Apre a Volterra il Museo Archivio di Mauro Staccioli. Per scoprire lo “scultore dei luoghi”
È dedicato all’artista noto per le sue sculture e installazioni che dialogano con il paesaggio urbano e naturale il nuovo museo appena inaugurato a Volterra, città di origine di Staccioli. Un’occasione per scoprirne la storia personale e artistica
Si entra in punta di piedi, quasi di soppiatto e dopo qualche istante la sensazione è quella di essere Gulliver in mezzo a un mondo di lillipuziani che abitano sculture alte non oltre quaranta centimetri. Per rendere omaggio al suo artista contemporaneo più celebre, Volterra ha dedicato a Mauro Staccioli un museo archivio (è stato inaugurato il 20 gennaio 2024) piccolo quanto prezioso, fortemente voluto dall’Archivio Staccioli e dal suo responsabile, Andrea Alibrandi. Nei suggestivi ambienti seicenteschi dell’Ex-Oratorio del Crocifisso messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra sono collocate su lunghi tavoli in legno e ferro quaranta opere progettuali che spaziano dal 1972 al 2009: “questo luogo era adibito a magazzino, ma appena l’ho visto ho immaginato il progetto ben consapevole che sarebbe stato ideale per consentire di rendere accessibile il materiale dell’archivio”, afferma Alibrandi, che ha seguito ogni fase della realizzazione tanto che nei giorni precedenti all’inaugurazione chiamava la Fondazione “anche quindici volte al giorno”, come ha ricordato con ironia il presidente Roberto Pepi.
Il Museo Archivio Mauro Staccioli a Volterra. Le opere
In queste micro sculture profondamente poetiche non c’è nulla dei freddi modelli architettonici, ma piuttosto la costruzione di un’idea che si configura nella mente dello scultore partendo da una precisa verifica dello spazio. Come non accade di fronte alle maestose opere ambientali, questa volta lo spettatore ha la possibilità di osservare dall’alto i suoi interventi abbracciandoli con un solo sguardo. E in tal modo si percepisce con immediatezza il segno di contatto tra il gesto manuale e la componente ideativa, elemento fondamentale per comprendere l’intero percorso di Staccioli. Lui del resto, al contrario dei minimalisti, non ha mai rinunciato a sviluppare l’intelligenza della mano intesa come azione fisica in grado di plasmare la materia: “sono proprio queste opere così minuziose e fragili che rivelano mio padre”, rivela Giulia Staccioli. “Lo vedo al lavoro in studio mentre seleziona il muschio o si costruisce alberi in miniatura su cui si appoggiano le sue forme plastiche creando sinergie sorprendenti”.
La vita e l’opera di Mauro Staccioli raccontate nel suo Museo a Volterra
Il riferimento è alle opere create tra il 1987 e il 1991 per la Djerassi Foundation, una vasta area naturalistica tra i monti che si affacciano sulla baia di San Francisco, presenti nella loro versione progettuale a Volterra. In quel caso Staccioli ha immaginato un atto naturale di compenetrazione tra due elementi in apparenza incompatibili: “la bellezza formale deriva dall’interrelazione tra segno costruito e quindi un razionale di confine e l’albero, la natura. La scultura diventa così composta dalle due cose: è l’albero insieme al plinto”, ha scritto. Un plinto che naturalmente sembra abolire il peso per appoggiarsi con una sola punta a terra, quasi fosse la scarpetta di una ballerina. La sfida alle forze gravitazionali è costante nella sua ricerca dove le forme sono spesso nascoste, segrete, inafferrabili. Come accade nel 1982 in occasione dell’installazione a Villa Cella, lo straordinario parco di scultura del collezionista Giuliano Gori. Il modello presente all’interno del museo appare sintomatico di un’elaborazione che raggiunge un risultato finale differente rispetto a quello previsto in una prima fase. La maquette infatti presenta una struttura disposta orizzontalmente all’interno di una folta vegetazione. Si sarebbe potuto abbracciare l’opera in tutta la sua vastità ma questa disposizione lineare non convince l’artista che ha un colpo di genio, ovvero occultare in parte il manufatto costruendo un imponente triangolo in cemento che spunta dal bosco come presenza inattesa ed enigmatica.
Mauro Staccioli, ovvero lo “scultore di luoghi”
Un’altra elaborazione emblematica è quella prevista alla Fondazione Mudima di Milano nel 1992; la maquette presenta una forma geometrica incastonata tra soffitto e pavimento simile a taluni lavori realizzati per la mostra personale di quell’anno. Ma quello era il viatico per giungere all’opera definitiva attualmente in permanenza con un triangolo dalla base ricurva che si spinge da terra sino all’ultimo piano lungo il vano delle scale. Sono poi molti i lavori non realizzati che appaiono perfettamente formalizzati nei modellini tra cui un ipotetico progetto di anti design che prevede la realizzazione di due troni fuori misura nati ovviamente per contestare le autorità. O l’attualissimo Monumento ai Partigiani risalente agli anni Settanta concepito da Staccioli come labirinto in cemento con cavi d’acciaio sistemati negli antri segreti dove la morte aleggia come un fantasma. Qualunque sia il progetto, nelle maquettes artigianali fatte con l’attenzione del modellista, si respira l’anima dello site scupltor, lo scultore di luoghi, com’è stato definito dallo storico dell’arte Hugh Davies che alla metà degli anni Ottanta lo aveva invitato a esporre a La Jolla, il museo d’arte contemporanea di San Diego. E osservando quanto è avvenuto oggi a Volterra sembra di udire le sue parole: “ho bisogno di modellare la forma toccandola, quasi come si fa con la creta”.
Le sculture di Mauro Staccioli
Micro e macro dialogano alla perfezione in quello che potrebbe essere definito “luogo di esperienza”, parafrasando la grande mostra realizzata a Volterra nel 2009 testimoniata dalle opere in permanenza che si trovano a pochi chilometri dal museo, come l’anello in cemento e ferro dal diametro di sei metri che è diventato espressione del paesaggio tanto da essere occasione di infiniti selfie instagrammabili. Ma c’è anche la selva di steli che danno vita a una vegetazione coloratissima in ottone, rame, acciaio inox, alluminio e acciaio corten che si staglia tra le colline. Si tratta di un’installazione monumentale nata nel 2009 dal titolo Omaggio al bimbo che non vide mai crescere il bosco in riferimento a una vita stroncata prematuramente a causa dell’incidente con un’imballatrice.
Il Museo Archivio Mauro Staccioli a Volterra. Una riflessione
Osservando i continui rimandi tra modellazione e realizzazione definitiva compare in fondo alla navata dell’Ex-Oratorio del Crocifisso un triangolo rovesciato in acciaio corten con un lato arrotondato che incornicia la scultura antica della Madonna col Bambino collocata sull’altare. L’opera è un esempio emblematico della metodologia di Staccioli dove la scultura non è un monolito statico, bensì uno strumento di connessione. Creata nel 2009 con l’intento di denunciare il degrado della chiesa preromanica di Santa Lucia a Corbano risalente al 900 d.C. andata successivamente distrutta per incuria, l’opera ha trovato una nuova collocazione tra i modelli di una vita che sembra pronta ad accogliere. Del resto, il museo consente allo spettatore una continua interazione e grazie all’imponente lavoro di digitalizzazione condotto dalla Bibliotheca Hertziana di Roma su 9 mila file fra il 1968 e il 1988 (sarebbe auspicabile che il lavoro venisse completato anche con gli ultimi trent’anni), si ha l’opportunità di ricostruire il processo ideativo di molte opere partendo dai progetti, disegni, fotomontaggi, sino al risultato compiuto. Al termine della visita è possibile rifocillarsi alla Trattoria Badò con specialità tipiche toscane, la prediletta da Mauro, che conserva all’interno del locale un grande lavoro a parete che evoca l’atmosfera del paesaggio volterrano attraversato dal suo caratteristico anello di colore rosso, punto d’osservazione privilegiato per un artista in grado di modellare lo spazio e il tempo.
Alberto Fiz
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