Le Impronte del grande artista Toti Scialoja in mostra a Verona
Tra il 1957 e il 1963, il pittore romano Toti Scialoja è a New York per studiare i grandi dell’Espressionismo Astratto. Le opere prodotte in quel periodo sono oggi protagoniste di una mostra alla Galleria dello Scudo
Trenta opere di Toti Scialoja (Roma, 1914 – 1998) provenienti dalla Fondazione a lui intitolata sono il contenuto della mostra Impronte. Opere 1957-1963 presso la Galleria dello Scudo a Verona. Giuseppe Appella, curatore del percorso espositivo, ha inoltre presentato il Catalogo generale dei dipinti e delle sculture 1940-1998.
I primi anni di Toti Scialoja
Fin dagli esordi il giovane artista è in contatto con la Galleria della Cometa di Roma, guidata da Corrado Cagli e Libero de Libero, dove nella seconda metà degli Anni Trenta del secolo scorso entra in contatto con la nuova arte espressionista. È il periodo in cui conosce e studia le scelte estetiche Mafai, Mirko, Afro, Levi, Guttuso e altri, che diventano il suo primo approccio stilistico di riferimento. Un periodo caratterizzato da colori acidi, frammentati, molto timbrici. Destinato a recepire la severità convinta della pittura di Morandi e lo smantellamento formale delle opere del cubismo analitico di Picasso e Braque. Sono i preludi che portano Scialoja ad inibire sempre di più la forma, sbriciolando l’oggettività del dato a favore di quel “comporre astratto”, come dirà l’artista, che a partire dalla metà degli Anni Cinquanta, codifica il suo nuovo, originale codice artistico.
Toti Scialoja e le sue “Impronte”
Gradualmente, quindi, Scialoja si lascia alle spalle la figurazione a favore dell’astrazione, sostituendo il pennello con uno straccio imbevuto di colore perché gli consente “una comunicazione più diretta e impulsiva”. Fa a meno anche del cavalletto, inchiodando al suolo la tela di canapa grezza e fitta per favorire l’automatismo del gesto pittorico. È il 1956, fase fondamentale per conoscere la sua arte. Durante la quale si trasferisce a New York, dove frequenta De Kooning, Rothko, Motherwell. Visita lo studio di Kline, la casa di Pollock, studia la pittura di Gorky. È in questo periodo che si concretizza l’ulteriore momento creativo di Scialoja all’insegna della tecnica dello stampaggio: “Riempire di colore un foglio, rovesciarlo sulla tela e stamparlo battendo forte con le mani”. Si manifestano le prime Impronte che si riallacciano alle iniziali passioni espressioniste: un continuum creativo che privilegia la sovrapposizione e lo sdoppiamento nella totale libertà del gesto pittorico.
La mostra di Toti Scialoja a Verona
La mostra di Verona si apre con Il sette di settembre del 1957: si tratta punto di partenza della serie che utilizza lo stampaggio. Una pittura, come dice lo stesso artista “che tende non ad un’immagine ma ad una visione”. Che non ha più bisogno di referenti esterni. Intessuta di mareggiate cromatiche e di un pullulare di colori che sprigionano energia psichica e mentale. Prosegue con le grandi tele del 1958, come Ininterrotto o Sabato sera. Come Scialoja stesso sostiene, non essendoci immagini che precedono il quadro si affida ad una pittura basata sulle potenzialità della pennellata e del colore. Dal teatro fa parte dei teleri del 1960, durante la permanenza a New York, in un loft in Greenwich Street. Lavori che si connotano all’insegna della monumentalità e della essenzialità. In chiusura ci sono le opere realizzate nella stagione parigina con l’utilizzo di materiali altri, quali corda, garza e pizzi. In Corda bianca del 1963, l’impostazione geometrica dell’opera non è finalizzata a se stessa, ma si fa tramite per scandire lo spazio ritmandolo con appuntite verticalità e ricercati arabeschi.
Fausto Politino
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