi. Le istituzioni costituenti sono plurali e differenti, si organizzano in modalità non centralizzate e non gerarchiche, sono diffuse capillarmente perché si fondano a partire da contesti situati, locali. In proposito mi vengono in mente realtà recenti che hanno avuto una grande capacità di garantire la sopravvivenza di situazioni straordinarie che, diversamente, sarebbero andate perse. Da un lato vorrei portare l’esempio dell’Asian Art Archive di Hong Kong, fondato nel 2000, con la sua capacità di raccogliere e documentare la storia dell’arte contemporanea recente in Asia, facendo convogliare insieme documenti di storie femministe, performative, letterarie e che è stato presentato anche all’ultima edizione di documenta.
Il tema dell’archivio in Italia e all’estero
Dall’altro lato l’Arab Image Foundation fondata nel 1997 a Beirut da fotografi e artisti come Akramn Zaatari, Fouad Elkouri e Walid Raad che cerca di collezionare, preservare e studiare la fotografia come elemento materiale del Medio Oriente, del Nord Africa e della diaspora araba. Recentemente, in quest’ultima istituzione, si è cercato di passare da un potere costituente a uno costituito con la minaccia di far perdere il suo carattere originario alla Fondazione da cui, non a caso, gli artisti hanno preso le distanze. Dunque, in Italia si tratterebbe di istituire qualcosa che ancora non vedo, se non nella raccolta di archivi mainstream da parte di musei come il Castello di Rivoli e il Maxxi. Però finora ho cercato di parlare di qualcos’altro di diverso.
Marco Scotini
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