La pittura mistica di Agostino Arrivabene a Milano
Sembrano emergere da un passato perduto e onirico le visioni di Agostino Arrivabene, pittore multidisciplinare in mostra alla galleria Primo Marella
Sulla pittura di Agostino Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967) critici e curatori amano costruire metafisiche cattedrali di parole. Si presta, non c’è alcun dubbio. Perché Arrivabene, oltre ad essere dotato per natura di uno straordinario talento per il disegno, oltre ad aver sviluppato nel tempo un’iperbolica tecnica pittorica, è un ricercatore instancabile di raffinati quanto stranianti riferimenti letterari. Arrivabene è assiduo lettore di Dante e Buonarroti; punti di riferimento fissi, come pure Ovidio, Esiodo e Platone; più vicini a noi, William Blake, Jacob Bhöme, Ezra Pound e William Butler Yeats. C’è tutto questo nella mostra in corso a Milano? Certamente sì, ma lascio agli scritti di altri e più autorevoli di me il racconto queste intersezioni tra pittura e letteratura: lo hanno fatto nei cataloghi delle mostre a lui dedicate tra gli altri Pietro Marani, Vittorio Sgarbi e Alberto Zanchetta.
La mostra di Agostino Arrivabene a Milano
Mi attengo invece a quel che potrà vedere il visitatore da Primo Marella Gallery. Nella prima sala appaiono tre oli su lino subito travolgenti. Tra questi è La grande opera a costituire l’ouverture dell’allestimento curato in prima persona dall’artista. Si tratta di un omaggio al paesaggio che occhieggia sul basamento del Trono della Vergine Maria (1479-81) di Ercole de’ Roberti, ora conservato nella Pinacoteca di Brera. La citazione è significativa. Studente, alle lezioni all’Accademia di Brera preferiva l’osservazione dei capolavori conservati nella Pinacoteca: il personaggio è questo. Il particolare del dipinto di de’ Roberti racconta di un naufragio avvenuto davanti a Ravenna, miracolosamente risoltosi per intervento della Vergine. La grande opera di Arrivabene consta invece di un paesaggio per niente rassicurante, popolato esclusivamente dalla piccola figura di un alchimista, e fa riferimento all’Atlantide del Timeo di Platone. Nelle intenzioni dell’autore è l’allegoria di un altro naufragio: quello della nostra contemporaneità. Ricchi di presenze sono invece tanto Eaexit che fa parte di un ciclo ispirato ai misteri eleusini, quanto Il Miracolo di Andrea. Nel primo, il soffio della vita raffigurato in Persefone si confronta con il saluto della genia degli inferi, figure necrofaghe dotate di grandi becchi, ispirati ai digestori del mondo animale. Il secondo, in parte autobiografico, è un dipinto-talismano ambientato in una cavea contenente una piccola statua di Maria, dipinta di spalle, e Atena dea della saggezza, raffigurata di profilo; ma soprattutto il fratello Andrea, dipinto in posa michelangiolesca al centro del quadro e fronteggiato da una sinuosa sfinge, mentre un gruppo di maschere derelitte lo stringono dappresso in un’azione per cui è impossibile non pensare a Hyeronimus Bosch.
Oltre la tela: la versatilità della pittura di Agostino Arrivabene
Questo terzo grande olio (due metri e mezzo di larghezza) ha avuto il suo innesco dalla pittura sviluppata sulle forme minerali di un frammento di pietra paesina, che l’artista ha posto lì accanto per sottolineare la correlazione iconografica e il vertiginoso salto di scala. Nelle intenzioni di Arrivabene, questa pittura lapidea equivale a uno studio preparatorio su carta del tipo di quelli eseguiti nel Quattrocento. Questo genere di tecnica non è una novità assoluta per Arrivabene. In una delle sale successive, infatti, ci troviamo di fronte a tre visioni sorte dalle forme minerali di legni fossili pietrificati. Una tecnica che l’artista persegue dal 2014 innestando la sua pittura a olio sulle naturali astrazioni fornite da queste pietre. Lì accanto, ce ne fosse bisogno, un’altra prova di virtuosismo tecnico oltreché estetico: Sancta Sanctorum (2024) una pittura-scultura con fondo oro dipinta ad olio su una sezione di cedro del libano che nel tempo ha assunto deformazioni naturali. Chiudono questa sezione dedicata a visioni ipnagogiche due dipinti ad olio su tavola di dimensioni più contenute: La bestia (2023) e L’uomo blu (2022) in questo caso con l’aggiunta parziale di foglia d’oro.
La pittura onirica di Agostino Arrivabene da Primo Marella
L’insistenza sul sogno e la profezia caratterizza tutte le ventisei opere presentate in questa mostra. Il titolo stesso dell’esposizione L’Oniromante parla proprio di questo: “oniro” in greco e significa sogno, “manzia” è l’arte divinatoria alla base di ogni profezia. Insieme evocano un’esperienza artistica che si dichiara senza mezzi termini “mistica” capace di rivelare aspetti oscuri dell’animo umano. Non è però questo che colpisce. A sorprendere è stato innanzitutto il catalogo delle tecniche di cui è capace Arrivabene: gli oli su lino o su tavola, le tempere grasse di memoria rinascimentale, la pittura lapidea; la realizzazione della scultura in bronzo galvanizzato con innesti in pittura realizzata nel 2020 dal titolo Simulacra (stando all’autore consegnatagli in sogno così come qui riprodotta) o l’utilizzo di legno, foglia d’oro, bronzo, ferro e vetro per la Machina mistica del 2013 – ispirata dalla terzina del Paradiso dove Dante raggiunge la visione dell’Altissimo – appaiono al di fuori da ogni possibile catalogazione.
Aldo Premoli
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