Chi è Harold Cohen, il pioniere dell’AI Art
Il Whitney Museum di New York rende omaggio ad Harold Cohen, l’artista dietro al primo programma di intelligenza artificiale per l'arte. Ripercorriamo la sua carriera
La produzione di immagini attraverso l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il modo in cui ci approcciamo alla creatività, polarizzando l’opinione collettiva tra grande entusiasmo acritico e il grande classico della “paura di venire rimpiazzati”. Nonostante il trend dell’AI sia esploso soltanto recentemente, questo cambiamento non ha di certo avuto origine negli ultimi due anni (anzi, ha già una lunga storia alle spalle). Ma quale artista, per primo, ha fiutato il potenziale di questa tecnologia in campo visuale? Pioniere assoluto dell’AI Art, Harold Cohen è stato il primo a sviluppare un software-alter ego in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale per produrre immagini. I dipinti generati da AARON – questo il nome del programma – sono in mostra al Whitney Museum di New York.
La mostra di Harold Cohen a New York
Curata da Christiane Paul insieme a David Lisbon, la retrospettiva Harold Cohen: AARON ripercorre l’evoluzione della collaborazione artistica tra Cohen e AARON, che si sviluppa, cresce e migliora col passare dei decenni, dai primi Anni Settanta fino agli Anni Dieci del Duemila. Un sodalizio tra uomo e macchina che, a quel tempo, non conosceva precedenti: “la creatività non risiede né nel programmatore né nel programma, ma nel dialogo tra programma e programmatore”, scriveva Harold parlando del suo rapporto con il software.
Il pioniere dell’AI Art Harold Cohen e il suo alter ego
Nato a Londra nel 1928, Cohen si afferma come pittore nel corso degli Anni Sessanta. Si trasferisce poi negli Stati Uniti per tenere una cattedra alla University of California di San Diego (UCSD). Qui inizia a concepire il progetto a cui dedicherà il resto della sua vita, AARON, il quale verrà in seguito sviluppato ulteriormente nel laboratorio di intelligenza artificiale della Stanford University, vedendo finalmente la luce nel 1973. Da dove prende ispirazione Cohen per programmare l’estetica di AARON? Innanzitutto dal processo creativo dei bambini, che di solito iniziano collegando tra di loro le linee per creare forme, e poi dai disegni preistorici osservati nella Chalfant Valley, in California. Dotando il software di regole compositive, comprensione dei paradigmi artistici e delle strategie di disegno, l’artista ha “allenato” AARON valutando passo dopo passo l’efficacia dei suoi disegni in base a questi criteri. Negli anni Ottanta, si è finalmente passati da una “fase astratta”, rivolta alla composizione di forme, ad una “fase figurativa”, in cui il programma arriva a riprodurre la figura umana, spesso affiancata da composizioni floreali.
Non solo dataset: AARON e il processo creativo
Ma cosa rende così straordinario AARON, oltre ad aver anticipato di diversi decenni la rivoluzione a cui stiamo assistendo oggi? Contrariamente a quanto avviene nei sistemi text-to-image che prolificano oggi (i quali riassemblano combinazioni di immagini attingendo a dataset più o meno vasti), AARON è quindi programmato per comporre un’opera imitando il processo decisionale e creativo umano, secondo le regole e le istruzioni fornite dal suo maestro. In conclusione, il software-allievo e alterego di Harold Cohen, tutt’oggi si ritrova ad essere un unicum senza uguali.
Laura Cocciolillo
New York // fino al 19 maggio 2024
Harold Cohen: AARON
WHITNEY MUSEUM OF AMERICAN ART
99 Gansevoort St
https://whitney.org/
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