I ricami inaspettati dell’artista Elisabetta Di Maggio in mostra a Napoli
Intagliare trasparenze di spazi e luce, stressando al massimo ciò che è fragile per mostrarne la forza. La mostra di Elisabetta Di Maggio a Napoli, per scoprire quanto sfidante può essere fare bellezza dal rischio
Vertigine. Il punto di rottura – di artista, materiale, fruitore – sfiorato a un passo dal limite, per attingere alla consapevolezza energetica ed emotiva at the edge. Elisabetta Di Maggio, intagliando ricami nell’inaspettato e costruendo dal fragile come Sabrina Mezzaqui e Christiane Löhr,connettendo reti e relazioni dal minimus al maximus come Maria Lai e Bianco-Valente, integrando vuoti e ombre come Eulalia Valdossera, sconfessa però ogni assonanza nell’estrema originalità del processo. Una tensione estrema su materie delicatissime al limite di attenzione e tenuta, prolungata in un tempo che si integra nell’opera, risvegliando da ogni noncuranza del quotidiano – proprio tramite la ripetizione del rischio e massimo contatto – presenza esistenziale e percettiva di fruitore e produttore.
Le opere di Elisabetta Di Maggio a Napoli
In un’ambivalenza tra geometria minimal della macrostruttura e narratività infinitesimale del dettaglio, che esalta il rigore della ricerca sfuggendo al virtuosismo, come in Cosmographie o Vuoto d’aria. Mostrando inoltre una connessione plurilivello col contesto altro, dalla storia dell’arte in Annunciazione, all’osservazione scientifica in Volo di farfalla, e ai drammi attuali in Rape, che l’artista ha raccontato lungamente in questa intervista. Applicando a ogni tema, dai più intimi ai collettivamente condivisi, l’unificante massima partecipazione degli occhi che scavano, dall’inferno e aria della vita, la delicatezza estrema del saperci, in micro e in macro, tutti collegati.
Diana Gianquitto
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