La SIAE sta rendendo impossibile il lavoro dei giornali d’arte
Abbiamo pubblicato un’approfondita recensione sulla mostra di Giorgio Morandi a Palazzo Reale di Milano, ma dentro non ci avete trovato fotografie di opere e allestimento. Ecco il motivo. Ed ecco la sentenza che fa sperare in un cambiamento delle regole vigenti
Raccontare la pittura, facendo a meno di mostrarla. Una contraddizione insensata, disturbante. Le opere? Basta usare il ricordo, l’immaginazione, oppure andarsele a cercare altrove. È quello che ci è capitato di recente con l’ampia recensione dedicata alla retrospettiva su Giorgio Morandi, in corso a Palazzo Reale di Milano. Al lettore abbiamo consegnato un contenuto impaginato senza l’abituale corredo fotografico suddiviso tra gallery e testo: nessun’opera del maestro e nessuna veduta degli allestimenti. Solo visitatori di spalle, fermi dinanzi ai pannelli didattici dislocati lungo le sale. Erano quelle le uniche immagini liberamente riproducibili a mezzo stampa. Come dichiarato nel sommario, in apertura del pezzo, la causa è attribuibile alle “politiche che la SIAE sceglie di seguire con uffici stampa ed editori”. Penalizzando naturalmente i lettori.
La SIAE e le politiche sulle immagini di opere d’arte
La scelta delle immagini è un aspetto cruciale dell’attività critica e giornalistica, sulla carta stampata certamente, ma anche sul web. Una forma di completezza e di cura, che richiede un notevole impegno quotidiano, nella gestione di cocpicue quantità di file e didascalie. Come discutere d’arte e di immagini, in assenza di un adeguato riscontro visivo?
Per tutti gli artisti italiani, il cui diritto d’autore è tutelato dalla SIAE (sezione OLAF – Literature & Visual Arts) vige una politica molto rigorosa, che sacrifica purtroppo gli sforzi di chi opera nell’industria dell’informazione culturale, in particolare quelle realtà di nicchia, le cui strutture ed economie sono naturalmente limitate. Ottenere l’autorizzazione alla pubblicazione di immagini tutelate si può: basta accettare di sborsare cifre considerevoli e di rallentare la filiera produttiva degli articoli con i necessari meccanismi amministrativi/burocratici, a discapito di siti, quotidiani, settimanali, per i quali tempestività e snellezza delle procedure sono fondamentali.
Ora, la richiesta di un corrispettivo economico per la “riproduzione di opere dell’arte figurativa, plastica e fotografica”, è cosa nota. Ma per la stampa ha sempre prevalso la logica dell’interesse collettivo e del diritto ad informare: giornali e riviste hanno, comprensibilmente, un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’imprescindibile dibattito culturale. Per le mostre, inoltre, si riusciva ad ovviare al problema utilizzando (gratuitamente e con un semplice download) le immagini fornite ai redattori dagli uffici stampa. A Milano, con la mostra su Morandi, ci siamo però trovati dinanzi a un granitico “niet”: un disclaimer a caratteri cubitali, all’interno della cartella stampa, esplicitava subito la necessità, da parte delle testate, di ottemperare agli obblighi del caso, richiedendo alla SIAE un preventivo per le immagini scelte. Come ci è stato poi confermato dai responsabili della comunicazione della mostra, la SIAE stessa impedisce agli uffici stampa il pagamento dei diritti per un pacchetto di immagini da destinare ai giornalisti, incluse quelle degli allestimenti con opere in lontananza e visioni d’insieme. Una sola immagine viene concessa, ma solo all’interno di trafiletti con segnalazione di dati tecnici sull’esposizione: non per recensioni e approfondimenti.
La stessa situazione denunciavamo pochi mesi addietro, in occasione della retrospettiva su Picasso alla Galleria Nazionale, e nulla di diverso ci aspettiamo con Picasso, lo straniero, a cura di Annie Cohen-Solal Sébastien Delot, attesa a Palazzo Reale il prossimo settembre.
Dunque, chi realizza una mostra, investendo budget notevoli, non ha la possibilità, anche versando le cifre richieste, di offrire a chi scrive del materiale fotografico. Il producer paga per il suo sito, per i manifesti, i gadget, le pubblicità, il catalogo, mentre i giornali devono pagare per il proprio bouquet di fotografie. Ergo, più introiti per la SIAE (e dunque per gli autori o eredi tutelati) ed enormi problemi per chi cerca di fare il proprio mestiere. Ovvero: tempistiche giornalisticamente insostenibili (30 o 60 giorni prima della pubblicazione, a seconda che sia o meno previsto il benestare preventivo degli aventi diritto); cifre altrettanto proibitive, soprattutto per piccole realtà che gestiscono enormi quantità di immagini (una decina di foto di opere di Morandi, pubblicate per un anno, costerebbero ad Artribune – secondo un calcolo on line – circa 500 euro + iva, con una maggiorazione del 100% in caso di presenza in homepage, del 12% per ogni social network, e con progressivi aumenti in relazione al numero di page views mensili di ogni sito); meccanismi lontani dalle logiche del web (allo scadere del periodo coperto dal contratto, gli articoli o i post andrebbero smontati, cancellando le immagini stesse, a meno che non si avvii una pratica di rinnovo).
SIAE e uffici stampa. Il caso esploso nel 2022
La faccenda era esplosa in modo eclatante nel giugno 2022, in seguito a una polemica innescatasi tra SIAE ed editori, ed era giunta fino in Parlamento. Fu il Senatore del PSI Riccardo Nencini a intestarsi la battaglia in sede politica, rilasciando dichiarazioni severe e presentando un’interrogazione al Ministro per l’Economia e le Finanze. “La Siae – spiegava – avrebbe chiesto ad aziende operanti nel settore dell’Editoria d’arte la corresponsione, peraltro non quantificata monetariamente, di diritti di riproduzione per opere di autori pubblicate a corredo di recensioni delle rispettive mostre. Le immagini, per le quali sono stati chiesti i diritti di riproduzione, erano state fornite alle aziende dai relativi uffici stampa con lo scopo preciso di divulgazione giornalistica. In sede di contestazione da parte delle aziende operanti nel settore del proprio diritto di cronaca, la Siae motivava la richiesta, sostenendo che, essendo la pubblicazione in vendita nel sito anche in modalità digitale, rimane fruibile oltre i tempi degli eventi recensiti e perderebbe pertanto i requisiti dell’attualità”. Inoltre, rincarava il Senatore,“sono state inviate dalla Siae ‘proposte di pagamento’ ad alcuni inserzionisti della rivista per la pubblicazione di opere di artisti iscritti alla società stessa, per importi che variano da 580 a 1.800 euro per singola uscita. Sono state conteggiate ‘penali’ già nel corso della prima richiesta ed è stata aggiunta una maggiorazione del 400 per cento per via della versione digitale”.
La società si difese, negando di aver applicato penali o maggiorazioni spropositate, affermando di aver proceduto secondo listino ufficiale e ribadendo quanto fosse importante tutelare anche gli artisti visivi, con il versamento dei diritti d’autore spettanti. Infine, ecco la motivazione alla base dell’inasprimento: “È utile sottolineare che Siae deve sempre più spesso confrontarsi con un utilizzo spregiudicato delle opere appartenenti al repertorio in commento. E sempre più di frequente, Siae è costretta ad assistere ad iniziative a carattere chiaramente commerciale (incluso lo scopo pubblicitario) per le quali viene strumentalmente ed erroneamente invocato il diritto di divulgazione giornalistica che ha, invece, ben diverse caratteristiche, tutte sancite dalla legge sul diritto d’autore e non sussistenti nei casi di cui si discute”.
Non è chiaro, come premesso, cosa c’entri il concetto di “sfruttamento” con l’attività critica e con il giornalismo culturale. E quanto alla spregiudicatezza e all’ambiguità cui si fa riferimento, siamo testimoni, proprio in relazione al caso Morandi, di quanto il meccanismo delle interdizioni venga applicato anche per i contenuti giornalistici. Tant’è che la nostra recensione risulta priva di immagini pertinenti e dunque impoverita, mortificata. Al di là di ogni considerazione pratica, di natura economica e organizzativa, è dunque il principio alla base che appare stonato: chiedere denaro per la diffusione di immagini di opere d’arte, ai giornali che di arte si occupano, quanto ha a che fare con la tutela dell’artista? Chi scrive non fa che divulgare, raccontare, investigare il lavoro degli artisti stessi, nel nome di un libero esercizio della critica e dell’informazione. E benché una testata non sia un ente senza scopo di lucro, esiste una vocazione culturale che attiene alla natura dei contenuti e che non riguarda il comparto commerciale, responsabile di inserzioni pubblicitarie e servizi di comunicazione (aspetti comunque necessari alla sopravvivenza della testata stessa).
Una sentenza che fa sperare
Uno spiraglio, in questa fitta trama di divieti e di controlli, si intravede proprio oggi, grazie al felice epilogo della vicenda emersa nel 2022. Un epilogo giudiziario, che potrebbe costituire un precedente determinante per altre controversie legali. È la rivista d’arte “AW ArtMag”, protagonista della contesa, a dare la notizia a fine dicembre 2023: “Il potere intimidatorio della Siae questa volta non ha funzionato. Come molti di voi sanno, sono ormai due anni – anzi due lunghi e tormentati anni – che con AW ArtMag combattiamo le pretese dell’ente monopolistico che non intende più riconoscere la legge del diritto d’autore e si era rivolto a noi con richieste, oltretutto economicamente esagerate, di denaro a fronte della pubblicazione di immagini di artisti iscritti”. Diverse furono le iniziative a supporto della causa, dalla stessa interrogazione di Nencini, all’organizzazione di un convegno a tema con artisti ed editori, fino alla pubblicazione di un “black number” con immagini oscurate. “In risposta alle nostre iniziative – si legge ancora – ai loro legali è venuto in mente di notificarci un atto di precetto con il quale veniva intimato il pagamento per opere d’arte riprodotte all’interno della rivista”. Poi, l’annuncio della vittoria di “Davide contro Golia”, raggiunta insieme all’avvocato Leonardo Dell’Innocenti e dalla dott. Rossella Bruno, esperta di diritto d’autore: “In data 26 novembre, il tribunale di Lucca ha emesso la sentenza relativa alla causa iscritta al numero 616/2023. È confermato il principio cardine della legge sul diritto d’autore, in base alla quale è libero l’uso delle immagini ai fini di critica e discussione e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica. Ecco alcuni stralci: ‘Vi è che la condotta tenuta da parte attrice non integra la violazione del diritto di riproduzione di opere d’arte rilevato che non è l’effettivo utilizzatore delle opere di arte e non ne ha tratto profitto’; ‘La rivista AW ArtMag è una rivista di arte che si occupa di recensire mostre ed eventi nazionali. È dunque opera d’ingegno e dunque tutelata dall’art. 1 della Legge sul Diritto d’Autore’; “Vi è poi che effettivamente la replicazione dell’opera per il formato non può servire alla riproduzione’”. Una querelle che era sì relativa alla pubblicazione di immagini di opere d’arte per un’inserizione pubblicitaria, ma che a maggior ragione puà essere estesa alle pubblicazioni editoriali, dal momento che il giudice ha fatto esplicito riferimento alla finalità critiche e di discussione pubblica proprie di una testata.
La sentenza “AW ArtMag vs SIAE” potrebbe davvero diventare uno spartiacque. L’impressione è che se decine di editori e uffici stampa si muovessero insieme per far valere il proprio diritto a pubblicare immagini di opere d’arte, ai fini di una completa comunicazione giornalistica, forse le maglie di certi meccanismi potrebbero allentarsi, trovando equilibri nuovi nel pur necessario esercizio di tutela del diritto d’autore.
Intanto, chapeau a chi ha condotto la sua battaglia, portando a casa una vittoria che è di tutti. Di chi scrive, di chi legge e anche degli artisti, il cui lavoro è essenziale patrimonio collettivo, destinato a libere riflessioni, condivisioni, analisi critiche. Qualcosa che riguarda l’intelligenza, la curiosità e la sensibilità di ogni lettore, e che ha un valore comune non riducibile al pagamento di tributi stabiliti da chi detiene una forma di monopolio ormai vetusta, spesso restrittiva, evidentemente bisognosa di un processo di revisione e svecchiamento.
Helga Marsala
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