Il pittore di Venezia: un grande ritorno per Italico Brass
La mostra all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti raccoglie oltre cento opere di Italico Brass, tra i maggiori esponenti della pittura veneta di inizio Novecento, nonché nonno del regista Tinto
Grazie a una lunga e preziosa ricerca, lineadacqua edizioni e l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti riportano l’attenzione su un pittore da tempo scomparso dalle scene, nonostante nella sua epoca avesse contribuito sia a rinnovare la pittura veneziana sulla base delle nuove istanze impressioniste, sia alla valorizzazione di artisti e luoghi della Serenissima.
Tra l’inizio del Novecento e gli anni Trenta era una celebrità: già durante il suo settennale soggiorno a Parigi si era guadagnato il titolo di “pittore di Venezia” e, dopo il trasferimento nella Serenissima, riuscì a inserirsi a pieno titolo nel panorama culturale della città. Stiamo parlando di Italico Brass (Gorizia, 1870 – Venezia, 1943), un pittore che partecipò alla prima Biennale e poi a tutte le edizioni successive (fatta eccezione per quelle del 1907 e del 1909, mentre nel 1910 ebbe una personale), per poi essere convocato in età matura ai comitati scientifici delle grandi mostre dedicate a Tintoretto e a Tiziano. All’epoca si era infatti affermato come mercante d’arte e come raffinato collezionista. A questo straordinario successo in vita seguì un oblio di oltre 70 anni, a cui ora pone rimedio la mostra all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.
L’eredità di Italico Brass
Una dimenticanza che suona ancor più strana se si considera che non sarà sfuggito il particolare cognome, lo stesso portato anche dal ben più celebre nipote di Italico, Tinto, che ereditò dal nonno non solo una tensione creativa – pur con gli ovvi distinguo! – ma anche una parte del corpus pittorico. Questioni di famiglia evidentemente hanno coperto con un velo di silenzio l’arte di Italico Brass, mentre la collezione di arte antica è andata dispersa e, come testimoniano esperti di fiere di antiquariato, talvolta fa capolino in notevoli pezzi che circolano nel mercato.
Italico Brass: cronista di una Venezia dei veneziani
Più di cento opere di Brass – di cui oltre la metà mai esposte prima – sono quindi uscite dalle dimore degli eredi e dei collezionisti per approdare nelle sale di Palazzo Loredan. I nuclei di dipinti e disegni ripercorrono i luoghi e le esperienze dell’artista e, a un primo sguardo, emerge chiaramente la sua capacità di osservare una Venezia minima, che non esiste più: gli splendidi monumenti ci sono, ma i veri protagonisti sono gli abitanti di una città vissuta, mai “zuccherosa”, che viveva allora una quotidianità normale, fatta di lavori artigianali (le “impiraperle” e le merlettaie di Burano), di processioni religiose (su ponti di barche!), di regate, di giornate in spiaggia al Lido, del trionfo del Carnevale, delle conversazioni ai tavolini del Caffè Florian. Un focus assai interessante riguarda l’artista nel ruolo di pittore di guerra – la prima mondiale – su incarico del Comando Supremo e della Regia Marina.
E l’osservatore attento non può non notare come l’esperienza parigina, a contatto con i pittori impressionisti, abbia segnato lo stile di Italico Brass, che dal 1895 portò in Laguna l’approccio alla luce naturale, l’osservazione della realtà e la sua resa con pennellate di colori puri. “Brass è un pittore anti-ottocentesco”, dichiara il curatore Giandomenico Romanelli. “Si orienta infatti verso la modernità e grazie alla conoscenza dell’Impressionismo scardina la struttura dei dipinti e costruisce una propria griglia e un trattamento del colore assolutamente personale”.
Italico Brass e la tutela del patrimonio veneziano
Ma non sono da trascurare anche le “attività collaterali” di Brass: nel 1918 acquistò l’Abbazia della Misericordia e per molti anni si dedicò al restauro, a sue spese. Quei locali divennero sede del suo atelier, della sua collezione e della sua attività di commercio di opere d’arte: luoghi frequentati da artisti, giornalisti e intellettuali dell’epoca (tra cui il critico d’arte Nino Barbantini, primo direttore della Galleria di Ca’ Pesaro). Fu la realizzazione di un suo sogno e, per noi, significativa iniziativa di tutela del patrimonio veneziano. Tutela che secondo Andrea Rinaldo, presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, “deve essere anche quella delle civiltà e del patrimonio sociale delle comunità umane: e che salvare Venezia dalle acque potrebbe essere inutile se poi non fossimo capaci di restituirle una dimensione di città compiuta”.
Marta Santacatterina
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