A Torino la mostra che mette a fianco grandi artisti e pubblicità
Giorgio de Chirico in coppia con l’insegna di McDonald’s, Gabriele Basilico accostato al marchio petrolifero di Tamoil. Sono solo due degli incontri costruiti nella mostra Time Square
L’arte antica, moderna e contemporanea, messa a confronto con alcune delle insegne pubblicitarie più iconiche del nostro tempo. È questa la suggestione che ha ispirato Alessandro Bulgini, curatore di Flashback Habitat, il grande spazio artistico immerso nel verde del pre-collina torinese, per allestire la mostra Time Square. L’arte in piazza trascende il tempo.
Arte e manifesti nella mostra Time Square a Torino
“La fotografia che abbiamo scelto come manifesto – un cartellone pubblicitario di una marca di occhiali davanti alla facciata del Duomo di Milano – riassume bene tutte le contraddizioni delle nostre piazze. Il modello con gli occhiali non ha niente a che fare con la chiesa ma esprime bene le frizioni e convergenze della modernità”. La mostra è uno stimolo alla capacità di elaborare connessioni, processare immagini, sviluppare sogni. E allora gli spazi d’incontro delle città diventano metafora dell’umanità e, non a caso, il titolo dell’esposizione allude alla piazza di New York, simbolo per eccellenza della modernità e dell’accelerazione.”L’idea è nata dalla visita al magazzino Unicable Service di Roberto Spiccia, che è una specie di magnifico lunapark dove sono conservate vecchie insegne luminose” ricorda Bulgini. L’azienda di Caselle Torinese è specializzata nella costruzione e montaggio di luci d’artista e insegne pubblicitarie. Per la mostra di Flashback Habitat, sono state recuperate quelle di Abarth, Alfa Romeo, Peugeot, Fiat, Lancia, Renault, o di case petrolifere come Shell, Tamoil, Esso, Eni; ma anche Rolex, Michelin, McDonald’s.
“Mi è venuta in mente una risposta di Andy Warhol quando gli chiesero che cosa gli fosse piaciuto di più di Firenze. La risposta fu: McDonald’s” aggiunge Bulgini. Altro stimolo a cercare delle consolanze o delle dissonanze fra simboli del consumismo e opere d’arte apparentemente fuori dal tempo.
Il percorso espositivo di Time Square da Flashback Habitat
Le 16 stanze di cui si compone la mostra hanno ciascuna un colore diverso che il visitatore scopre “in favore di marcia”, per creare un ulteriore effetto di sorpresa. La palette di colori è stata studiata dall’architetto e designer d’interni Paolo Genta. “Ho voluto andare contro la tendenza dominante in passato dell’arte appoggiata alla parete bianca; gli ultimi anni ci hanno insegnato che si possono usare altri colori”. Ecco allora il rosso della Stanza 5 dove Piazza d’Italia – Malinconia (1949) di Giorgio de Chirico si confronta con l’insegna di McDonald’s. O le varie sfumature del viola per la Ceramica attica a figure rosse accostata all’insegna dell’ENI (nella Stanza 12) e ilSan Rocco di Giovan Angelo del Maino che dialoga con la grande conchiglia simbolo della Shell. Mentre per le opere d’arte Genta ha studiato una precisa campitura di colore, le insegne campeggiano spente sul bianco algido e minimale a rappresentazione della modernità. Si tratta di match fatti talvolta di coincidenze, altre volte di prolungamenti di storie, di combinazioni fortuite; tutti incontri che stimolano l’abilità di elaborare i dati e il proprio personale immaginario. Un’opportunità per esercitare la capacità di trovare inedite relazioni formulando così nuovi racconti.
Ceramiche e fotografie nella mostra Time Square a Torino
Nella Stanza 2, incontriamo la Signorina Grandifirme una delle splendide statuette realizzate per Ceramica Lenci da Sandro Vacchetti (1937-38). L’opera proviene dalla collezione Giuseppe e Gabriella Ferrero, che recentemente è stata in parte donata ai Musei Reali di Torino e può essere ammirata al terzo piano della Galleria Sabauda. Qui, la Signorina Grandifirme dialoga con il leone simbolo della Peugeot. Più facile, nella Stanza 11, trovare le connessioni fra una foto di Gabriele Basilico del 1991 che ci mostra una Beirut semidistrutta dopo quindici anni di guerra civile, e l’insegna della compagnia petrolifera Tamoil che ha radici in Nord-Africa e Medio Oriente. Oppure, potrebbe trattarsi di un rimando al Libano di una sessantina di anni fa: a quando era considerato la “Svizzera d’Oriente” ed era diventato rifugio di molti industriali italiani. L’interpretazione spetta a ciascun osservatore.
Dario Bragaglia
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